UN PAESE SCOMUNICATO

HO VOLUTO METTERE IN RISALTO, ESAGERANDO VOLUTAMENTE E PROVOCATORIAMENTE, LE ASSENZE RELIGIOSE, DELLA TRADIZIONE E DELLA FEDE, DI CUI E’ OGGETTO ATTUALMENTE LA NOSTRA CITTA’. CON LA SPERANZA DI APRIRE UNA DISCUSSIONE

Nel 1557 un papa iniquo e con la carità cristiana pari a quella di un sasso, decise che Montefortino, antesignana di Artena, dovesse essere distrutta, poi arata e, infine, cosparsa di sale, con i sacerdoti del tempo e l’intera popolazione posti sotto scomunica.

Quella decisione di scomunicare l’intera Città, operata da Paolo IV, non è mai stata cancellata!

Non essendo esperto di cose attinenti alla Chiesa, pur avendo una famiglia che ha espresso quattro sacerdoti, non so proprio se la scomunica può essere eliminata, o se è il tempo a far ritornare tutto come prima, o se è necessario un atto ufficiale della Chiesa stessa. L’iter burocratico per cancellare una scomunica, insomma, è per me oscuro. È chiaro, però, che conoscendo la storia della Città, vi posso dire che nessun atto è sopraggiunto successivamente alla scomunica, e, quindi, siamo ancora una Città scomunicata!

L’estremizzazione forzata del mio ragionamento mi è necessaria, però, per giustificare le tante, troppe, assenze religiose, dovute a scelte incomprensibili, operate dai vertici ecclesiastici.

Qualcuno avrà modo di dire che forse è un bene, che troppi preti e troppe monache inculcano una mentalità distorta dalla realtà, che le parole di Cristo sono ormai sorpassate e obsolete. Al contrario, credo che Cristo sia di una attualità clamorosa in questo tempo, e che sia stato un uomo libero e socialista, come lo è Papa Francesco, e le parole Libere e Socialiste non tramontano mai ne possono essere sorpassate.

Dopo questa divagazione personale e personalistica, torno al tema delle assenze e della scomunica. In questo contesto mi preme sottolineare un paio di statistiche diocesane. Segni, novemila abitanti, ha ben sei sacerdoti, Artena, quindicimila abitanti, ha, invece, tre sacerdoti, ma che diventeranno due con la partenza di Don Christian a settembre. A questo si aggiunga che negli ultimi anni sono state trasferite le suore dell’ordine delle Figlie della Carità ed è stato chiuso il Convento francescano.

Le cifre sono penalizzanti e punitive per la nostra Città, che, unica nella zona, si è messa alle spalle (quest’anno) anche una tradizione processionale che l’accompagna dall’intera sua vita.

Era giusto non effettuare le processioni in questo periodo di emergenza, ma sarebbe stato giusto dare un segno alla popolazione, operare in tutta sicurezza, proponendo un’attività simbolica delle varie manifestazioni religiose.

Per fare un esempio: la Madonna delle Grazie poteva essere trasportata il 2 luglio giorno della prima traslazione (2 luglio 1715) dalla Chiesa di Santa Maria a quella di Santa Croce, con il concorso delle confraternite e senza popolazione al seguito. Questa, eventualmente, è una manifestazione che si potrà effettuare anche ad agosto o a settembre.

Quello che non ci torna è questo scarso interesse da parte di tutti, autorità religiose e istituzioni comprese, a quello che appare un disegno di abbandono religioso mirato.

Non può essere, ad esempio, che le scarse vocazioni debbano penalizzare sempre Artena e mai le altre comunità. È significativamente probante ciò che è accaduto per la Processione della Madonna delle Grazie. Non entro in merito alle polemiche e al discioglimento della confraternita delegata all’allestimento delle attività legate alla fede mariana artenese, ma è vero che nessuno ha operato affinché la nostra tradizione, che ha quasi tre secoli, fosse perpetuata anche in questo 2020. Ma se altre comunità religiose hanno deciso di dare un segno tangibile della loro presenza, e molte di esse lo hanno fatto nel mese di maggio, ad Artena questo segno e quindi questo desiderio, è venuto meno.

Eppure la tradizione e la fede per la Madonna delle Grazie è certamente la più importante per la comunità artenese. Quest’anno, però, nel momento in cui si aveva più bisogno, questa fede e questa tradizione sono state ben chiuse nel cassetto dei bisticci e delle polemiche.

Sarebbe stata necessaria una parola significativamente importante – che può essere ancora proferita – quella del parroco e addirittura del Vescovo: “mettetevi alle spalle ogni polemica e date un segno di presenza mariana alla popolazione in questo tempo di dolore”. Sarebbe stato così difficile?

Ma quello della Madonna delle Grazie non è che un esempio a cui possiamo far seguire quello di S. Antonio da Padova, quello del Corpus Domini o quello legato alla festa patronale della Maddalena.

Il Palio, invece, ha mostrato molta più sensibilità, attuando una manifestazione che se da una parte ha espresso il desiderio di omaggio alla popolazione di Artena, dall’altra è stato un segno di presenza anche quest’anno.

Desidero ricordare che questa Città è nominata per storie che non ci fanno particolarmente onore, e che le coscienze hanno avuto un sussulto solamente con l’arrivo di certi personaggi: preti, suore, amministratori illuminati. Tra il 1890 e il 1920 (prima dell’era infausta), Artena era simbolo di coraggio, di rinascita, di progresso, grazie proprio alla presenza di certuni personaggi e di organizzazioni sociali e religiose che ponevano al centro della loro attenzione il cittadino, quindi il bene comune. Oggi questo disegno di comunità, di condivisione, di legame, non ci appartiene più, perché sono stati tolti molti riferimenti istituzionali e tutti quelli religiosi.