SCIENZA E SOCIETA’. OGNUNA HA BISOGNO DELL’ALTRA

LA SOCIETA’ HA BISOGNO DELLA SCIENZA COME MOTORE DEL SUO BENESSERE SOCIALE, ECONOMICO E POLITICO, MENTRE LA SCIENZA VIVE DELLE RISORSE, DEI TALENTI E DELLE LIBERTA’ CHE LA SOCIETà METTE A SUA DISPOSIZIONE

Un uomo che vuole la verità diventa scienziato. Un uomo che vuole lasciare libero gioco alla sua soggettività, diventa magari scrittore. Ma che cosa deve fare un uomo che vuole qualche cosa di intermedio tra i due?  Robert Musil

Il grande paradosso che vive oggi la scienza è infatti quello di essere una cultura di fatto dominante, poche altre sono capaci di cambiare così a fondo e rapidamente il nostro modo di vivere, di produrre, di lavorare e di pensare. Così, se fino a poco tempo fa comunicare con la società era un optional, oggi è diventato una necessità. E nessuno, nel mondo scientifico, può più permettersi di ignorarla. Non ci si può infatti più aspettare che sia qualcun altro, come per esempio un politico “illuminato”, a difendere gli interessi della scienza. Scienza e società si cercano e hanno bisogno l’una dell’altra, unite da un contratto non scritto ma altrettanto vincolante. La società ha bisogno della scienza come motore del suo benessere sociale, economico e politico, mentre la scienza vive delle risorse, dei talenti e della libertà che la società mette a sua disposizione. Quando una decisione è controversa, e lo può essere per diversi ordini di motivi, la decisione finale è sempre di tipo politico. E le decisioni politiche non sono sempre razionali. In alcune questioni, che si potrebbero definire «ideologiche», può essere messa in discussione la stessa libertà di ricerca. Ma non sono necessariamente cause perse. L’obiettivo di fondo è quello di stabilire con la società, o con settori chiave di essa, un rapporto più profondo e più solido, basato sulla fiducia. Se è vero che le conseguenze della scienza e della tecnologia sono troppo importanti per lasciarle nelle mani dei soli scienziati, è anche vero che i rapporti fra la scienza e la società sono troppo importanti per lasciarli solo nelle mani di chi non è uno scienziato. C’era una volta un’epoca in cui, quando parlava la scienza, i cittadini si toglievano il cappello e ascoltavano il Verbo senza fiatare. Era l’epoca di The World of Tomorrow, la grande fiera di New York del 1939, l’epoca della costruzione dell’Atomium di Bruxelles nel 1958, dello sbarco sulla Luna del 1969.  A cominciare dalla fine degli anni Sessanta, il termine “scientifico” ha cominciato ad assumere una connotazione negativa, evocativa più di dubbi che di certezze. Nell’immaginario collettivo, la promessa di continuare a migliorare la vita di tutti ha cominciato a lasciare il posto a icone negative chiamate «DDT», «Chernobyl» o «Talidomide». La comunicazione deve quindi precisare e rendere comprensibile la dimensione probabilistica del rischio, e se necessario rassicurare. Ma non dovrebbe mai limitarsi all’esposizione nuda e cruda dei fatti. Si dovrebbe invece sforzare di contestualizzare il rischio, illustrandone cause, effetti, implicazioni e interessi in gioco, e, se ce ne sono, i benefici che lo accompagnano, rispondendo alle domande e alle aspettative dei cittadini. Qualunque sia il mezzo, il formato, lo scopo e il contenuto, comunicare la scienza al pubblico vuol dire saperla trasformare in una storia. le famose «cinque W» del giornalismo anglosassone: cosa (what), chi (who), quando (when), dove (where) e perché (why)

Le dieci leggi della comunicazione umana

1. Il nostro successo come comunicatori non dipende da quello che il messaggio fa al pubblico, ma cosa il pubblico fa con il nostro messaggio.

2. Il pubblico in genere interpreta i messaggi in un modo tale che lo faccia sentire più a suo agio e sicuro.

3. Quando attacchi gli atteggiamenti delle persone frontalmente, le persone tendono a difenderle, e quindi a rinforzarle.

4. Le persone prestano più attenzione ai messaggi che toccano loro stesse o le loro opinioni.

5. Le persone che non si sentono sicure in un rapporto non sono in genere dei buoni ascoltatori.

6. È più probabile che le persone ti ascoltino se anche tu ascolti loro.

7. Le persone tendono a cambiare più facilmente in risposta a una nuova esperienza e a una comunicazione che in risposta alla sola comunicazione.

8. È più probabile che le persone siano a favore di un cambiamento che le riguarda se vengono consultate prima che quel cambiamento avvenga.

9. Il messaggio racchiuso nelle parole sarà interpretato alla luce di come, quando, dove e da chi vengono pronunciate.

10. La mancanza di consapevolezza di se stessi e la mancata risoluzione dei propri conflitti interni rende più difficile comunicare con le altre persone.