SANTO STEFANO, LA CHIESA COMITALE DELLA FAMIGLIA BORGHESE

Dopo Santa Maria delle Letizie, Augusto Iannarelli ci fa conoscere anche la Chiesa  di Santo Stefano. Il  luogo è antichissimo, al punto che si parla dell’edificio già nel 1182. Iannarelli ripercorre la storia dalle origini ai giorni nostri e ci descrive le tante tragedie che nel corso dei secoli sono accadute all’interno di Santo Stefano Protomartire (prima puntata)

(Uno) Situata all’interno dell’antico circuito delle mura di Montefortino, alla chiesa di Santo Stefano protomartire si attribuisce l’anno di fondazione tra la fine del XI secolo e il secolo successivo.  La ricostruzione cronologica dell’edificio sacro è stata fatta basandosi sulle differenti strutture murarie della chiesa e da testi di notizie storiche riportate in alcuni documenti che citano l’edificio.  Non si conosce l’anno preciso di costruzione della chiesa, probabilmente a realizzarla furono i membri della potente famiglia Conti di Tuscolo che già prima del 1151 erano i signori di Montefortino.  Il primo edificio realizzato aveva una pianta rettangolare lungo circa m.16,50 e largo circa m.8, con un’abside al centro del lato corto con un’apertura di circa m.3,70 e profonda m.2,50.  Era sottotetto ed era coperta probabilmente con scandole (tavole) di legno. Nei testi scritti la più antica menzione che conosciamo della chiesa è riportata nella bolla papale di Lucio III, emanata il 2 Dicembre 1182.  Vi si legge:  “…. In Castro Montis Fortini …..  ecclesiam S.Stephani cum omnibus pertinentiis suis…..”. Questo antico testo ci conferma l’esistenza della chiesa già agli inizi del XII secolo, come i recenti studi hanno dimostrato. Tra la fine del XII e gli inizi del XIII sec., Montefortino passo sotto il dominio della famiglia Conti di Segni, ed è tra la fine del secolo e gli inizi del 1300, per le accresciute esigenze di culto, si ha un ampliamento della chiesa con l’aggiunta di una piccola navata laterale di circa 12 m. per 3 m.  Questa era separata dalla navata principale da quattro pilastri a sezione quadrangolare di peperino di cm 68 X 48, che sostenevano i tre archi dell’apertura. La nuova navata era divisa in due ambienti separati ed aveva una volta più bassa della navata principale, il tetto partiva da sotto le finestre della primitiva chiesa le quali erano state lasciate libere per illuminare l’interno della navata. Questo ampliamento si nota bene nei muri esterni visibili verso la rupe scoscesa che si affaccia a nord-ovest sulla valle sottostante, dove sono ben delineate le nuove strutture racchiuse lateralmente da due file di pietre cantonali calcaree. Alla fine di Gennaio 1495, il giovane re di Francia Carlo VIII, nel suo viaggio alla conquista del regno di Napoli, passo anche sotto Montefortino, e per la ribellione di Giacomo Conti allora padrone del feudo, distrusse la città con l’artiglieria e il primo Febbraio lo privava del dominio della città e l’affidava temporaneamente a Prospero Colonna che era al suo seguito.  Alla morte di Prospero avvenuta nel 1448, la metà di Montefortino venne ereditata dal fratello Girolamo che divise il feudo tra i suoi figli. Una parte di questa tocco a Giulio, che oltre a essere il nuovo signore della citta, aveva anche lo “jus patronatus” della chiesa di S. Stefano, per cui si conosce che lo stesso Giulio aveva fatto richiesta nella prima metà del XVI sec.al vescovo di Segni Vincenzo Grana di affidare il rettorato della chiesa a don Giacomo di Benedictis.  E da ricordare anche, che una delle sue mogli, Pantasilea Gatteschi, morta nel 1509, volle essere sepolta in questa chiesa.   La chiesa di S. Stefano, è da ricordare per un triste avvenimento avvenuto nel 1557 durante la guerra di campagna e la distruzione di Montefortino operata dal cardinale Caraffa, nipote di Paolo IV, quando la città fu presa dalle truppe pontificie saccheggiata e data alle fiamme. Nella chiesa si erano rifuggiate, per sfuggire ai soldati, donne, vecchi e bambini, quando un incendio, appiccato dai soldati alle case vicine, si attacco anche alla chiesa e molta della povera gente che vi si era rifugiata perì nell’incendio.   Dopo queste vicende storiche ed il triste episodio dell’incendio, la chiesa si ridusse in uno stato di abbandono, e solo qualche anno dopo, le case e la chiesa furono ricostruite.                        Il 14 Aprile 1577, venne costituita la compagnia dell’orazione e morte ed aveva come oratorio la chiesa di S.Stefano, come viene riportato in una lettera testimoniale fatta dal vescovo di Segni Giovanni Ludovico Pasolini, scritta il 25 Agosto 1607: “…. habentem condicens Oratorium et Altare in Ecclesia S. Stefani”.  In questo periodo, la famiglia Colonna, era ancora proprietaria di una parte di Montefortino, anche se, Marzio Colonna aveva contratti numerosi debiti che costrinsero il figlio Pierfrancesco a vendere Montefortino al Cardinale Scipione Borghese. L’atto di vendita porta la data del 30 Maggio 1614.   Alla morte del Cardinale Scipione Borghese avvenuta il 1 Ottobre 1633, Montefortino fu ereditata dal nipote Marcantonio Borghese.  Il 5 Luglio 1655 una sentenza dei cardinali Domenico Cecchini e Francesco Cherubini confermava al principe Marcantonio Borghese lo “jus patronatus” di S. Stefano.  Dopo le varie vicende che si erano

abbattute sulla chiesa nel corso del 1600, si era ridotta in pessimo stato, a tal punto che indussero la principessa Camilla Orsini e il marito Marcantonio Borghese, ad intervenire d’urgenza sulla struttura dell’edificio sacro e ad un suo restauro e demolendo con questi lavori la preesistente facciata, (non conosciamo purtroppo com’era originariamente) con la ricostruzione di una nuova, avanzandola di qualche metro, ed unendo cosi la struttura della chiesa al campanile romanico che fino ad allora era  isolato dal resto dell’edificio. Sul portone della chiesa fu posto a ricordo del restauro fatto alla meta del XVII, lo stemma di peperino in cui fiancheggiano la rosa degli Orsini con il drago e l’aquila dei Borghese. Ma il restauro non sanò completamente l’edificio, perche 13 anni dopo fu effettuato dal maestro muratore Giovanni dè Medici, un secondo intervento sulla copertura lignea della chiesa, (ricordiamo che era fatta a scandole di legno) per eliminare le infiltrazioni d’acqua. Dopo questi restauri, la chiesa divenne probabilmente la chiesa comitaledei Borghese, visto la vicinanza al palazzo e alla piazza e questo fece crescere d’importanza la parrocchia con l’introduzione nella chiesa della fonte battesimale.  Un’importanza che ci viene confermata ancora nel 1757 da Stefano Serangeli riportandoci alcune notizie riguardo ai fedeli della chiesa scrivendo: “…. lo stato d’animo della parrocchia di S. Stefano è di 192 famiglie, per un totale di 960 individui …..”.  Un dato importante che fa vedere come in quegli anni la parrocchia era abbastanza popolata. (Fine prima puntata – segue)