BULLI…MA FRAGILI

La personalità del prepotente di fondo è frangibile: si fonda sull’esercitare un potere attraverso la sopraffazione di chi è percepito come debole. Le angherie perpetrate appaiono come una compensazione a distanza di un senso arcaico di vulnerabilità.

Il bullismo è un comportamento aggressivo e si distingue da una prepotenza. Il fenomeno spesso nascosto e sottovalutato, in quanto accade in spazi lasciati colpevolmente incustoditi o perché le vittime non riescono a denunciare quanto subiscono. Molti, inoltre, restano a guardare e non aiutano. La scuola, piccola grande comunità, è il palcoscenico ideale. Essendo difficile capire quale sia il confine tra un brutto scherzo e un’autentica azione violenta. Come difendersi, come intervenire. 3 elementi definiscono le situazioni riconducibili ad atti di bullismo: intenzionalità: atto volontario e consapevole; sistematicità: atto più volte ripetuto; asimmetria di potere: tra le parti (il bullo e la vittima) c’è differenza di potere, dovuta a forza fisica, all’età o alla numerosità del gruppo; la vittima ha difficoltà a difendersi e prova un senso di impotenza. La prepotenza diventa bullismo quando è sistematica, basata su un’asimmetria di potere. Il bullismo ha differenti forme: diretto: picchiare, spingere, far cadere; verbale: offese, minacce, prese in giro insistenti; indiretto: esclusione, isolamento, pettegolezzi e dicerie, ostracismo e rifiuto. Cyber bullismo: gli atti avvengono nel contesto di internet attraverso i social, gli sms, Watsapp, e-mail, chat-line. Il bullismo a scuola riguarda tutti gli alunni e non solo quelli che vi prendono parte. Spesso si strutturano molteplici ruoli: bullo: chi prende l’iniziativa di fare prepotenze ai compagni; aiutante: come seguace del bullo; sostenitore: chi rinforza il comportamento del bullo; ridendo, incitando o stando a guardare senza opporsi; difensore: chi prende le difese della vittima o cerca di consolarla; esterno: chi non fa niente ed evita il coinvolgimento diretto o indiretto; vittima: chi subisce ripetutamente le prepotenze. Quali sono i tratti di personalità del bullo e della vittima? E cosa c’è dietro i loro comportamenti? L’ origine è un disturbo del comportamento, vi sono anche soggetti che non presentano veri e propri disturbi, ma solo un particolare temperamento, insieme ad un clima familiare scarsamente affettivo, instabile, incoerente dal punto di vista educativo. L’eccessiva severità, l’esposizione a modelli violenti, l’uso di punizioni fisiche quale forma esclusiva di gestione del potere, porta la persona ad interiorizzare l’aggressività. L’eccessiva permissività nei confronti di condotte aggressive verso fratelli e coetanei contribuisce a percepire come normale tale modalità. La personalità del bullo di fondo è fragile: si fonda sull’esercitare un potere attraverso la sopraffazione di chi è percepito come debole, quasi una compensazione a distanza di un senso arcaico di vulnerabilità. Una condotta appresa nel contesto ambientale. La vittima di solito è ansiosa e insicura, cauta, sensibile, calma, manifesta un atteggiamento prudente. Se attaccato, reagisce richiudendosi e piangendo. Soffre di scarsa autostima ed ha un’opinione negativa di sé. Tale modello ansioso sottomesso si associa spesso a debolezza fisica, rafforzato dai comportamenti di sopraffazione subiti. La vittima non ha la capacità per affrontare la situazione, vive spesso una condizione di solitudine. Segnala insicurezza, incapacità, difficoltà di reagire agli insulti ricevuti. Le condotte del bullismo sono più probabili quando i genitori non sono a conoscenza di ciò che fanno i figli, o non hanno saputo, a tempo debito, fornire adeguatamente i limiti oltre i quali determinati comportamenti non sono consentiti. Il grado di istruzione dei genitori e il livello socio-economico non sono correlate con le condotte dei figli, non è caratteristico del degrado, si registra anche in zone culturalmente ed economicamente sviluppate. L’intervento sulla vittima, pur efficace a fini individuali, non lo è per quanto riguarda la riduzione del fenomeno: il bullo cercherà un’altra vittima. È necessario attuare interventi a lungo termine, preventivi, diretti al gruppo classe, meglio se comune a tutta la scuola. Un intervento educativo pianificato è un’occasione di crescita per tutti che, attraverso un maggiore dialogo, una migliore consapevolezza di pensieri, emozioni ed azioni, può diventare sostegno e risorsa per ciascun componente della classe. Ciò che può scoraggiare il bullo è sapere preventivamente che non ci saranno spettatori plaudenti, ma che tutti assumeranno le difese della vittima e che non vi sarà tutela di omertà.
Sono la mamma di (.) Mio figlio è bersaglio del bullo della classe. Non fa violenza, ma dispetti e parolacce. Lui non si difende alla stessa maniera perché sa che non ci si comporta così. Lo racconta agli insegnanti, ma loro non fanno nulla…come lui mi riferisce. Abbiamo parlato con gli insegnanti e ci hanno detto che non sanno come comportarsi, perché note o altro non servono e che, anzi, risponde in maniera poco educata anche contro di loro. I genitori sono stati convocati dal preside ma non cambia nulla. Mio figlio torna a casa nervoso e arrabbiato, si sente impotente, consapevole che lui riceverebbe punizioni e sgridate, mentre invece l’altro risulta il simpaticone della classe. Alla recita hanno fatto fare al bulletto la parte principale, per farlo sentire coinvolto, mio figlio mi ha detto: a che serve fare il bravo e comportarsi bene se il premio lo danno a chi si comporta male?
Situazione abbastanza difficile da risolvere se, a quanto riferisce risulta simpatico alla classe. Bisogna pretendere con insistenza che le angherie debbono terminare, coinvolgendo anche altri genitori, il problema riguarda tutta la classe; pretendere strategie dedicate al caso, prima tra tutte sottrazione della gratificazione sociale e riprendere anche i gregari del bullo, limitando dunque l’effetto “potere”; aprire la discussione in classe su questi temi, l’opera di sensibilizzazione può fare miracoli se ben trattata. Spero che la situazione si risolva perché è sconfortante non sapere cosa fare, visto che anche gli insegnanti hanno preso la strada del “buonismo”.