LA SINDROME DELLA GABBIA

Gli esperti ci hanno disegnato un quadro preoccupante per quanto riguarda lo stato psichico dei nostri giovani, costretti in larghissima parte a rifugiarsi nelle loro stanze e condividere sentimenti, passioni, preoccupazioni solamente di fronte ai computer e ai tablet

Il 2020 (e il 2021?) è stato (e sarà?) l’ “anno terribile” per i nostri adolescenti. La pandemia ha trascinato i nostri giovani in un periodo che chiamarlo “buio” è sottostimare il disagio che stanno provando. Gli studi effettuati da psicologi e psichiatri dimostrano, se ce ne fosse stato bisogno, che questo periodo pandemico ha colpito un po’ tutti, ma soprattutto i ragazzi. Certo loro non sono stati le grandi vittime del covid 19, ma sicuramente la società li ha resi un poco “i dimenticati” con le ristrettezze della libertà imposte nel tentativo di arginare i danni creati dal coronavirus, a volte letale per gli adulti. Gli esperti, psicologi e psichiatri, ci hanno disegnato un quadro preoccupante per quanto riguarda lo stato psichico dei giovani, costretti in larghissima parte a rifugiarsi nelle loro stanze e condividere i loro sentimenti, le loro passioni e le loro preoccupazioni dinanzi a computer, tablet e cellulari, con i “social” e, in mancanza o quasi di contatti personali reali, rifugiarsi in tragici giochi estremi, in scontri fra giovani – come dimostrano le recenti notizie dai vari telegiornali – nell’uso e abuso di sostanze proibite e nella – non meno pericolosa – solitudine, a volte perniciosa e dalle conseguenze non sempre controllabili e spesso patologiche. L’adolescenza oggi è un’età quanto mai difficile da comprendere in situazioni normali, perché i giovani devono affrontare le prime difficoltà che la vita gli presenta al di fuori degli affetti familiari: le prime amicizie, i primi amori vissuti come se fossero quelli che vivranno per sempre, i primi rifiuti, i primi ostacoli da superare, ma senza amici, scuola, sport, feste e locali dove riunirsi diventa la loro una tempesta che può diventare un uragano incontrollabile. E’ vero che si pensava che la situazione fosse solo temporanea, ma proprio lo spirito “libero e battagliero” dei nostri ragazzi ha reso ancora più drammatico il periodo che attualmente vivono, ora che i sogni si sono frantumati di fronte alla realtà della pandemia ancora presente. L’istruzione in “dad” probabilmente è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, visto che la scuola è il “cardine della vita dei ragazzi”, saltata o quasi da oltre un anno. Ma non solo la mancanza della scuola ha influito negativamente sui nostri giovani – forse uno dei valori più grandi- ma è tutta l’esistenza in lockdown – genitori assenti o in smart working – con il loro mondo domestico violentato che ha inferto agli adolescenti un grosso scossone che durerà chissà per quanto tempo ancora. Un “vulnus psicologico” – così è stato definito dagli esperti – che purtroppo si è trasformato in stress che è il detonatore che accende i disagi psicologici. Sono questi ad alimentare e ad aggravare ogni patologia come “l’abuso di droghe e di alcol, l’autolesionismo, i disturbi alimentari, la violenza verso gli altri, la depressione, che peggiora con l’isolamento, stato personale che avviene durante il lockdown. Togliere la vita adolescenziale – fatta di relazioni, di stare in gruppo con gli amici, di riunirsi dinanzi alla propria scuola, di scherzare, di prendersi in giro – è stato un danno perpetrato in questo ultimo anno e poco più, che inciderà sui ragazzi per molto tempo ancora. E’ stata chiamata dagli psicologi “la sindrome della gabbia“ perché i nostri ragazzi chiusi nelle loro stanzette (se le hanno) devono affrontare un vuoto totale interrotto (non sempre positivamente) da ore e ore dinanzi al computer, al tablet o al cellulare per seguire le lezioni, per i compiti, per videogiocare, per scambiare qualche parola con gli amici lontani, per relazionarsi con i coetanei, per usare i social: conseguenze negative difficili da stimare nel breve tempo. Questi disagi sono stati riscontrati (Università del Vermont in Usa) soprattutto nei giovani più estroversi. L’effetto Covid ha avuto su di loro un impatto maggiormente negativo sui ragazzi dal carattere più aperto e socievole, mentre gli introversi sono riusciti ad affrontare e sopportare meglio le restrizioni. Anche alcune ricerche effettuate da Università e Centri italiani hanno portato a risultati a volte inattesi e sorprendenti: oltre a disturbi legati alla salute mentale, sono stati riscontrati nei giovani, sottoposti allo studio durante le restrizioni, sintomi gastrointestinali, nausea, anoressia e un aumento consistente di uso di bevande ipercaloriche e alcoliche che – secondo i ricercatori – è da attribuire a un chiaro profilo clinico scaturitosi durante il lockdown. Molto spesso questi disturbi psicologici vengono sottovalutati: non siamo solo noi adulti a cambiare “umore”, nonostante molti siano in uno equilibrio psichico perfetto, ma la situazione si aggrava ancor di più nei giovani, che diventano preda di ansia, di stress, di irritabilità e di disturbi – come già accennato – di alimentazione e mentali. Sapere che giorno dopo giorno si rimarrà “ingabbiati” senza poter dare sfogo alle proprie emozioni, senza comunicare, senza socializzare incide profondamente sulla loro salute fisica e mentale. E non “andrà tutto bene”, anzi. Cosa possiamo fare noi genitori, noi nonni? “Osservare i nostri figli e annotare i cambiamenti bruschi e…non lasciarli soli”, lo afferma lo psichiatra e psicoterapeuta Roberto Ravera e aggiunge: ”C’è una responsabilità nell’ignoranza dei genitori”. Di fronte alle numerose ore passate davanti a computer, tablet e telefonini da parte dei ragazzi, “servono conoscenza del mezzo…dei suoi pericoli e regole…Dovremmo essere capaci di immaginare limiti e confini…” sull’uso di questi mezzi, di ciò che succede in rete e delle sfide –soprattutto in questo periodo di pandemia – terribili che ci sono sui social. L’ascolto dei giovani da parte degli adulti è un obbligo di tutti