OGGI 4 NOVEMBRE CENTENARIO DEL MILITE IGNOTO

IL NOSTRO COLLABORATORE ALBERTO TALONE RACCONTA LA STORIA DEL SOLDATO ITALIANO RIMASTO IGNOTO

La ricerca delle salme senza nome e la scelta di Maria

Alla fine della grande guerra, in ogni nazione coinvolta, sorse spontanea l’idea di ricordare tutti i soldati morti sui vari fronti, erigendo monumenti commemorativi, cippi o lapidi o con opere di carattere sociale come asili, scuole orfanotrofi, case per anziani ecc.

Con il Regio decreto del 24 agosto 1919 si istituiva la “commissione nazionale per le onoranze ai militari d’Italia caduti nella grande guerra” e l’11 agosto 1921 il parlamento varò una legge sulla sepoltura di un milite ignoto a Roma, affidando al ministero della guerra il compito di ricercare alcune salme di soldati ignoti sparse nei vari fronti.

Per la ricerca fu nominata un’apposita commissione, composta dal colonello Vincendo Palladini che in quel periodo era impegnato nell’opera di esumazione delle salme dal cimitero di guerra sul Pal Piccolo, dal maggiore medico Nicola Fabrizi, dall’ex cappellano militare don Pietro Nani, e dal sindaco di Udine Luigi Spezzotti. Alla commissione fu affiancata una squadra di ricerca, guidata dal colonello Paladini composta da ufficiali medici e militari decorati di medaglie al valore.

Compito della commissione fu quello di girare i vari fronti, alla ricerca di salme senza nome.

La commissione iniziò il proprio lavoro nel Trentino, dove in Val Langarina rinvenne la prima salma.

La seconda venne raccolta nella zona del massiccio del Monte Pasubio in un piccolo cimitero a porte del Pasubio.

La terza salma fu rinvenuta nella zona del Monte Ortigara, il quarto caduto fu riesumato nella zona del Monte Grappa, mentre la salma del quinto caduto fu recuperata da un piccolo cimitero nella zona del Montello.

Da Conegliano partì la ricerca della sesta salma, che si rinvenne a Cà Gamba, quindi la commissione rientrò a Udine con le sei salme.

Con una cerimonia imponente i feretri furono esposti nella chiesetta di Santa Maria degli Angeli in Castello.

Nel frattempo una settimana salma, proveniente dal Cadore, era stata deposta nella chiesetta di Santa Maria degli Angeli.

Il 18 ottobre 1921 le salme partivano alla volta di Gorizia, scortate da ex combattenti, le bare furono portate a spalla dal castello fino a porta Ronchi dove erano pronti gli automezzi, diretti verso Manzano e Gorizia.

Il corteo si mosse quindi verso la “santa Gorizia” dove era atteso in piazza della Vittoria per la cerimonia religiosa e la successiva deposizione dei feretri nella chiesa di Sant’Ignazio, dove sarebbero rimasti fino al giorno 28 ottobre per partire infine alla volta di Aquileia.

Nel frattempo la commissione per la ricerca di altri quattro caduti si rimetteva al lavoro ed il giorno 20 si diresse nell’alta valle dell’Isonzo, con meta il monte Rombon, dove fu esumata l’ottava salma.

I resti del nono soldato ignoto furono invece raccolti sul monte San Michele, zona di cruenti combattimenti.

Anche i resti del decimo soldato furono esumati tra le pietraie del carso nella zona di Castagnevizza del Carso,

Per raccogliere la salma dell’undicesimo e ultimo soldato, la commissione si portò nella zona di San Giovanni di Duino, dove trovò una piccola croce isolata con i resti di un nostro caduto.

Il 28 ottobre, da Gorizia le undici salme partirono alla volta di Aquileia per la cerimonia della scelta del milite ignoto.

Le undici bare furono allineate nella navata centrale della basilica ricoperte dalla bandiera del regno d’Italia sopra di esse fu collocato l’elmetto di guerra, e una corona di alloro.

