UN LINGUAGGIO ASSIOLOGICAMENTE INDIFFERENTE

Nell’epoca in cui una parola è una montagna e basta a travolgere Woody Allen, Cristoforo Colombo, Dante e Montanelli il politicamente corretto impone di epurare il linguaggio e di adottare espressioni e comportamenti deliberatamente più neutri, “freddi” e assiologicamente indifferenti. L’opinione espressa dovrà dunque apparire scevra da ogni tipo di pregiudizio razziale, etnico, religioso, di genere, di età, di orientamento sessuale, o relativo a disabilità fisiche o psichiche della persona nei confronti di categorie considerate come discriminate.
L’uso dell’espressione politically correct nell’accezione corrente viene ricondotto a un movimento politico della sinistra statunitense attivo negli anni ‘30 per il riconoscimento delle minoranze etniche, religiose e politiche. Ma Politically Correct é anche il successivo movimento ideologico d’ispirazione liberal e radical delle università americane che, alla fine degli anni ‘80, proponevano la riduzione di alcune espressioni linguistiche discriminatorie nei confronti delle minoranze: così Afro-Americans sostituì blacks, niggers e negros, mentre gay subentrò a sodomite e faggot, cioè sodomita e finocchio.
Ma il politicamente corretto non si scaglia solamente contro il linguaggio: più volte infatti il fenomeno ha preso la forma della iconoclastica, cioè della lotta contro le immagini, poiché è difficile assolvere memorie di un passato così odioso solo in nome della storia. Celeberrimo è infatti l’esempio del movimento Black Lives Matter in America che abbatté e danneggiò gravemente diverse statue, fra le quali quelle di Cristoforo Colombo e Jefferson Davis. Analogamente in Italia in occasione della festa della donna venne imbrattata a Milano la statua di Indro Montanelli. Così la cancel culture è disposta a riportare indietro le lancette della storia e a riscriverla a piacimento. Ai nuovi talebani del pensiero non interessano realmente le dinamiche, i documenti e le prove storiche perché la sentenza è già stata scritta e il radicalismo fa a pugni con la ragione, l’equilibrio e il buon senso. Un atteggiamento tipico di chi promuove un’ideologia totalitaria che non ghigliottina ma riduce anticipatamente al silenzio utilizzando gli strumenti del boicottaggio e della censura, in nome del mito della purezza incontaminata da qualsiasi macchia, persino dal dubbio.
Un possibile fattore genetico del politicamente corretto potrebbe essere una sorta di mutazione alla quale è andato incontro il pensiero progressista negli ultimi decenni: se, fino agli anni ‘50/‘60, l’attenzione delle sinistre marxiste era pressoché rivolta alle questioni socio-economiche come il superamento dell’eccessiva disuguaglianza fra le differenti classi sociali e l’accesso di tutti i cittadini, soprattutto i meno abbienti, ai diritti fondamentali, dagli anni ‘60 ad oggi l’attenzione dei progressisti si è bruscamente traslata da questi temi a quelli di natura ideologico-intellettuale come, soprattutto, l’iper-ambientalismo e le battaglie Lgbt. Così, se ciò che conta non sono più gli enti reali nella loro sostanzialità ma le parole dell’uomo, é inevitabile che l’attenzione si rivolga in misura pressoché esclusiva ai modi di manifestazione del pensiero piuttosto che agli oggetti reali del pensare: da ciò nasce l’attenzione quasi maniacale verso i toni e gli strumenti di trasmissione delle idee, prima ancora che verso i contenuti delle idee medesime. In tal modo la società del politicamente corretto è subito pronta ad incasellare la nostra persona all’interno di categorie stereotipate come il progressista, il populista, il sovranista, il maschilista, il reazionario, senza più alcuna onesta attenzione verso l’intrinseca razionalità o irrazionalità di un determinato contenuto di pensiero.
Nel saggio Politics and the English Language del 1946, George Orwell sostiene che il decadimento del linguaggio sia la diretta conseguenza del declino politico, economico e culturale della nostra civiltà; a tal riguardo il pamphlet riporta alcuni esempi linguistici dell’epoca, dimostrando come la lingua inglese sia andata incontro a gravi fenomeni di usura o di ipertrofia quali l’utilizzo superfluo di parole straniere, la ridondanza di sinonimi e, ancor più, la trasformazione di concetti chiarissimi– ma politicamente “scomodi”– in corrispondenti perifrasi eufemistiche apparentemente più garbate ed eleganti, ma in verità ricche di ipocrisia ed equivocità. In tale breve ma densa analisi è racchiusa, secondo i più, una geniale profezia del politicamente corretto, il quale si sarebbe fatto strada progressivamente all’interno della civiltà occidentale sino a divenire oggi, dopo oltre settant’anni dalla morte di Orwell, un fenomeno globale apparentemente inarrestabile.
In conclusione è evidente che il rispetto reciproco fra le persone, le culture e le religioni richieda necessariamente uno studio razionale della realtà e un profondo spirito di carità e sacrificio, il quale deve essere essere continuo e ininterrotto, poiché altrettanto continua e ininterrotta è l’evoluzione dei tempi e dei popoli. Viceversa, il politicamente corretto rappresenta una forma di riduzionismo paradossale il quale può creare tutt’al più situazioni di apparente “silenzio sociale”. Inoltre, se la realtà è variegata, altra e differente, ogni opzione che pretenda di neutralizzare a tavolino tale molteplicità è probabilmente destinata a produrre effetti collaterali ben peggiori rispetto ai mali che, in ipotesi, si proponeva di curare.

ALLEGRA PERUGINI