LA GROTTA DEL CATAUSO

UNO DEI LUOGHI PIU’ ICONICI DELL’INTERO COMPRENSORIO DI ARTENA

I monti Lepini, chiamati così dagli antichi Romani, perché impressionati da queste montagne dall’aspetto roccioso e scosceso, gli dettero questo nome: LEPINUS= PIETROSO.
In questo paesaggio montano, si evidenziano i fenomeni carsici con una profonda corrosione superficiale delle pietre isolate sul terreno, che si spaccano fino a formare lame taglienti, oppure in altri casi, si stratificano con regolarità e formano gradinate, come se la loro formazione fosse artificiale. Ovunque affiora questo tipo di roccia, che si presenta in lastre, massi o spuntoni, dove, alcune volte, è anche difficile camminarci sopra. Alcune volte, sulle superfici di queste montagne si vedono solchi, come rettilinee di strade, che segnano con le loro depressioni le superfici delle montagne che per la loro lunghezza vengono comunemente chiamati “Campi Solcati”. Su questi monti, frequenti sono i sprofondamenti che formano le doline dalle forme e le dimensioni diverse e numerose sono le grotte. Ed è in questo territorio, con queste caratteristiche che si trova il paese di Artena, costruito tra due cavità carsiche. Suggestiva è la panoramica del paese vista dal versante della valle del Sacco, per il prospetto del paese, costruito come in una quinta di teatro, con le case addossate una sull’altra e con in primo piano la voragine carsica della “prece”. Mentre un’altro impressionante imbuto carsico sul lato opposto della montagna, dona al paese una veduta straordinaria con la chiesa di S. Croce e le case costruite proprio sul bordo del precipizio. Numerose sono anche le piccole grotte e gli anfratti all’interno del paese, alcune delle quali ancora oggi vengono usate come un tempo per tenere vino e alimenti al fresco durante l’estate. Altre grotte hanno il loro orifizio nella montagna intorno ad Artena, come per esempio quella “dell’Eremita” a casal di Mondo, un’ altra a Maiotini, un’altra ancoro vicino la strade del Selvatico ma quella più conosciuta e certamente quella del”CATAUSO”.
Così viene chiamata la caverna che si è formata su una linea di fessurazione del deposito calcareo, che ben si distingue su tutto il versante di nord-ovest della montagna, sotto le mura di cinta della Civita di Artena, con una linea depressa lunga circa 400 metri e larga 9-10 metri, il cui piano può far pensare al tracciato di un’antica strada, ma che in realtà è un campo solcato. Ed è appunto dal crollo di copertura di una parte di questo campo solcato verso la sua estremità, che si è formata una paurosa cavità, entro la quale, tra le pareti a picco che salgono a quasi 30 m. di altezza, coperte dalla vegetazione che si aggrappa al suo interno, ci si addentra per quasi 70 m. tra i macigni caduti al suo interno, per poi trovarsi di fronte la parete di fondo, nella quale in basso si apre l’ingresso della grotta da dove si entra e si prosegue al suo interno verso monte. L’ingresso, oggi poco più alta di un metro, anno dopo anno si sta abbassando sempre di più a causa della terra e i detriti che cadono dalla montagna, e tra qualche anno sarà completamente coperto e non sarà più possibile accedere all’interno della grotte. Questa caverna, già descritta alla fine del 700 da padre Tommaso da Montefortino, la ricorda con suggestione nel suo manoscritto e vi ipotizza una sua utilizzazione remotissima per la storia dell’uomo in questo territorio e accenna alla sorgente che scaturiva nella sua cavità, descrivendo il luogo come al suo tempo era ancora rifugio di uomini e animali, e aggiunge, come riferito da chi con coraggio vi si era infilato dentro, che la grotta si addentrava nella montagna con più ambienti.
