Una ricorrenza che agli artenesi sta molto a cuore e che rappresenta la più grande tragedia accaduta nella Città negli ultimi due secoli. L’Amministrazione Pubblica la ricorda ogni anno, anche se l’emergenza sanitaria ha di molto affievolito le presenze
Come ogni anno anche in questo 2022 ricordiamo il giorno più drammatico, di morte e di distruzione, della nostra Città.
Sono trascorsi 78 anni da quel lontano 31 gennaio 1944, e i ricordi e la memoria vanno sempre più scemando, i sopravvissuti di quell’evento non ci sono quasi più, e questo giorno sta divendando un appuntamento quasi obbligato per quelle povere vittime, anche se la realtà ci dice che ogni anno che passa partecipano sempre più poche persone, auspico di sbaliarmi. La memoria di questi eventi va conservata e tramandata altrimenti faremmo un doppio torto a chi in quel giorno ha perso la vita.
Lunedi 31 gennaio 1944, raccontano le cronache, era una giornata assolata quasi un anticipo di primavera. La gente quel giorno approfittando del bel sole, uscì dai ricoveri e andò, nel pomeriggio, presso Santa Maria e nelle sue vicinanze.
Nessuno poteva immaginare che da lì in poco tempo si sarebbe scatenato l’inferno, anche perché Artena fino ad allora era stata risparmiata da cruente battaglie .
Verso le 15,30, improvvisamente, si sente il suono delle sirene di Colleferro e un rumore assordante di aerei, sono 24 bombardieri americani che provengono da oriente, che si dividono in due formazioni, una va verso Palestrina e un’altra punta ad Artena.
In un attimo ci fù il panico, le persone presenti sul pianoro di Santa Maria incominciarono a correre da tutte le parti. Il Collegio Serafico con i superiori i trovavano nelle vicinanze della Chiesa, poiché i tedeschi avevano requisito il convento che era stato adibito ad ospedale militare.
In un attimo, il Padre Maestro richiamò con il fischietto i fratini e si portarono tutti dentro la Chiesa. Incominciarono la recita dell’Ave Maria, ne recitano soltanto due, alla terza la chiesa venne bombardata e rasa al suolo, seppellendo tutti quelli che vi avevano trovato rifuggio.
Immaginiamo, subito dopo il bombardamento, le urla, i gemiti, le richieste di aiuto, lo spettacolo desolante e raccapricciante per chi arrivò subito sul posto
La chiesa era completamente distrutta, le macerie erano fumanti, i corpi sparsi. Il bilancio delle vittime fu di tre sacerdoti, nove fratini e alcuni civili orribilmente cadaveri, e numerosi feriti.
Il Padre Corrado Vitelli, fratello gemello di Don Amedeo, che per caso i trovava ad Artena in quei giorni, nel tentativo di salvare alcuni fratini con il suo corpo, fù colpito alla schiena da una grossa trave e morirà poco dopo nell’ospedale militare del convento.
I morti furono portati al comune e i feriti furono trasportati nell’ospedale di Anagni di Velletri e di Latina, poiché quello di Colleferro ancora non era stato costruito.
Il Padre Rettore del collegio serafico, Fra Igino Franciosi, si trovava in quel momento in convento. Appena sentito il rumore degli aerei e visto il fumo vicino alla chiesa si precipito subito a Santa Maria, appena arrivato lanciò un urlo lacinante si inginochiò e disse: “figli….. figli miei che dirò ora alle vostre mamme” poiché lui era il custode di questi ragazzi, ed ebbe un malore.
L’arciprete mons. Angelo Gentilezza che fù parroco di Santa Maria per 43 anni, era intento a recitare l’ufficio divino nella chiesa di Santa Croce, sentito quel grade fragore e subito ripresosi, volle portarsi a Santa Maria, ma arrivato a For de porta si fermò e non ebbe più la forza di proseguire, vedendo i morti e i feriti che venivano trasportati al municipio.
Tornato nella propria abitazione fù colto da malore, e dopo qualche giorno fù portato a Roma, nella casa di suo cugino il magistrato Ugo Aloisi, dopo qualche mese affranto dal forte dolore per la distruzione della sua amata chiesa, come soleva dire, rese la sua anima a Dio.
Saresti troppo crudele, o Regina dei cimiteri, se dietro a te, non volasse l’Angelo di Dio, per raccogliere e anime degne del cielo. Saresti troppo crudele, se dopo la notte di dolore che porti con te, non venisse l’aurora dei cieli eterni. Troppo crudele, se dopo il pianto di una madre non venisse, come celeste certezza il conforto della Croce.
Alberto TALONE