UN PAESE SENZA RICONOSCENZA

CONVERTIAMOCI AL RINGRAZIAMENTO E ALLA GRATITUDINE PER SENTIRSI MENO INAPPAGATI E SCONTENTI

Non storcete il naso e la bocca dopo aver letto questo articolo. Non fatelo perchè ciò che ho scritto è ben documentato da cognizione di causa e da esperienze che mi sono state raccontate. Questo è un Paese senza riconoscenza! Un Paese in cui la gratitudine non è esercizio quotidiano. Eppure essere grati ci permetterebbe di sviluppare e mantenere livelli adeguati di benessere emotivo, soddisfazione e qualità di vita. Sarebbe una forma di cortesia e di educazione, ma anche un grande valore e uno stile di vita. Essere riconoscenti o grati è l’atteggiamento di chi accoglie quello che viene dall’esterno, soprattutto dagli altri, e lo apprezza come una cosa positiva e buona per la propria vita e per la vita della comunità. La riconoscenza è l’antitesi dell’invidia: chi è grato non è invidioso. Ma in questo nostro sciagurato Paese riconoscenza e gratitudine sono figli minori della stessa madre: l’indifferenza. E’ difficile vivere in un luogo che non riconosce i meriti dei suoi elementi migliori, anzi, che non li considera o li considera al contrario, perchè ingombranti, o perchèfanno ombra. Essere bravi ad Artena è peccato
mortale: si viene considerati presuntuosi, arroganti e antipatici. Il nostro è un paese che tende ad appiattire ogni cosa, esclude l’entusiasmo e mette da parte le eccellenze, le considera fastidiose, non un valore aggiunto ma un disvalore quasi da nascondere. E’ un Paese che si gloria della mediocrità e che cerca di emergere non grazie ai propri figli, ma attraverso gli esterni ma anche in quel caso li sceglie mediocri. Potrei fare decine di nomi di persone che si distinguono nei loro campi, che lo fanno portando lustro e nobiltà alla Città ma che da essa ricevono nulla. Questo è un Paese che ha bisogno impellente e necessario di convertirsi al ringraziamento e alla riconoscenza, alla gratitudine, per crescere e guardare al futuro in un’ottica diversa rispetto a quella di chi pensa sempre di essere in credito, in credito col mondo, in credito con la vita, con gli altri. Così Artena si autocondanna ad essere sempre scontenta e inappagata.