Dopo vati dibattiti su chi doveva scegliere il soldato ignoto la scelta cadde su una madre, si individuò la vedova Maria Bergamas di Gradisca D’Isonzo la quale ebbe il figlio morto e disperso in guerra, il quale disertò l’esercito Austro Ungarico per essere arruolato nel Regio esercito italiano.

La mattina del 28 ottobre  1921 Maria Bergamas,  vestita a lutto e con un fascio di fiori bianchi entrò nella basilica di Aquilea e incominciò a sfilare davanti alle bare.

Passo innanzi alla prima e alla seconda alla terza si fermo un istante poi passo alla quarta e alla quinta, infine passò davanti alla sesta e alla settima qui ebbe un attimo di esitazione, poi passo alla ottava e alla nona, giunta davanti alla decima gridò a squarciagola “Antonio, Antonio”  il nome del figlio. Pose un fiore e svenne. quello sarebbe stato il milite ignoto!

Il viaggio da Aquileia A Roma e la traslazione all’Altare della Patria

Il milite ignoto viaggiò verso Roma dove giunse il 3 novembre per essere deposto nella basilica di Santa Maria degli Angeli in piazza Esedra.

Il 3 novembre 1921 nel pomeriggio la salma del milite ignoto arrivò alla stazione termini e venne accolta dal Re S.M. Vittorio Emanuele III dalla Regina Elena, dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dalle alte cariche dell’esercito e dai combattenti e reduci decorati di medaglia d’oro.

La bara ricoperta della bandiera sabauda venne collocata su un affusto di cannone, e portata in corteo nella basilica di Santa Maria degli Angeli chiesa nazionale italiana.

Qui venne vegliata tutta la notte dai soldati e dai combattenti e reduci.

La mattina del quattro novembre fin dalle prime luci dell’alba la folla si accalcò nella piazza dell’Esedra per i solenni funerali, in prima fila c’erano le vedove e le mamme dei caduti. Alle ore nove ebbe inizio la funzione funebre officiata dal vescovo castrense Mons. Angelo Bartolomasi primo ordinario militare d’Italia, all’interno della basilica era presente tutta la famiglia reale, i duchi d’Aosta, i Capi di Stato maggiore delle regie forze armate, il Governo e i decorati di medaglia d’oro.

Al termine della cerimonia religiosa iniziò il lungo corteo che portò il milite ignoto all’altare della patria.

La bara venne caricata su un affusto di cannone e percorse via Nazionale fino ad arrivare a piazza Venezia, lungo tutto il tragitto furono schierate le Forze armate e i Corazzieri del Re, dietro alla bara camminavano a piedi il Re la Regina, tutti i membri della famiglia reale, il Governo e i decorati.

Giunti a piazza Venezia la bara venne portata a spalla dai reduci e combattenti decorati di medaglia d’oro.

Qualche settimana prima era stato preparato il sacello dove deporre la bara, ricavando un loculo proprio sotto la dea Roma.

La bara portata a spalla e ricevuti gli onori militari venne tumulata, ad imperitura memoria dell’eroismo e dell’abnegazione del soldato italiano.

Lungo le strade e in piazza Venezia vi era una folla traboccante, i filmati dell’epoca ne testimoniano l’evento, quel giorno si compi davvero l’unità d’Italia.

Con il Regio decreto n.1354 del 23 ottobre 1922, il quattro novembre fu dichiarato festa nazionale.

Probabilmente l’unica festa che possa veramente definirsi tale, in una nazione che troppo spesso si scorda del suo passato.

MOTIVAZIONE DELLA MEDAGLIA D’ORO CONFERITA AL MILITE IGNOTO:

DEGNO FIGLIO DI UNA STIRPE PRODE E DI UNA MILLENARIA CIVILTA’. RESISTETTE INFLESSIBILE NELLE TRINCEE PIU’ CONTESE.

Alberto TALONE