I CENACOLI PRESENTI AD ARTENA

Il più vecchio è stato realizzato nella Chiesa di Santa Croce da Orazio Zecca o da qualche pittore della sua cerchia. L’altro, più moderno, è nel refettorio della Chiesa di Santa Maria di Gesù affrescato intorno al 1650

Il giovedì Santo si ricorda l’ultima cena di Gesù narrata dai quattro Evangelisti. Un momento chiave per la religione cristiana, perchè fu al tempo che venne istituito il sacramento dell’Eucarestia. L’evento avvenne durante la Pesach, detta comunemente Pasqua Ebraica, la festività che ricorda la liberazione del popolo Ebraico dalla schiavitù Egiziana, e che, dopo la fuga, vagarono per quarant’anni nel deserto del Sinai finché si stabilirono nelle terra di Canaan. Durante questo periodo, che dura otto giorni, il primo giorno le famiglie ebraiche si riuniscono intorno ad un tavolo per celebrare il Seder (la cena che si svolge la prima sera di Pasqua). Nel pasto rituale della festa, oltre all’agnello, simbolo di sacrificio, è previsto pane azzimo, simbolo di penitenza, uova, simbolo di nuova vita, erbe amare che ricordano agli Ebrei l’amarezza della schiavitù, il charoset, un impasto fatto con mele e frutta secca a simboleggiare la malta e l’argilla che lavoravano gli Ebrei durante la schiavitù, e quattro calici di vino, ognuno con un proprio significato. Nella celebrazione Cristiana della Pasqua, si commemora la passione, morte e Resurrezione di Gesù avvenuta durante la celebrazione della Pesach ebraica e iniziata, appunto, dal giorno del Seder, la cena di Gesù insieme agli Apostoli. Una vicenda avvenuta più di 2000 anni fa in una sera di primavera nel chiuso di una stanza del piano superiore in una casa di Gerusalemme. Un evento ricordato artisticamente nelle rappresentazioni più svariate dal medioevo ad oggi e riportato su affreschi, quadri, arazzi, sculture, mosaici. La più antica raffigurazione è proprio un mosaico, quello realizzato nella chiesa di S. Apollinare Nuova a Ravenna verso la fine del V secolo.
Si sono cimentati in questa rappresentazione nel corso dei secoli tantissimi artisti famosi e meno famosi che ci hanno lasciato bellissime opere, da quella più conosciuta di Leonardo da Vinci, a quelle di Raffaello, di Tiepolo, di Michelangelo, del Perugino, del Veronese,del Tintoretto.
Anche ad Artena (Montefortino) sono state realizzate alcune raffigurazioni dell’ultima cena. Una è stata dipinta a olio, sul muro all’interno della stanza del refettorio nel convento francescano della chiesa di S. Maria di Gesù. Questo avvenne probabilmente intorno al 1650 quando furono realizzate le 35 lunette del chiostro o subito dopo, e si potrebbe ipotizzare che l’ignoto autore dell’opera, (come per le lunette) sia stato un pittore interno all’ordine dei Francescani riformati del convento. La scena riprodotta nell’affresco sembra sia stata ripresa da un brano del vangelo di San Giovanni. Gesù è al centro della tavola, si riconosce S. Pietro con la barba bianca alla sua destra e S. Giovanni alla sinistra poggiato alla spalla di Gesù. La tavola imbandita con l’agnello e il pane, da notare che non c’è il calice del vino. Gesù aveva appena annunciato il tradimento di uno degli apostoli: “….in verità vi dico che uno di voi mi tradirà…”. Una frase che genera in un momento stupore e angoscia tra gli apostoli, agitandoli. Guardando l’affresco, sembra riprodotto il momento in cui Gesù guarda Giuda Iscariota dicendo: “…quello che stai per fare, fallo presto…” Giuda, in primo piano, davanti al tavolo alla sinistra di Gesù, riconoscibile per il sacchetto bianco con monete, è l’unico girato verso l’esterno della tavola, per non guardare il volto di Gesù. Questo affresco venne poi coperto nel corso del 1700 da una grande tela, e anche questa raffigurava un’ultima cena d’ispirazione veneta. Questo quadro fu poi tolto scoprendo l’affresco sottostante.
Più antico è l’affresco che riproduce l’ultima cena nella collegiata di Santa Croce. Questo affresco, per la mancanza di alcuni elementi sulla tavola, come il calice del vino, sembra essere stato ispirato dal Vangelo di S. Giovanni L’affresco si trova nella parete di fronte alla porta della sacrestia di destra, quella che una volta era la cappella del S.S. Sacramento, e apprendiamo da Stefano Serangeli che “fu edificata e dipinta a spese di questa confraternita, fondata il 7 Luglio 1579, e che durante la demolizione della vecchia chiesa nel 1659, operata da Giovan Battista Borghese, fu l’unica parte a non essere demolita.”
L’affresco rinvenuto sotto l’intonaco durante i lavori di restauro fatti tra il 1987-1989, si può datare tra la fine del XV e gli inizi del XVI, e si potrebbe assegnare l’opera alla cerchia di Orazio Zecca che proprio in quel periodo era impegnato in alcuni affreschi nella chiesa del Rosario.
In questo affresco Gesù è seduto al centro del tavolo con l’ostia nella mano sinistra, mentre con la destra la benedice. Sul tavolo l’agnello in un piatto al centro, c’è qualche pane, ma manca il calice del vino. Anche in questo affresco, guardando gli apostoli, sembra riconoscere il momento esatto in cui l’autore ha voluto fermare la scena. Gesù aveva detto: “uno di voi mi tradirà”. Sembra che tutti gli apostoli siano in movimento sconvolti da questa frase. Alcuni si portano la mano al petto come per dire: “sono forse io Signore?”. Simon Pietro, con la mano sinistra al petto fa cenno a Giovanni come per dirgli: “fatti dire chi è?”, e Giovanni poggiatosi sulla spalla di Gesù, gli chiede: “Signore, chi è ?” Anche Giuda, che è seduto di spalle alla sinistra della tavola (riconoscibile con il sacchetto nero dei denari che tiene con la sinistra), alzando l’indice della mano destra, guardando Gesù sembra dire:”Sono forse io Rabbi?”
L’ignoto autore dell’affresco ha voluto anche riportare due personaggi, che, pur se vissuti prima e dopo, in qualche modo sono legati alla vicenda dell’ultima cena, ponendoli però ai lati del quadro. Sulla sinistra un personaggio che potrebbe forse identificarsi con Aronne, primo sacerdote Ebraico che insieme al fratello Mosè guidarono il popolo Ebraico fuori dall’Egitto. L’evento che si ricorda nelle Pesach ebraica e che quindi ci riporta all’ultima cena di Gesù. Sulla destra del quadro San Paolo di Tarso, l’apostolo missionario, ricordato per le sue numerose lettere tra cui la prima lettera ai Corinzi dove racconta dell’istituzione dell’eucarestia avvenuta nell’ultima cena con l’offerta agli apostoli del pane e del calice del vino, riportando il racconto fatto dagli evangelisti Luca, Matteo e Marco.