NON BISOGNA EDULCORARE LA VERITA’, ARTENA HA PROBLEMI SERI!

DON CHRISTIAN E’ UN PRETE DI FRONTIERA, COME ERA DON GALLO, E LA VOCAZIONE SACERDOTALE TROVA IN QUESTA FRONTIERA, CHE RAPPRESENTA LA MARGINALITA’ DEL MONDO, LO SPIRITO GIUSTO PER ALIMENTARSI

Rimanendo ad Artena ho assaporato l’ospitalità e la generosità di tanta gente, soprattutto occupandomi dei poveri aiutati dalle nostre Caritas, con cui ho lavorato in questo tempo. Vorrò sempre tanto bene ad Artena, dove mi sono sentito figlio, fratello, padre di tanti di voi

Una delle più grandi fortune della nostra Città, almeno in questi ultimi anni, è stata quella di avere un prete come Don Christian Medos, triestino di nascita, ma cittadino della Terra, che è stato chiamato a collaborare prima con Don Daniele e ora con Don Antonio.
Ma, come tutte le cose belle e buone, a un certo punto finiscono. Così è anche per Don Christian che a inizio settembre sarà trasferito in altra parrocchia, e, soprattutto, in altra città.
La presenza di Don Antonio e Don Franco, rispettivamente parroci di Santa Croce e del Convento, ci consola e ci fa guardare al futuro, comunque, con entusiasmo, ma la partenza di Don Christian è una grossa perdita, soprattutto per le giovani generazioni che avevano visto nel sacerdote un amico con cui confidarsi, con cui sfogarsi, con cui condividere le pene, i dolori, ma anche le gioie.
Don Christian è un prete di frontiera, come era Don Gallo, e la vocazione sacerdotale trova in questa frontiera lo spirito giusto per alimentarsi.
Nella frontiera di Don Christian trovano spazio persone che si trovano in situazione di marginalità: coppie irregolari, madri o padri soli, omosessuali, poveri, derelitti, malati, drogati, prostitute, migranti, profughi. Christian ha sempre avuto una parola di dolcezza e di aiuto
“Una norma – ha detto il Prete in una intervista a Famiglia Cristiana.it nel 2016 – anche se buona, non può certamente comprendere la vita complessiva di una persona. In un’esistenza vanno valutate tutte le variabili e proprio per questo è necessario fare sempre un discernimento prima di poter giudicare la vita degli altri”.
In questo contesto, e cioè “discernere prima di giudicare”, anche noi vorremmo comprendere prima di essere i soliti soloni presuntuosi.
In principio, però, desidero chiedere a Don Christian con che spirito a settembre lascerà Artena e cosa Artena lascia a te.
“Si, a settembre termina il mio servizio ad Artena dopo 4 anni e mezzo. Cambiamenti a cui noi preti siamo sottoposti sempre più spesso a causa della carenza di vocazioni! Ho sentito alcuni che commentavano dicendo: il Vescovo non ci vuole bene. Altri che mi hanno chiesto: perché te ne vai? La risposta va ricercata in ciò che ho detto all’inizio: non ci sono più vocazioni sufficienti a sopperire le necessità della diocesi. Oggi ai preti è chiesto uno sforzo maggiore, assumendo più incarichi contemporaneamente, o facendo da parroci di più comunità contemporaneamente. Se volessimo guardare questo dato con occhio solo umano diremmo che è un disastro. In realtà forse il Signore vuole educare la sua Chiesa ad essere più corresponsabile. Il presbitero, parroco o vicario parrocchiale che sia, sempre più deve poter contare su laici animati dall’amore per il Vangelo. E solo insieme, preti e laici, si costruisce la vera Chiesa. E sono contento, che sia don Daniele negli anni precedenti, sia don Antonio ora, perseguano con tenacia questo lavoro di formazione di una comunità corresponsabile e matura.
Tornando alla domanda, ho trascorso un tempo non lunghissimo ma nemmeno troppo corto in mezzo a voi! Un tempo che mi ha permesso di conoscere e di mettermi a servizio di tanti artenesi di due delle tre parrocchie della città: santo Stefano e santa Croce! Ho assaporato l’ospitalità e la generosità di tanta gente, soprattutto occupandomi dei poveri aiutati dalle nostre Caritas, con cui ho lavorato in questo tempo; ho imparato ad amare la bellezza delle vostre tradizioni; ho visto la tenacia di tanta gente nel cercare di rendere Artena sempre più bella, più viva, più coesa! Me ne vado come tutte le volte in cui un prete lascia una comunità, o almeno questo è ciò che capita sempre a me: lasciando un pezzo di cuore in mezzo a voi. Perché alla fine non conta quante cose si sono fatte, ma quanto ci si è voluti bene! E il bilancio direi che è in forte attivo: ho voluto e vorró sempre tanto bene ad Artena e agli artenesi, e posso dire di essermi sentito figlio, fratello, padre, di tante e tanti di voi! Circondato dall’affetto e dalla stima di tante persone.”

