A TRENT’ANNI DALLA TRAGEDIA DELLO SCUOLABUS

Sergio Talone, l'autista dello scuolabus

ERA MERCOLEDI’ 18 DICEMBRE 1991, QUANDO IL RIMORCHIO DI UN GROSSO CAMION COLPI’ IN PIENO IL PULMINO GUIDATO DA SERGIO TALONE. CON LUI MORIRONO, CESIRA, FABRIZIO, FEDERICA E RICCARDO, QUATTRO RAGAZZE CHE SE NE TORNAVA A CASA DOPO LA SCUOLA

Sabato 18 dicembre, saranno 30 anni dalla tragedia dello scuolabus. Sembra ieri, eppure sono passati tre decenni da quello che è stato il giorno più brutto e tragico della storia moderna di questa Città.

Quella tragedia non viene mai ricordata abbastanza, e quei ragazzi e l’autista del mezzo, non hanno avuto l’attenzione che in casi come questi è necessaria.

Qualche tempo fa, uno dei ragazzi che erano all’interno di quel pulmino e che ha subìto conseguenze serie dall’incidente che, fortunatamente, ha ormai superato, mi diceva che non era per nulla felice che si ricordasse quel giorno, perché ogni volta “rileggere quei ricordi è come un coltello che penetra profondamente nella carne restandoci a lungo”.

E’ un pensiero che rispetto, soprattutto perché proprio di un interprete, suo malgrado, di quella tragedia, una persona che c’era dentro a quel pulmino, uno che ha sentito le urla e i pianti. Una persona che ha sentito la sofferenza e l’ha vista negli occhi degli altri ragazzi. Non ricordare quel momento, però, parrebbe non avere rispetto per quelle cinque anime volate in Cielo così prematuramente.

Io personalmente desidererei che l’intera comunità di Artena ricordasse quei nomi e quei volti: Cesira Di Cori, Riccardo Luffarelli, Fabrizio Scaccia, Federica Talone e Sergio Talone. C’è chi conosce i nomi (chi nemmeno quelli) ma non sa che faccia avessero. Può andare a conoscerli facendo una visita al mausoleo che il Comune realizzò all’indomani della tragedia, e dove riposano tutti e cinque. Sui marmi ci sono le foto. Andate a conoscerli, state cinque minuti con loro, pregate oppure no, ma state insieme a loro, fategli compagnia.

A conoscerli dovrebbero essere soprattutto i ragazzi delle scuole medie, quelli che siedono sugli stessi banchi su cui hanno studiato Cesira, Fabrizio, Federica e Riccardo. La scuola di Artena dovrebbe essere dedicata a loro che sono morti nel compimento del loro dovere. Le strade o le piazze dovrebbero essere dedicate a loro e non un largo anonimo di fronte all’edificio scolastico, intitolato alle “Vittime del 18 dicembre 1991”.

Uno spazio talmente anonimo indicato da una targa altrettanto anonima: “Vittime del 18 dicembre 1991”, senza specificare chi sono le vittime e senza specificare cosa è accaduto il 18 dicembre di quell’anno.

Ma gli artenesi lo sanno! Direte voi. Io non sarei così fiducioso di questa affermazione. Certo quelli di certe generazioni lo sanno, ma quelli che hanno trent’anni (anche quaranta) o di meno? I tanti forestieri che abitano ad Artena, ad esempio, conoscono la storia? E i loro figli?

Quel giorno di trent’anni fa c’era cattivo tempo fin dalla mattina presto. Una pioggia fastidiosa e fredda non aveva mai smesso di cadere, costringendo a chiudere molto prima il mercato settimanale del mercoledì. Il cielo sopra Artena era scuro, quasi a presagire ciò che sarebbe accaduto. La scuola sarebbe stata aperta ancora per un paio di giorni: le vacanze natalizie sarebbero state anticipate al venerdì 20 e quindi i ragazzi già erano proiettati alla pausa.

A mezzogiorno e mezza i pulmini scuolabus cominciarono ad arrivare e parcheggiare nel piazzale antistante l’edificio.

