TORNEREMO PRESTO AD ABBRACCIARCI

LIVE ARTENA. UN LUOGO DOVE NON ESISTONO DISCRIMINAZIONI, NE’ BRUTTURE, IN CUI SI CONVIVE CON AMORE, GIOIA E GENTILEZZA

È già luglio e quest’anno il Live Artena, il Festival delle Arti, non ci sarà.
Un virus piccolo piccolo e per niente simpatico è arrivato a infestarci, ci ha fatto chiudere in casa per una quarantena di più di quaranta giorni, ci ha fatto nascondere i visi dietro delle mascherine e ci ha chiesto di non “fare assembramento”, di non avvicinarci troppo gli uni agli altri, perché altrimenti aumentiamo il rischio di contagio e le probabilità di stare male.
Quindi quest’estate non ci troveremo nei vicoli del nostro centro storico a celebrare l’arte e lo stare insieme, e a me già mi manca. Ho la fortuna grande di essere stata tra i fondatori e organizzatori di questo evento, che a chiamarlo evento mi pare di usare un eufemismo, o comunque di non usare il termine esatto.
Per noi è molto di più: è una festa, è un rito, è un’occasione, è uno slancio.
È un modo per incontrare nuovi mondi attraverso linguaggi artistici sempre diversi. È uno strumento che tutta la comunità ha a disposizione per conoscere l’altro e permettere a ognuno di vivere per qualche giorno in una casa in cui non esistono discriminazioni né brutture, ma in cui si convive in amore, gioia e gentilezza. È la fantasia di certe teste che incontra la realtà, e prova a farne qualcosa di ideale e di migliore, secondo i valori della dignità, del rispetto, e soprattutto del gioco.
Questo gioco lo fanno gli artisti che da anni vengono ad animare le nostre serate d’estate, a portare messaggi da altri angoli d’Italia e del mondo, tra i gradini del nostro paese fatto di pietra.
Per me quella pietra non è cosa inanimata, mi pare respirare, e ogni volta che passeggio nel centro storico di Artena, pare che un alito mi soffi nell’orecchio e mi sussurri: veniamo da qui.
Sento i passi di tutte le persone che lo hanno attraversato nei secoli, e le voci delle persone uniche che lo abitano ancora, che non lo hanno lasciato in nome della comodità delle vie carrabili, e che hanno diritto di avere le attenzioni e i servizi di chi vive fuori di lì.
Ci guardano dall’alto le nostre radici, come una specie di albero al contrario, e ci ricordano che dobbiamo innaffiarle se vogliamo una chioma rigogliosa. Noi cerchiamo di nutrirle come meglio sappiamo: attraverso la cultura, nostro veicolo per affermare la dignità e il cambiamento. Penso al senso collettivo e a quello personale del Festival. Per me e i miei compagni di viaggio è stato aver trovato una famiglia nuova: ci siamo innamorati, abbiamo discusso, fatto pace e costruito, per tenere fede a un impegno frutto di una passione grande: l’amore per la nostra città e chi la vive, un organismo che con gli strumenti buoni dell’arte vogliamo rafforzare.
Abbiamo assistito a una comunità intera sventolare dei cuori di carta al ritmo del battito cardiaco simulato da una batteria per dire no all’omofobia; abbiamo partecipato alla lettura commovente di una poesia che pregava il mare di essere lieve per i migranti che vi avevano perso la vita mentre dei musicisti suonavano l’acqua: la leggeva il nostro parroco. Abbiamo visto gente cantare a squarciagola sulle scale di Santa Croce, padri commuoversi, madri ballare. Abbiamo visto i residenti del nostro centro storico aprire le porte delle loro case ad artisti e sconosciuti, offrirgli vino, acqua e caffè, lasciarli ristorare al fresco delle loro case. Vi abbiamo visti ebbri, e non solo di poesia, ma certo di felicità. Vi abbiamo visti rientrare a casa abbracciati e allegri, e vi abbiamo visto tornare con gli stessi sorrisi. Mille altri momenti mi vengono in mente, e addosso ho l’emozione che sento quando al tramonto del giorno uno del Festival arrivano le prime persone in questa dimensione reinterpretata dei nostri luoghi. E comincia la festa.
È già luglio e quest’anno il Live Artena, il Festival delle Arti, non ci sarà. Ci mancheremo tutti. Ma, promesso, torneremo presto ad abbracciarci – e ad aggregarci.