Più volte con i miei articoli ho parlato dei problemi che affliggono Artena, quali droga prostituzione minorili bullismo povertà. Tutto è uscito fuori dopo un’omelia di don Daniele a cui ero presente, ma erano presenti anche le Autorità paesane. Da quel giorno pare proprio che non sia cambiato nulla. Anzi, ai miei articoli sull’argomento, nessuna istituzione ha mai dato continuità. E alle domande fatte riguardo questi problemi le risposte sono sempre state evasive e generiche. E’ come se non si volesse far conoscere agli altri i gravi problemi che assillano la Città. Tu su questo fronte sei davvero in prima linea. E’ così grave la situazione ad Artena? E, secondo te, quali potrebbero essere i rimedi e come metterli in atto?
“Ricordo molto bene quell’omelia di don Daniele! Avevamo riflettuto e poi deciso insieme, di affrontare a viso aperto questo tema, dopo alcuni fatti di droga molto gravi che avevano sconvolto la nostra cittadina qualche anno fà. Lo facemmo sia attraverso la predicazione, sia dedicando incontri specifici in parrocchia con i giovani, con gli operatori Caritas e con altri collaboratori. Abbiamo più volte sollecitato associazioni, aggregazioni e istituzioni a creare un tavolo di confronto per capire come affrontare il problema.
Devo essere sincero: per essere una cittadina di 15000 abitanti, ritengo personalmente, da quanto ho visto con i miei occhi, che la situazione sia seria. Anzitutto perché in città i ragazzi, anche piccoli, sono sempre e solo in strada. Non ci sono luoghi di aggregazione giovanile. Le associazioni formative, ricreative, e sportive, fanno quello che possono, ma quasi tutte soffrono un problema di spazi e risentono di una scarsa coesione sociale. Purtroppo il Palazzaccio non offre grandi spazi, e spesso, ospitando già diverse associazioni del territorio oltre che le attività di catechesi e formazione della parrocchia, non riesce a colmare questa lacuna. Come parrocchia, anche la mancanza di un campo da giochi all’aperto pesa sulla possibilità di offrire qualcosa ai più giovani.
Inoltre è da dire che il problema è largamente diffuso, non solo tra i più giovani. È una piaga che ha radici profonde. Per questo motivo è fondamentale non edulcorare la realtà.
Oltre al tema della droga è preoccupante il fenomeno della povertà. Solo le due Caritas parrocchiali raggiungono circa 100 famiglie. Spesso alla questione economica si lega quella culturale e sociale. Artena è una cittadina straordinaria, ma mi permetto, con grande rispetto, di sottolineare un’urgenza non più procrastinabile: bisogna lavorare sui conflitti e sulle divisioni. Occorre iniettare una cultura del perdono, della collaborazione, facendo cogliere alla gente che solo uniti si possono raggiungere obiettivi che migliorano qualitativamente la vita delle persone. Il territorio vasto e la presenza di numerose contrade deve essere una risorsa, non un motivo di divisione e di contrapposizione. Ripeto: solo se ci si mette insieme si creano opportunità, fioriscono le idee, nascono iniziative che possono generare ricchezza in termini di relazioni, di amicizie e forse anche lavorative. Una parola la vorrei spendere in particolare per il centro storico: non è il problema di Artena, ma è il suo cuore, la sua storia, la sua ricchezza. Soffro nel vedere le persone anziane che si sentono abbandonate”.

Per come l’hai conosciuto tu, che Paese è Artena in riferimento a immigrazione, integrazione, solidarietà condivisione, ecc?
“A questa domanda in realtà ho già risposto almeno in parte: la generosità è altissima! Di fronte ai drammi, come quello della pandemia appena vissuto, la risposta è di grande senso civico e di grande responsabilità. Mi sono commosso al vedere tante iniziative personali e di piccoli gruppi spontanei, nei confronti di chi ora fa più fatica. Forse deve diventare uno stile quotidiano. Ma questo non è un problema di Artena ma della società di oggi.
L’integrazione delle persone immigrate è un problema che forse non si è avvertito ad Artena, anche perché, aldilà di Casa Ismaele, la struttura che le Caritas e il gruppo Ismaele sostengono e dove sono accolti alcuni giovani che provengono da paesi diversi, non ci sono altre presenze stabili nel territorio. Credo che a livello parrocchiale si sia fatto un buon lavoro di integrazione. I cinque ragazzi attualmente presenti, sono inseriti e voluti bene da molte persone della parrocchia. Questo li fa sentire a casa, è bello! Una forma concreta per realizzare il Vangelo: <> (Mt 25). Mi pare che anche nel centro storico, dove vivono stranieri, perlopiù europei, ci sia una buona integrazione, anche se qualche maggiore momento di conoscenza e di dialogo farebbe certamente bene a tutti. Loro per conoscere le tradizioni e inserirsi, e noi per imparare qualcosa di nuovo dalla loro cultura e tradizione.
Colgo l’occasione per augurare a tutti, di vero cuore, un futuro di bene! La Madonna delle Grazie interceda per tutti voi!”