LA BOLLA PAPALE

QUANDO PAOLO IV CONDANNO’ MONTEFORTINO NEL 1557. A DISTANZA DI CINQUE SECOLI SI CHIEDE A PAPA FRANCESCO DI RIPUDIARE E ANNULLARE QUELL’ODIOSO ATTO NEI CONFRONTI DI UN’INTERA COMUNITA’

Il Santo Padre volendo liberare la provincia di Campania da questa putrida e contagiosa peste, per distruggere questo nido di ladri, omicidi, assassini e ribelli, ne ha ordinato la totale distruzione….”. Questa è la bolla che papa paolo IV emanò il 13 maggio 1557, all’indomani della distruzione di Montefortino. La bolla fu emessa per ordinare l’aratura e la semina del sale: “…Castrum iuste aratro subriciandum, et ut fiat sterile, intendit, ut ipsius salum aretum ac in eo sal seratur”, affinché Montefortino (oggi Artena) diventasse città inabitabile, deserta e sterile di abitazioni e di uomini. E così fu per i successivi tre anni! Solo il pontefice successivo a Paolo IV e cioè Pio IV, consentì alla famiglia Colonna, che al tempo era la proprietaria del feudo, di ricostruire la città. In questo punto della linea cronologica temporale di Montefortino (Artena) cominciò una nuova storia che, spezzata ancora nel corso dei secoli successivi, è arrivata fino ai giorni nostri. Di quella inesorabile bolla papale, non se ne parlò più, anche se fu quel documento che segnò la storia futura della comunità. Immaginate, infatti, che impressione poteva destare un documento del genere nelle gretti menti delle popolazioni vicine alla comunità di Montefortino: “Lo ha detto il papa, è sicuramente vero che quelli di Montefortino sono ladri e assassini”. Questo modo di pensare ha condizionato il futuro della Città, amplificando un isolamento che nel corso dei secoli ha mortificato l’intera popolazione, rendendola schiava del disagio morale, civile, economico, che Artena si è portata come un fardello sopra le spalle fino al termine del XIX secolo. E’ stato un marchio indelebile nell’intima coscienza della Città, un marchio oggi dimenticato, anche se qualche media, attualmente, lo ha ritirato fuori per giustificare i gravi fatti dello scorso anno, parlando di Artena come della peggiore periferia di Roma, dove non c’è nulla, neppure le speranze per il futuro. Stolto colui che lo ha pensato o che lo pensa. Questa è una comunità che ha futuro, che ha speranze, che ha ambizione di cui siamo testimoni diretti anche leggendo questo giornale. Però è anche ora, a distanza di quasi cinque secoli, che ci fosse una richiesta ufficiale e istituzionale affinchè il papa attuale annulli e ripudi la bolla del 1557, riconoscendo il dolore arrecato alla popolazione di Montefortino/Artena. Da studioso delle nostre tradizioni, della nostra storia, degli usi e dei costumi, affermo, senza alcun dubbio, che quel documento privo di ogni carità cristiana, è stato davvero discriminante per i nostri antenati e per la storia successiva di Artena e ha arrecato un danno inimmaginabile. Per quanto ha dovuto sopportare la comunità artenese almeno la solidarietà del Vaticano sarebbe opportuna