ARTENESI, ABBIAMO UN PROBLEMA

Il delitto di Willy ci ha riportato a un passato che pensavamo sepolto. Abbiamo sempre avuto problemi con la violenza, molto più di altri paesi

Artenesi, abbiamo un problema!Il delitto di Willy, ci ha riportato ad un passato che pensavamo sepolto, ma cosi non è.Artena, durante la sua storia, ha sempre avuto un problema con la violenza, molto più di altri paesi, i motivi sono molteplici, ma è un fatto che il paese ha dovuto, spesso, fare i conti con gli omicidi. Togliere la vita ad un proprio simile è l’atto più abietto e infamante che si possa compiere; poteva succedere dappertutto, ci diciamo, certo, però è successo che questo gesto lo abbiano commesso dei giovani artenesi, e da questo non possiamo scappare. Ci interroga questo evento delittuoso, ci fa domandare tante cose, ognuno deve riflettere profondamente su questa sciagura collettiva, dobbiamo farci delle domande personali e come comunità, come istituzioni e come famiglie. Non possiamo aspettare che tutto venga inghiottito dal tran tran quotidiano, dobbiamo parlare tra cittadini, dobbiamo sviluppare la capacità di prendere coscienza del problema, dobbiamo saper tenere insieme la collettività in ‘questa notte di tenebra’. Noi artenesi, abbiamo un passato di pastori, vaccari, boattieri e contadini, non è difficile capire la durezza dei rapporti tra quei nostri avi, dove per andare avanti dovevi saperti difendere, non farti rubare gli animali, difendere i propri pascoli, difendersi dalle angherie dei feudatari e dei suoi tirapiedi, insomma un mondo rurale duro e gravido di violenza sottotraccia. Questo è il sottofondo della carica di diffidenza e aggressività che spesso promana dai nostri atteggiamenti, e anche un po’ di omertà non ce la facciamo mancare. Questa è la nostra antropologia caratteriale; solo riconoscendolo, prendendo coscienza del proprio passato, e, sviluppando occasioni di socialità e riflessione collettiva, possiamo metterci su un cammino di superamento di questa mentalità rurale che ancora ci pervade, ovviamente come sottofondo identitario.Le colpe sono dei singoli, sia chiaro! Ma, il terreno dove si sono sviluppate queste pulsioni violente sono nella nostra cittadina, nessuno si senta escluso da una situazione sociale che è deficitaria, e alla quale dobbiamo mettere tanto impegno, per provare a migliorare la nostra vita e dei nostri figli. Perché tutti sono figli e tutti hanno una famiglia e ognuno ha diritto ad essere rispettato in quanto persona umana. Questo deve essere il riferimento di ogni azione educativa e formativa, con l’impegno delle istituzioni, delle associazioni, e dei cittadini coscienti e attivi. Dobbiamo far circolare nelle piazze: le parole, il dialogo, il confronto civile, l’apertura all’altro, altrimenti le pulsioni violente non si sciolgono. E’ il tempo della mitezza coraggiosa, della coscienza civile; dell’incontro, dell’incontro e ancora dell’incontro.I Cattolici hanno un concetto stupendo, la ‘ Parresìa ’ che ha un significato denso e profondo, ma qui lo semplifico in: un parlarsi chiaro e senza limiti, ma con rispetto e responsabilità, dove la parola pian piano schiarisce la cupezza delle situazioni negative, creando una nuova comunione tra i partecipanti all’incontro.Si potrebbero dire molte altre cose, ma volutamente sto alle poche cose essenziali in questo momento di grande dolore e commozione collettiva.