ll primo Presepe nella storia del Cristianesimo, visto proprio come istituzione della rappresentazione nelle tre dimensioni del mistero dell’Incarnazione, viene allestito per volontà di San Francesco a Greccio, per la notte di Natale del 1223, solo tre anni prima della sua morte. Una notte memorabile, rimasta impressa nei cuori di coloro che la vissero.
Sul quel luogo oggi insite il complesso del Santuario di Greccio
Con il termine latino “praesepium o praesepe”, che indica “un recinto chiuso da siepe o una stalla”, S. Girolamo ha tradotto quello ebraico di “mangiatoia posta in una stalla”. L’origine storica del Presepio o Presepe va ricercata nelle narrazioni dei Vangeli di Matteo e di Luca nonché nell’Antico Testamento, nei testi di Isaia e di Abacuc.
Nei Vangeli è detto che Maria diede alla luce Gesù, lo avvolse in fasce e lo pose a giacere in una mangiatoia.
In Oriente, infatti, le grotte naturali servivano da rifugio ai viandanti e da stalla agli animali: ecco attestata l’immagine di una grotta provvista di mangiatoia.
La presenza di un bue e di un asino nell’atto di riscaldare col proprio alito il corpo del Bambinello è tratta, invece, dai testi di Isaia e di Abacuc, non tramandata dai Vangeli ispirati da Dio. Ma la tradizione vuole che la prima descrizione del luogo dove Gesù nacque sia stata fatta da San Girolamo nel 404 d.C., il quale ne parla come “grotta del Salvatore ove c’era una mangiatoia”. In un documento del 236 d.C., peraltro, si parlava già di una mangiatoia ricavata in una roccia e sostenuta da supporti in legno; più tardi, rivestita di metalli preziosi, resa visibile ai fedeli.
La grotta di Betlemme si presenta ora proprio così alla venerazione dei numerosi fedeli che si recano in pellegrinaggio nella Basilica costantiniana. Recenti studi confermerebbero questa tradizione. Proprio nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma vennero conservate le reliquie che la tradizione voleva che fossero parti di quella mangiatoia su cui giacque Gesù Bambino.
Il Presepio, come rappresentazione dell’evento biblico, nelle varie forme artistiche, ha subito nel tempo modifiche attraverso ricostruzioni ambientali e figure di personaggi della narrazione evangelica della Natività, che si sono poi caricate di nuovi significati simbolici, come ad esempio i Magi (che nel tempo sono variati nel numero – prima quattro e poi tre – ed anche nel colore della pelle – il moro introdotto solo in un secondo tempo -), nei cui confronti il Cristianesimo nel XIII secolo avrebbe proiettato le mitiche rappresentazioni dell’Oriente Antico.
Ma il primo Presepe nella storia del Cristianesimo, visto proprio come istituzione della rappresentazione nelle tre dimensioni del mistero dell’Incarnazione, viene allestito per volontà di San Francesco a Greccio, per la notte di Natale del 1223, solo tre anni prima della sua morte. Nasce così quella tradizione che ancora oggi mantiene intatta la sua forza evocatrice e la sua carica emozionale.
Il Poverello di Assisi, così ci tramanda Tommaso da Celano, circa due settimane prima del Santo Natale del 1223, vuole celebrare presso Greccio il ricordo dell’Incarnazione – ricordo che occupava sempre la sua mente e il suo cuore – secondo il racconto dei Vangeli. Rivolge l’invito a Giovanni Velita, signore di Greccio, suo fraterno e devoto amico e discepolo, perché approntasse tutto quanto servisse per la celebrazione del Santo Natale: la raffigurazione del “Bambino nato in Betlemme e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si trovava per la mancanza di quanto occorre ad un neonato; come fu adagiato in una greppia, e come tra il bove e l’asinello sul fieno giaceva”.
Giovanni, aiutato dalla moglie Alticama, sceglie una grotta, dove poi sorgerà l’Eremo di S. Francesco, e allestisce la scena della Natività di Betlemme.
Nella Notte Santa, richiamati dagli araldi inviati per le contrade vicine per annunciare l’Evento, gli uomini, le donne, i bambini e i frati portano ceri e fiaccole per illuminare la notte. Giunge S. Francesco, vede tutto pronto e se ne rallegra. Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono condotti il bue e l’asinello vicino il simulacro del Bambinello.
Il Santo, che è diacono, canta il Vangelo e predica al popolo, accorso numeroso alla chiamata sul mistero dell’Incarnazione del Dio vivente. Si onora lì la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme.
Forse è proprio Giovanni Velita l’uomo privilegiato che ha la mirabile visione della vitalità del simulacro di Gesù che, in braccio al Poverello e da lui cullato e vezzeggiato, sembra svegliarsi come da un sonno profondo e prendere vita, come risuscitato proprio da San Francesco. Terminata la veglia solenne, i fedeli tornano a casa felici.
Una notte memorabile, rimasta impressa profondamente nei cuori di coloro che la vissero. Sul luogo esatto del Presepe di S. Francesco verrà costruito il complesso del Santuario di Greccio e proprio sul luogo della greppia verrà posto un altare in onore del Santo.
All’inizio, quindi, fu la Chiesa con l’Ordine francescano, i cistercensi, i domenicani e i gesuiti a svolgere presso i laici questo ruolo essenziale, proponendo ai fedeli una serie di rappresentazioni incentrate sulla Natività, da esporre nei luoghi di culto per la devozione.
Seguirono poi le famiglie nobili e quindi gli abili artigiani a diffondere le rappresentazioni della Natività. In seguito saranno i fedeli, secondo la fantasia, a realizzare il Presepio che resta, ancora oggi, il momento più bello e sentito della festa del Natale: il Presepio, con la sua forza evocatrice e la sua carica emozionale che fa di noi adulti degli eterni bambini e di noi bambini degli adulti “in fieri”.