Sergio, l’autista di uno dei mezzi, si collocò alla fine della fila: sarebbe partito per ultimo come tutti gli altri giorni.

I ragazzi cominciarono a salire sui pullman. I primi si misero seduti, quelli che arrivarono più tardi rimasero in piedi, ma non era un problema, il giro sarebbe durato, come sempre, non più di un quarto d’ora, il tempo di arrivare dalla scuola al Colubro, attraversando via Giulianello, l’Abbazia, la Fossa, fino alle due piazze della Contrada.

Via Giulianello era una strada terribilmente pericolosa. Appena un mese prima una donna, che se ne tornava a casa, era stata investita ed era morta. A nulla erano valse le rimostranze delle persone del luogo e del Comune che protestò vibratamente con gli Enti preposti affinchè la strada fosse resa meno infame. Vi era soprattutto un tratto, una curva, quella che si conosceva come la curva della Madonnella, che era davvero inquietante da affrontare. Era un inghiottitoio a forma d’imbuto, con la strada che si ristringeva in una doppia curva destra-sinistra.

Sergio quella curva la conosceva perfettamente perché vi transitava tutti i giorni e non solo per il trasporto dei ragazzi, ma anche perché lui ci abitava al Colubro, e quella strada la doveva fare praticamente sempre.

All’una e mezzo Sergio arrivò di fronte alla curva, rallentò fino quasi a fermarsi, scalò la marcia e lentamente s’immise nel tratto a zig-zag.

Dalla parte opposta arrivava un camion con rimorchio. Un bisonte che aveva appena finito di scaricare la merce, quindi viaggiava vuoto in balia delle curve e degli avvallamenti. L’autista di quel camion era della provincia di Latina e stava andando a fare l’ultimo carico prima di tornarsene a casa.

I due mezzi s’incontrarono proprio a metà curva. Sergio stava entrando nell’ultimo tratto mantenendo la sua corsia, mentre il camion quel tratto lo aveva già sorpassato. Gli sguardi dei due autisti sicuramente s’incontrarono in un decimo di secondo, ma un decimo di secondo dopo il rimorchio del camion sbandò, invase la corsia opposta e colpì in pieno il pullman che riportava gli scolari al Colubro.

Qualcuno disse che Sergio riuscì a dire: “Attenti ragazzi”, e poi il fracasso coprì ogni altro rumore. L’impatto fu talmente violento che il botto si senti fino sul Colle del Selvatico.

I primi soccorsi arrivarono dopo alcuni secondi dallo scontro, erano tutte quelle persone che abitavano vicino al luogo dell’incidente.

Di fronte trovarono il pulmino completamente squarciato, ma la cosa che più li fece rabbrividire fu quell’attimo di silenzio e poi le urla e i pianti di tutti quei ragazzi che restarono nelle orecchie dei soccorritori per mesi.

Sergio era morto sul colpo, probabilmente senza nemmeno accorgersene. Gli altri furono portati in ospedale.

Nel tardo pomeriggio Artena cominciò a capire la reale portata della tragedia, inimmaginabile fino ad allora.

Per qualche anno dopo l’incidente, la scuola, di concerto al Comune, ha ricordato ogni 18 dicembre quella giornata, era stata addirittura istituita una borsa di studio in memoria delle cinque vittime.

Poi tutti hanno dimenticato. Solo un paio di anni fa si è tornati ad omaggiare le vittime di quell’incidente così grave.

Quest’anno si effettueranno manifestazioni alla scuola, ma anche sul luogo della tragedia, dove il comitato interzonale Via Giulianello casata Tuttavilla, scoprirà un monumento dedicato alle vittime della tragedia.

Chiedo da questo periodico, inoltre, che l’amministrazione pubblica si faccia parte diligente e verifichi la possibilità di dedicare una strada o una piazza ad ognuna delle vittime, e non come è oggi un anonimo piazzale con un’altrettanta anonima targa. Me lo aspetto, se lo aspetta la comunità locale.