CONFLITTO IN EUROPA. LA RACCOLTA MIRACOLOSA

IL PROGETTO DI ALCUNI RAGAZZI DEL SERVIZIO CIVILE DI ARTENA PREVEDEVA L’OSPITALITA’ DI FAMIGLIE PROVENIENTI DALL’UCRAINA. ERA STATO SCELTO L’EX CONVENTO DEI FRATI ANCHE CON L’AVALLO DEI SUPERIORI DEL L’ORDINE. PER QUESTO E’ INIZIATA UNA RACCOLTA CHE E’ STATA FIN DA SUBITO PORTENTOSA. ORA TUTTO IL MATERIALE E’ STATO PORTATO NEI CENTRI DI ACCOGLIENZA SEGUITI DA PADRE DOMENICO DOMENICI

Con l’inizio dell’emergenza della Guerra tra Russia e Ucraina, tutto il mondo si è ritrovato sconvolto. Dopo due anni di pandemia alle spalle e una ripresa – se pur lenta – della vita, una guerra alle porte dell’Europa era ciò di cui non avevamo bisogno.
Chiunque si è immedesimato in quelle famiglie, chiunque si è rattristato nel vedere il volto dei bambini spauriti, di quello mamme che segnavano sulla pelle dei propri figli il gruppo sanguigno o di quei papà e mariti costretti a lasciare famiglia ed arruolarsi. Così ogni paese si è mosso nella speranza di raccogliere quanto più possibile da poter mandare in Ucraina: cibo, coperte, vestiti.
Da subito, noi, gruppo di ragazzi del servizio civile, ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare. Ad Artena niente si è mosso finché non abbiamo deciso di muoverci noi per dare il via a quello che sarebbe ben presto diventata una catena di solidarietà neravigliosa.
Nella prima metà di marzo abbiamo pensato che non ci sarebbe bastato fare una raccolta di generi alimentari. Avremmo voluto fare di più, avevamo la voglia di fare di più. Così il progetto iniziale fu pensato in grande. Volevamo creare un centro di accoglienza per le persone che scappavano dalla guerra. Trovato il posto e parlato con chi di dovere, trovato, inoltre, l’appoggio di chi ci avrebbe aiutato ad accogliere perché rappresentava un servizio svolto per anni, abbiamo indetto una raccolta di generi alimentari per avere un punto da cui partire che ci avrebbe aiutato a cominciare. Questo perché il nostro unico vincolo era quello di dover aspettare che la Caritas Diocesana smistate gli arrivi nei diversi centri di accoglienza, fatto questo che sarebbe potuto avvenire da un momento all’altro (non essendo noi accreditati ci siamo potuti solo mettere a disposizione come volontari per mandare avanti il progetto che di base però, come è giusto che sia, doveva essere eseguito da chi aveva conoscenze in campo).
La raccolta ha dato i suoi frutti, a oggi abbiamo quantificato una enormità di cibo che ci è stato donato, di coperte, dicose indispensabili all’igiene intima. Una catena di montaggio che non aveva fine. Noi ragazze accoglievamo le persone e le cose che portavano, i ragazzi facevano il sopralluogo delle stanze nel cercare di capire di quale manutenzione necessitassero. Le stanze erano quelle dell’ormai ex Convento francescano (era questo il posto designato per attivare il centro accoglienza). Le persone che si sono recate lì non ci hanno solo portato generi di prima necessità, si sono resi partecipi nel caso il progetto fosse partito (e tante altre lo hanno fatto anche tramite le nostre pagine social nate in quei giorni), ci hanno dato coraggio, suggerimenti e consigli e ci hanno anche regalato una bellissima pausa caffè e cornetto.
Nei giorni a seguire della raccolta abbiamo catalogato tutto, contato ogni cosa ci fosse stata portata e sistemata negli scatoloni.
Questo non solo perché poteva tornarci utile per un orgazzazione migliore, ma anche perché fin dall’inizio siamo stati chiari che ciò che ci era stato donato, anche se il progetto non fosse partito, sarebbe sicuramente andato nelle mani di chi avrebbe saputo farne buon uso, tutto questo entro fine aprile. E chi meglio di Padre Domenico Domenici? Si, perché purtroppo, come detto sopra, il nostro tempo limite era fine aprile e purtroppo il nostro progetto non è riuscito a decollare come volevamo. Ce l’abbiamo messa tutta, probabilmente chi ci doveva supportare lo ha fatto poco, probabilmente non ha creduto in noi e nella nostra determinazione.
Così in questi giorni passati ci siamo recati a Valmontone, nello specifico nel Convento Francescano dove ci ha accolto Padre Domenico, frate francescano al quale dobbiamo dire grazie per i consigli che ci ha dato all’inizio essendo lui praticissimo di centri accoglienza gestendone uno proprio lì. Oltre ad essere stato l’anima dell’accoglienza di profughi africani provenienti dal Corno d’Africa negli anni ottanta ad Artena.
E’ li, nel convento dove è di stanza padre Domenico, che abbiamo scelto di donare le cose ricevute nella raccolta. Abbiamo scelto lui per il semplice motivo che è un contatto diretto con queste persone. Infatti in questo momento ospita 4 persone di nazionalità Ucraina, ma dall’inizio dell’emergenza ne ha ospitate circa 20.
Per me, ma credo anche per i ragazzi che hanno partecipato con me in questo progetto (Jacopo Giuseppe Felici, Aurora Ippoliti, Leo Latini, Niccolò Pecorari, Sara Caratelli, Sara Fabiani, Mario Frate Marco Zela e Jacopo Palone) l’esperienza è stata molto forte.
Vedere il consenso di Padre Domenico, sentirlo fiducioso nei nostri confronti, la solidarietà che le persone ci hanno dato, è stato per noi un importante esperienza di vita.
Mi sento di ringraziare tutti, dal primo all’ultimo partecipante, che ci ha sostenuto, che ha creduto in noi e che ha reso possibile questo piccolo sogno.

Elena MELE