BENVENUTI AL COLUBRO

Dopo le Macere in questo numero siamo andati a sentire i residenti del Colubro, la seconda Contrada per ordine di popolazione di Artena. Anche in questo caso i cittadini lamentano parecchie assenze e una scarsa considerazione da parte delle istituzioni: “I nostri problemi non sono mai stati compresi pienamente. Ci si ricorda del Colubro una volta all’anno, per i festeggiamenti del Santo…

Eccoci al nostro secondo appuntamento con le Contrade di Artena. Dopo aver parlato, nello scorso numero, con alcuni abitanti di Macere, in questa edizione del periodico dedichiamo le nostre pagine ai residenti del Colubro. La Contrada è la seconda per ordine di abitanti, ma il suo territorio è molto vasto, e comprende una serie di colli e valli disseminati tra la via Giulianello e la via Ariana. “Siamo la seconda Contrada di Artena – ci ha detto Carlo – ma nella considerazione degli amministratori siamo gli ultimi”. Lo siamo – continua Patrizia – anche perchè siamo quelli più distanti chilometricamente dal Centro Urbano di Artena”. Infatti, ci permettiamo di aggiungere noi, il territorio è più vicino a quello di Lariano e molti dei residenti del Colubro si rivolgono alla città vicina. “Sai perchè è così?” – prosegue Patrizia – Perchè Lariano ci accoglie”. E Artena non lo fa? “Lo fa di meno. Per gli artenesi noi siamo i colubrari e questo appellativo si usa quasi come dispregiativo, perchè colubrari significherebbe per certe menti grette del Paese, una razza a parte, non autoctona, importata, per dirla in maniera semplice”.
La signora Patrizia non fa sconti a certi artenesi beceri che davvero guardano ai colubrari, ma anche ai maceraroli, come mondi diversi da Artena. “Esiste solo il Centro Storico – sostiene Patrizia – Artena è solamente quello”. Esagera la signora, ma pur ingigantendo, non va distante da certi pregiudizi. “Immaginate ora – esordisce Giulio che al Colubro ci è nato e ci vive – dopo quello che è accaduto a Willy. Immaginate come siamo stati visti e considerati dopo che si è saputo che i presunti carnefici erano di qui”. Questo distacco e questa scarsa considerazione che lamentate, secondo voi da cosa dipende? “Non è facile spiegarlo – insiste Giulio – innanzitutto penso che essendo la stragrande maggioranza delle persone residenti al Colubro, in origine provenienti da altri luoghi, questo rappresenta un fatto che all’inizio non ha aiutato l’integrazione con gli artenesi. Soprattutto perchè i nostri nonni o i bisnonni, hanno deciso di vivere tutti in questa vallata che digrada verso il mare: loro si conoscevano tutti, era più facile stare fra loro che con i residenti di Artena. E un tempo, la distanza Colubro-Artena era un fattore discriminante”. Arriviamo a oggi che le origini appaiono ormai dimenticate. “Sai, un’intervista così, come state facendo voi – interviene Carlo – non è mai stata fatta, questo vorrà pur dire qualcosa. Penso che i nostri problemi non siano mai stati compresi appieno. Ci si è ricordato del Colubro quando c’è stata la famosa e tragica storia del pulmino dello scuolabus e adesso per l’omicidio di Willy”. “A dire il vero – prosegue Patrizia – ci si ricorda del Colubro una volta all’anno per la festa che facciamo durante San Giovanni”. Quello è un vostro fiore all’occhiello, un fiore all’occhiello dell’intera comunità. “Certo– continua Paolo – è un pregio riuscire a organizzare la più bella festa, per presenze e qualità musicale, dell’intera area metropolitana. Ma pensate che questo ci inorgoglisca?”. E’ un punto a vostro favore. “Nessuno lo nega, ma la forza di una Contrada, di una Comunità, si deve misurare da altre situazioni e dai servizi. Abbiamo una chiesetta, una scuola elementare, qualche sparutissimo negozio, un bar: è molto secondo voi per un luogo che ha oltre mille residenti?”. E’ comprensibile lo stato d’animo dei cosiddetti colubrari. “Almeno a Macere hanno espresso un sindaco che comunque resterà nella storia di Artena. Noi, una serie di amministratori che non hanno avuto la forza di cambiare le carte in tavola, e spesso non per colpa loro”. “Qui si svuotano i pozzi neri – dice Giovanni – segno che mancano le fogne. Qui si rompono le ruote delle macchine, segno che le strade sono piene zeppe di buche. Qui spesso manca l’acqua. Sapete cosa fanno i colubrari? Si rimboccano le maniche e fanno da soli. Abbiamo la fortuna di avere quasi in ogni famiglia un imprenditore che sta nel campo dell’edilizia, e questo ci avvantaggia perchè in molti casi certi lavori ce li facciamo autonomamente”. Questo testimonia che la Comunità del Colubro è ricca economicamente, ma anche di iniziativa. “Non fatevi ingannare dalla case grandi che vedete o dai giardini che si notano passando sulla strada: quelli sono i sacrifici di intere famiglie e della vita di quelle famiglie” “Abbiamo un senso di rivalsa, quello sì– prosegue Giovanni – non vogliamo più patire la fame dei nostri nonni, di quelli che venivano ad Artena da Baùco (Boville Ernica), da Veroli, da Tecchiena, da Ponza (Arcinazzo), e anche quelli originari di Artena che abitavano al Colubro si sono compenetrati in questo modo di vedere le cose”. E’ una rivalsa positiva? “Sì, che ci ha permesso di emergere magari a livello economico personale, ma non come Contrada. Ho letto nel numero scorso del vostro periodico che a Macere lamentano l’assenza delle istituzioni, bene, questa assenza al Colubro è amplificata: i sindaci si vedono qui prima di diventare sindaco perchè vengono a perorare le nostre cause in cambio del voto, e si vedono una volta all’anno, quando indossano la fascia tricolore al seguito del Santo. Poi basta!” Questo, però, è un aspetto comune in un territorio così vasto come Artena. Nessuno mai potrà garantire una presenza ferrea al Colubro, al Macere o nelle altre Contrade. “Nessuno chiede una presenza così frequente, ma una volta all’anno e per una festa mi pare proprio poco”. “Cosa ci vorrebbe – chiede Patrizia – ad aprire una succursale degli uffici comunale in ogni Contrada? Io l’ho fatta una proposta del genere, mi hanno risposto che ora con il web le distanze si sono ravvicinate e si può fare tutto tramite questo fantomatico web. Ma quelli che il web non lo conoscono? Quelli che non lo sanno usare? Una presenza, una volta alla settimana, di una persona che raccoglie le nostre istanze, non sarebbe un’ipotesi migliore?” Per ultimo vogliamo sapere dei giovani? “Come quelli di Macere: escono, se ne vanno al bar, se ne stanno ore ad oziare e sembra che questo far niente li appaghi ugualmente. Oppure frequentano palestre e campi di calcio della zona, ma tendono ad andarsene, tendono a trovare una via migliore”.