UN’AMICIZIA DI SILVIA AVALLONE

RUBRICHE – UN LIBRO PER VOLTA DI GIOIA DE ANGELIS

A che serve la letteratura? A riempire vuoti. Quei vuoti che il dolore, crescendo, apre inevitabilmente dentro di te. Vuoti che avverti quando non comprendi fino in fondo la realtà che ti circonda. In questo romanzo l’autrice ha voluto affrontare alcune delle sue paure e anche la sua storia di scrittrice: dire addio a temi quali l’adolescenza, perché ad un certo punto si sente la necessità di diventare adulti e accettare quello che si è diventati anche se non coincide con ciò che sognavamo da adolescenti. Dall’altra parte l’esigenza di fare i conti con gli ultimi vent’anni che ci hanno cambiato intimamente, prima con l’arrivo dei cellulari, poi internet, le mail, i social, strumenti attraverso i quali ci raccontiamo. Il cuore principale del romanzo è il legame tra due persone, che prima sono due ragazzine di 14 anni, e poi saranno due donne: il loro rispecchiarsi l’una nell’altra, il loro competere l’una contro l’altra, perché è attraverso le relazioni che noi cresciamo, guardiamo il mondo, ci ribelliamo. Soprattutto in un’amicizia femminile, che nasce sui banchi di scuola, tu sperimenti te stesso, cerchi di capire chi potresti essere, cosa vuoi, quale futuro sogni al di là della tua storia familiare, delle aspettative dei tuoi genitori. Queste due ragazze sono apparentemente molto diverse: una è goffa, Elisa, la voce narrante, estremamente insicura, si nasconde dentro i vestiti, nel diario segreto, dietro i libri. Immediatamente viene attratta dal suo opposto, Beatrice, che invece si mostra, anzi, sua madre glielo ha insegnato molto bene ad esibirsi, a essere sempre perfetta, a sembrare perfetta, a dominare con maestria la potenza della sua immagine. Il visibile e l’invisibile che queste due ragazze incarnano è l’opposto, ognuna ha quello che manca all’altra; ma, anche se sembrano così opposte, in realtà nascondono un identico vuoto, un identico smarrimento che proviene da un legame con le loro madri molto difficile. Entrambe hanno madri che hanno rinunciato a un grande sogno, a un grande talento, ad una passione, e questa rinuncia l’hanno riversata in qualche modo sulle figlie, causando del dolore. Quindi queste due ragazze si alleano per ribellarsi a questo dolore, per emanciparsi dalle loro famiglie, e crescono attraverso il loro legame. Poi però, l’età adulta, spesso mette alla prova le grandi amicizie dell’adolescenza, perché nel momento in cui tu diventi o non diventi quello che avevi sognato insieme alla tua amica, oppure lo diventate in tempi diversi, spesso queste amicizie finiscono. Ma il problema è che in realtà, le grandi amicizie non finiscono mai di finire, tu non smetti mai di rimpiangere l’amico con cui sei cresciuto, con il quale ti sei formato e, da una parte sei arrabbiato con lui perché lo hai perso, dall’altra lo rimpiangi, è proprio un’esperienza di perdita: tu non lasci la tua amicizia come puoi lasciare un amore, non divorzi, non ti separi, tu perdi questa amicizia e nello stesso tempo perdi una parte di te, proprio perché è dentro quella amicizia che tu hai scelto chi volevi essere. Poi, siccome Beatrice diventa un’influencer c’è il tema dei social, dove si vede solo una grande esibizione di felicità, dove sembra che le storie siano tutte perfette, vite meravigliose popolate solo da nascite, matrimoni, feste, successi lavorativi; tutto imbalsamato in tante immagini dove però la cosa più interessante è l’invisibile tra una foto e l’altra. Noi non siamo immagini, siamo storie, il romanzo contiene la complessità delle storie, soprattutto l’invisibile, l’anima, l’interiorità, i segreti, i conflitti, le vergogne, i tabù, i dolori, le perdite, i fallimenti, tutto ciò che fa parte integrante della vita. I social rispecchiano la nostra società, questo desiderio di vincere, di apparire, di comprare, di essere quasi tutti oggetti in vetrina, quanti follower, quanti like. L’autrice ha voluto mettere in discussione questo uso del web attraverso la letteratura: la letteratura serve alla vita per capire la nostra complessità, il nostro essere persone e non personaggi; bisogna prendersi cura delle persone e non schiacciare nessuno in uno stereotipo, non chiedere a nessuno di sembrare, ma dare solo la possibilità di esprimersi.