RISCOPRIAMO IL VERO NATALE

LUCIANO LANNA SCRITTORE, GIORNALISTA E FILOSOFO SCRIVE PER NOI

Questo tempo di pandemia potrebbe pure farci riscoprire il vecchio “spirito natalizio” di dickensiana memoria e farci accantonare un po’ di quei lussi e di edonismo consumista a cui ci siamo troppo assuefatti negli ultimi anni

Lasciano alquanto perplessi le recenti polemiche sul Natale al tempo del Covid con tanto di discussioni e contrapposizioni sull’anticipo del cenone e della messa del 24 dicembre. È come se la principale festività del mondo cristiano (ma anche delle società secolarizzate e postcristiane dell’Occidente contemporaneo) fosse per i più riducibile alla percezione impostasi negli ultimi vent’anni per via di consumismo e edonismo glamour quali unici orizzonti di senso e di gioia. Il Natale, in realtà, non è affatto festività di un solo giorno e di un solo cenone (il quale oltretutto, per noi cattolici, non dovrebbe essere tale, quanto un pasto di magro da vigilia preparatorio alla vera festa del giorno dopo) ma un “ciclo lungo” che include liturgicamente il tempo d’Avvento e quello propriamente natalizio. Calendario liturgico alla mano, il primo dura quattro settimane, inizia con i primi Vespri della domenica che cade in una data vicina al 30 novembre, mentre il secondo inizia al calare del sole del 24 dicembre e termina con il battesimo di Cristo, la prima domenica dopo l’Epifania.
Dico subito in premessa che questo periodo mi è particolarmente caro: essendo io nato il 7 dicembre mentre il mio onomastico (San Luciano d’Antiochia) ricorre il 7 gennaio, sin dall’infanzia ho avuto il privilegio di pensare e vivere tutto questo periodo come quello incantato e unico delle “mie” feste. Le quali coincidono di fatto con il ciclo in cui la Chiesa ha voluto compendiare la storia della sua stessa fondazione. Tra l’altro, storicamente, è il 6 gennaio la prima data con cui è stata celebrata la nascita di Cristo. Questo almeno nelle Chiese orientali, dove il momento natalizio dell’Epifania continua a essere la festa principale. La festività del 25 dicembre sarebbe stata introdotta in un secondo momento con lo scopo di cristianizzare la precedente festività romana del Natalis Solis Invicti.
Ma la lunga sequenza di date del periodo natalizio è lunga. Il 6 dicembre è San Nicola di Bari, che noi oggi conosciamo come Babbo Natale. Fino a qualche decennio fa in Puglia e nell’Europa orientale, del resto, si considerava questa festa un gioioso anticipo della Natività. E oggi l’usanza di far trovare dolci e regalini ai bambini sopravvive solo a Bari, a Molfetta e in qualche altro centro pugliese. Il 7 dicembre è poi Sant’Ambrogio, patrono di Milano e uno dei “padri” della Chiesa. L’8 è l’Immacolata Concezione di Maria, l’oggetto della cui celebrazione torna due giorni dopo con la Solennità della Madonna di Loreto, ricordando che nella Chiesa della cittadina marchigiana si conservano i resti della abitazione di Maria a Nazareth. Il 13 è quindi Santa Lucia martire, connessa a molte usanze popolari in Sicilia e anche nel Nord d’Italia, tra cui la tradizione di distribuire anche dei doni ai bambini. Il 21 è il solstizio d’inverno, giornata legata alla luce che rinasce e legata a quelle intuizioni precristiane, per dirla con Simone Weil, che sono poi state inglobate nel Natale. Il 26 è Santo Stefano, il primo martire. Il 27 è San Giovanni, il Veggente di Patmos. Il 28 si celebrano i Santi Innocenti. Il 31, ultimo giorno dell’anno, si festeggia San Silvestro papa, colui che secondo la tradizione battezzò Costantino e con lui cristianizzò l’impero. Il 1° gennaio la Chiesa solennizzava tradizionalmente la circoncisione, quindi a un tempo l’entrata ufficiale del Salvatore nella famiglia dei figli di Giacobbe. Infine, il 6 si giunge all’Epifania, all’aperta manifestazione della divinità di Gesù Cristo ai pastori e ai Re Magi venuti dall’Oriente. La notte di Capodanno, in altre parole, è come lo spartiacque tra le due grandi feste del Cristo bambino, avvertite quasi come una sola grande festa-ponte: il lungo Natale.
Tutto questo per ricordare che non ha davvero senso discutere sugli orari e sulle modalità – sostanzialmente consumistiche – del cenone del 24 o di quello del 31 con l’intento di provare a “salvare” lo spirito natalizio… Il Natale è una festa sempre attesa proprio perché… dura un mese. Come spiegare altrimenti tutti i rituali che si compiono con regolarità in questa lunga fase: preparazione del presepe, l’abete, le decorazioni e le luminarie casalinghe e lungo le vie, i biglietti d’auguri, i regali, che si donano anche a Capodanno e all’Epifania. Perché, d’altronde, addobbare – come facciamo tutti – con Gesù Bambino, Babbo Natale, Befana, Re Magi… tutto quello che si può per segnare e distinguere tutti i giorni di questo periodo?
Da quando, nel Natale 1223, San Francesco d’Assisi “inventò” il Presepe in quasi tutte le case italiane è ai primi di dicembre – in genere prima dell’Immacolata – che si allestisce il Presepe. E più o meno negli stessi giorni si prepara l’albero di Natale, che – al di là delle sue origine tedesche – è arrivato da noi nel secondo dopoguerra del Novecento, legato essenzialmente all’immagine dell’America vista attraverso il cinema. Ma ormai è tradizione in tutto il mondo, e gli alberi di Natale stanno da Piazza San Pietro a Londra, da San Paolo del Brasile a Mosca sino anche all’interno di molte chiese. E vengono montati e messi su proprio nei primi giorni d’Avvento.
Insomma: Natale non è festa di una cena o di un giorno. E così è stato sempre vissuto anche nella nostra Artena. Chi ricorda quando, qualche decennio fa, si cominciava proprio ai primi di dicembre a scrivere a scuola le letterine per i genitori? E quando gli adulti iniziavano un periodo di tante serate con amici e parenti a giocare a carte e a Tombola? O quando si andava in cartoleria a prendere le cartoline di buone feste da spedire ad amici e parenti lontani? E i bambini andavano a raccogliere il muschio a Villa Borghese per metterlo nei presepi? Poi c’era il Presepe con il Tu scendi dalle stelle come sfondo musicale all’Asilo San Marco, dove, contemporaneamente, le suore vincenziane allestivano la pesca di beneficenza. Forse Babbo Natale, allora, non andava ancora troppo di moda. Ma tutti ricordano la mattina del 6 gennaio, quando ci si risvegliava col rumore degli spari delle pistole giocattolo e degli altri regali portati dalla Befana con cui si dilettavano i bambini sotto casa…
Buon Natale dei ricordi, cari compaesani. Anche in questo tempo di pandemia, che potrebbe pure farci riscoprire il vecchio “spirito del Natale” di dickensiana memoria e accantonare un po’ di quei lussi e di edonismo consumista a cui ci siamo troppo assuefatti negli ultimi anni. E non è detto che non sia un bene!

LUCIANO LANNA