PERENNEMENTE INSODISFATTI

GENERAZIONE Z, una gioventù violenta e distaccata, non capace di riconoscere il senso autentico della vita

Apparentemente sembrano ragazzi che hanno tutto, almeno materialmente, eppure rincorrono sempre quello che non hanno, un ideale che non esiste, che li rende perennemente insoddisfatti e che gli lascia una sensazione interna di vuoto. Così viene tratteggiata la “generazione Z” o “generazione di fenomeni” dagli adulti che vedono i propri figli come violenti, distaccati e non capaci più di riconoscere il senso autentico della vita. E se poi tutto questo è esaltato dai recenti fatti di cronaca è doveroso e sacrosanto domandarsi quali siano le motivazioni delle nuove generazioni. Molti sono sommersi dal nichilismo; per loro, infatti, nulla viene considerato importante: la vita, gli amici, la scuola, il lavoro sono lo sfondo di una vita vissuta all’insegna dell’oggi. Come affermavano alcuni sociologi ci troviamo di fronte alla generazione delle tre «esse»: soldi, successo e sesso. “Non esiste più il divertimento di una volta” rimproverano gli adulti nei bar forse perché il divertimento di oggi non è qualcosa di fine a se stesso: è fuggire, uscire dagli schemi, liberarsi, è crearsi una nuova identità nel buio della notte anche grazie all’aiuto di alcool e droga. Sei bello e maledetto se racconti ai tuoi amici il lunedì mattina delle follie che hai compiuto il sabato sera, sei un temerario, hai giocato con la tua vita ed ora non puoi far altro che ricevere ammirazione perché l’adolescente di oggi, più di quello di ieri, che si “accontentava” dell’inclusione gruppale, ora elemosina sguardi compiacenti e superficiali dai suoi coetanei. Se inoltre ieri la droga veniva vista come un appiglio per sfuggire al vissuto, al passato che doleva, oggi è il presente a far soffrire, perché nel presente non trovi una rassicurazione e la droga diventa allora un modo per cercare di sopravvivere, di restare a galla. Infatti recentemente il filosofo Umberto Galimberti ha affermato parlando dei giovani: “Interrogati non sanno descrivere il loro malessere perché hanno ormai raggiunto quell’analfabetismo emotivo che non consente di riconoscere i propri sentimenti e soprattutto di chiamarli per nome. E del resto che nome dare a quel nulla che li pervade e che li affoga? Nel deserto della comunicazione, dove la famiglia non desta più alcun richiamo e la scuola non suscita alcun interesse, tutte le parole che invitano all’impegno e allo sguardo volto al futuro affondano in quell’inarticolato all’altezza del quale c’è solo il grido, che talvolta spezza la corazza opaca e spessa del silenzio che, massiccio, avvolge la solitudine della loro segreta depressione come stato d’animo senza tempo, governato da quell’ospite inquietante che Nietzsche chiamava ‘nichilismo’. E perciò le parole che alla speranza alludono, le parole di tutti più o meno sincere, le parole che insistono, le parole che promettono, le parole che vogliono lenire la loro segreta sofferenza, languono intorno a loro come rumore insensato” (L’ospite inquietante. I giovani e il nichilismo, Introduzione). Bisogna però fare alcuni passi indietro: è necessario ricordare che l’adolescenza è di per sé un’età in cui si mettono in discussione le certezze della fase evolutiva precedente e tale aspetto porta ad un’insoddisfazione di se stessi e del proprio corpo, influenzando l’umore e il benessere psicologico. Nulla di nuovo sotto il cielo dunque: ogni adulto è stato bambino e poi adolescente e, guardandosi indietro, può comprendere ciò che il proprio figlio sta vivendo; eppure questo sembra essere un atto non così immediato e naturale. È sicuramente vero che i ragazzi e le ragazze di oggi sono diversi perché la società in cui si trovano a gestire la propria crescita e costruire il proprio futuro è una società complessa, che richiede un’attrezzatura e una strumentazione enormemente più raffinata di quella che hanno oggi gli adulti: ma il loro modo di vedere e di pensare la vita non può e non deve essere un metro di giudizio. Quando allora si cerca di comprendere le reali ragioni di tale nichilismo non si può non attribuire una certa colpa ai genitori e agli adulti in generale. Un esempio è rappresentato dalla musica trap che non piace solo ai giovani, ma anche ai giovanissimi per i quali sembra avere un appeal particolare. Ascoltarla, ma anche solo sentire, senza quindi badare tanto al significato delle parole, canticchiare frasi, che si ripetono ossessive nella mente, sicuramente influenza il modo di parlare dei ragazzini. Espressioni che prima potevano essere ritenute volgari vengono ‘sdoganate’ e sono sulla bocca di tutti, o quasi, e non fanno più impressione a nessuno. Il cantante di successo quindi rappresenta un modello di riferimento, se non anche un idolo, per i tanti che ‘ricevono’ il messaggio e che, canticchiando canticchiando, finiscono per imitarne gesti, linguaggio, modo di porsi. È bene dunque che i genitori accompagnino i figli nella decodifica dei messaggi, svelandone la reale portata per non demonizzare tale musica ma interpretarla, cioè capire la reale pericolosità che si cela dietro certi testi. Spesso infatti i genitori dimenticano che i propri figli non hanno ancora interiorizzato il confine tra il bene e il male e che la loro esperienza non sempre è in grado di costituire un esempio. Molti giovani sostengono che mancano punti di riferimento sicuri ed anche per questo motivo accolgono volentieri tutto quello che è più facilmente a portata di mano, rifiutando il sacrificio. Il subdolo e pericoloso gioco però di identificare un’intera generazione con i fatti di cronaca è stato già compiuto dai mass media. Nessuno spazio viene riservato a quei ragazzi che esprimono nelle associazioni, nelle cooperative, nel volontariato e nell’organizzazione culturale la volontà di coltivare i propri sogni, i propri obiettivi e le proprie ambizioni. Ad Artena, per esempio, è nata tra il 2016 e il 2017 il gruppo degli “Animatori della parrocchia di Santo Stefano e di Santa Croce” per opera di Don Daniele Valenzi e di alcuni giovani con la ferma volontà di instituire un’aggregazione all’interno della parrocchia. Le attività da loro proposte consistono nel centro estivo (quest’anno la partecipazione è stata limitata a soli 30 bambini a causa delle restrizioni imposte dal covid) organizzato dagli stessi ragazzi che sono stati precedentemente sottoposti a corsi di formazione per capire come far passare, attraverso il gioco, valori come la tolleranza, la fiducia, il rispetto e la collaborazione. Durante il periodo invernale sono lodevoli e degne di nota alcune attività come l’oratorio domenicale o l’animazione sia all’interno della casa di riposo di Colle Siciliano sia al centro diurno per i ragazzi disabili a Santo Giudico. Non tutta le generazione Z, insomma, è composta da giovani incapaci di conoscere il vero senso della vita. Ve ne sono tanti – i più – che fanno dell’associazionismo, della solidarietà, del volontariato un vero e proprio punto di riferimento.

ALLEGRA PERUGINI