La grotta è stata esplorata ben due volte dal Circolo Speleologo Romano, la prima volta nel 1926 e nuovamente nel novembre del 1972 dagli speleologi Fiorentini e Trovato, e in quell’occasione fu realizzato un rilievo planimetrico e realizzarono una scheda catastale della grotta con alcune sue caratteristiche, che riporto in parte: “….la grotta è originata da dioclasi ( frattura rocciosa) ben visibile anche all’esterno. Da segnalare nell’androne d’ingresso la presenza di numerose scritte, alcune delle quali sembrano antiche. ..all’interno della cavità calcarea è presente abbondante stillicidio che lascia un velo d’acqua sul fango…..tra alcuni massi rocciosi crollati,in alcuni punti si affonda a mò di sabbie mobili, specialmente nella parte destra dell’ingresso,…per entrare servono stivali alti fino al ginocchio. Nell’ambiente è presente una colonia di circa 40-50 esemplari di Rhinolophus ferum-equinum.
(Un pipistrello della famiglia dei Rinolofidi comunemente noto come “ferro di cavallo”)
Non si può sapere cosa possa nascondersi in questa caverna di antico e che tipo di frequentazione ne possa essere stata fatta. Certamente, in un luogo così arrido, la sorgente deve essere stata di fondamentale importanza per la vita della città della “Civita” che sorgeva a poca distanza, ma si potrebbe anche ipotizzare che la grotta possa aver accolto una frequentazione dell’uomo anche in epoche molto più antiche, prima della fondazione dell’abitato della “Civita”.
Oggi l’interno della grotta si presenta come un grande camerone lungo circa 40m. E largo circa 12 m. con un’altezza che va dai 2 m. agli 8m. Il fondo è fangoso e coperto da un velo d’acqua. Alcune pareti della grotta sono recentemente crollate, forse anche a causa delle mine fatte brillare dalla vicina cava. In alcune rocce ancora affiora un leggero stillicidio e l’acqua che zampilla va a formare piccole stalattiti. Il buio e il silenzio all’interno della grotta, rotto solo da qualche goccia d’acqua che cade sulle pozzanghere fangose, le alti pareti esterne ricoperte da lussureggiante vegetazione, il luogo così isolato, rendono tutto questo suggestivo.
Ed ora per concludere, uniamoci al gruppetto di alunni, guidati dal direttore e maestro delle elementari Ermanno Colazza, mentre porta i suoi alunni a fare visita alla grotta. (riportato nel suo libro del 1972)
“….Ridiscendiamo verso un ripido pendio, dove molti ciottoli e grandi blocchi di sassi, ostacolano il nostro cammino….troviamo finalmente un’apertura: un piccolo monte spaccato. Attenzione bambini!…siate cauti ad aggirare la fenditura poiché potreste precipitarvi dentro!…ecco, ci siamo: siamo finalmente giunti alla grotta del “Cataoso”..E’ meraviglioso….sembra di entrare nella grotta dei Ciclopi….E’ strano poi come le due pareti aperte della grotta a strapiombo e sul cui picco vi sono alberi, ricchi di vegetazione,..stiamo li, fermi e immobili, mentre un vivido ed intenso raggio di luce ne illumina l’apertura. Ecco, ..entriamo..è buio, perché ad un certo punto la fenditura è chiusa ed un altro cavernone oscuro ci attende. Ragazzi, svelti! Accendiamo le pile o quei moccoli che ci siamo portati con noi… E’ veramente impressionante…Le pareti della caverna, incominciano a rischiararsi sempre meno confusamente….Ecco, sembrano ridde di fantasmi quelle masse concrezionate, che si sono formate in quelle pareti calcaree, attraverso l’ eterno sgocciolamento della volta di acque calcaree ed attraverso le continue infiltrazioni, le quali in seguito alle evaporazioni, perdono l’anidride carbonica e depositano questa sostanza calcarea, creano tubi conici filiformi..quasi a gioco di “ninfe”!
Vedo…ragazzi, la vostra sorpresa e..chissà quante volte anche questa grotta sarà servita quale nascondiglio di briganti…”