CHI VUOLE E PERCHE’ IL BIOMETANO AD ARTENA?

In questi ultimi tempi non c’è stato alcun ragionamento politico e nessuna regolamentazione sul biogas, sul compostaggio industriale e sulla produzione di energie dai rifiuti organici. In questa trascuratezza, progettisti, consulenti e società girano facilmente, tra le contrade e le campagne della provincia

Mercoledì 14 settembre la Green Park ambiente S.r.l. di Piero Perciballi è tornata al tavolo della Regione Lazio per una conferenza dei servizi necessaria al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale per l’impianto biometano previsto al Colubro. La riunione si è svolta online, in rappresentanza della Regione c’erano l’ingegner Leone, dirigente dell’area A.I.A. e Eugenio Monaco, funzionario regionale per gli impianti di compostaggio. La Green Park ambiente, come nell’ultima conferenza dei servizi, si è presentata con tutti i suoi progettisti e consulenti, tra cui i tecnici di Smea, società di San Marino che ha disegnato sin dall’inizio questo impianto. Presente anche il socio di minoranza, Vittorio Benedetto Borghini, che con il suo 10% sta aiutando l’artenese Perciballi in questo progetto. Borghini, lo ricordiamo, ex generale dei carabinieri e già dirigente dei cimiteri capitolini è un nome legato all’Ama nell’era complicata e piena di zone grigie del direttore Giovanni Fiscon. Per il Comune di Artena c’erano i responsabili dell’ufficio ambiente, presenti anche i tecnici dell’area metropolitana di Roma. Dal 2015, anno in cui è stato presentato questo progetto – e anno in cui nasce la Green Park ambiente – l’ossatura di questo impianto ha avuto alcune modifiche: dai rifiuti in entrata, passando per le tonnellate da lavorare (dalle 70mila iniziali si è arrivati a 50mila), fino ad alcune verifiche e adempiti richiesti dalla regione. Alcune variazioni sono il risultato delle critiche e degli approfondimenti di chi in questi anni ha deciso di mettere in discussione l’impianto di Perciballi. Altre modifiche all’impianto sono arrivate dai tecnici Arpa e dagli uffici regionali, che a oggi ancora chiedono alcune garanzie e cambiamenti al proponente. Il comitato no biometano, gli ambientalisti, l’associazionismo di base e alcuni residenti del Colubro; un fronte composito e variegato che ha portato sul tavolo della Regione una serie di criticità, tra cui l’impiego di fanghi di depurazione, l’inadeguatezza della zona scelta e un grande scollamento tra progetto e territorio. In questi anni la protesta popolare e gli incontri del comitato No biometano sono stati occasione di divulgazione sull’impianto, mentre i consigli comunali di Artena hanno decretato la sconfitta della politica locale. L’opposizione in consiglio comunale, da sempre per il No, ha visto aumentare i suoi numeri anche grazie all’opacità che ha contraddistinto la maggioranza di Felicetto Angelini su questa vicenda. Scacchi, Angelini lo diranno con delle lettere pubbliche, Bucci e Saucelli con il silenzio. E chi resta? Contrari? Favorevoli? È in un interstizio tra queste due posizioni che troviamo il sindaco, l’assessore Scaccia e l’allora vicesindaco Talone. Basti pensare che nel 2020 uno degli ultimi atti del governo Angelini, poco prima del terremoto politico generato da Feudo, è stato proprio il parere positivo per l’impianto biometano. Parere tecnico, sarà la giustificazione, ma lo stesso cambio di idea, oltre a segnare un’insufficienza politica, resterà lì fissato su carta come sintesi finale di assessorati evanescenti, incapaci di attraversare conflitti, complessità e sfide importanti, come appunto quelle della gestione dei rifiuti e dell’economia circolare. Nelle riunioni tecniche tutto questo non c’è, perché in fondo in quella sede va dato il via libera a una documentazione, vanno fatte verifiche e aggiustamenti attorno a una tecnologia che varia ogni anno.

QUESTIONI DI PARTICELLE E LA DIFFIDA DELLA FAMIGLIA BORGHESE
Durante l’ultima conferenza dei servizi è anche emersa una nuova voce contraria all’impianto. La voce della famiglia Borghese. Secondo gli eredi del “principe nero”, Juno Valerio Borghese, alcuni terreni sono di loro proprietà, tanto che il 9 settembre arriva in Regione una loro richiesta di sospensione di ogni iter progettuale perché la Green Park Ambiente “non è proprietaria della particella di terreno n.106”, si legge nei documenti con visura catastale. Su questo punto la Regione Lazio ha chiesto chiarimenti alla Green Park Ambiente, che anche in questo caso non concede chiarezza e risposte. “Si chiede al Comune di Artena ed alla Regione Lazio di volere intervenire con la massima urgenza, si rappresenta altresì che in mancanza di immediato riscontro alla presente ed in caso di eventuale inerzia, gli eventuali danni derivanti agli eredi Borghese, dalla trasformazione dei luoghi, saranno richiesti anche ai medesimi Enti Pubblici”, si legge ancora nel verbale. Dal 2015 a oggi, l’afonia del proponente è stata l’unica costante; l’assenza di voce della Green Park Ambiente è ormai un’ordinaria anomalia, quasi quanto la situazione del Comune di Artena. Ci sono una serie di ottemperanze richieste a questa realtà imprenditoriale che dovrebbe essere oggetto di un dibattito politico, cittadino, e che in generale necessitano di un approfondimento fuori le stanze degli uffici dei tecnici della Regione.

I NODI DA SCIOGLIERE
Questa centrale dovrebbe lavorare rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata (non è specificato da quali comuni, da quale territorio) ma il compost e il biometano prodotti, come l’intero progetto, devono essere “a sostegno del settore agricolo, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”, si legge nei documenti della Regione. Questo punto non è ancora stato dimostrato, come restano ancora nel buio dati e collegamenti tra questo impianto e il piano rifiuti regionale. Da cinque anni a questa parte la tecnologia che sta alla base di questo impianto è cambiata, ha fatto passi in avanti, ci sono diversi esempi di gestione circolare dei rifiuti che utilizzano anche impianti simili a quello proposto ad Artena, ma in questa vicenda di spostamenti in avanti verso la sostenibilità e l’innovazione non se ne trovano. In questa vicenda, che ha spezzato i fragili equilibri di “Artena rinasce”, manca una discussione sulle bioenergie, sulla transizione ecologica, sulle fonti rinnovabili e allo stesso tempo non c’è una problematizzazione della corsa alla costruzione di biodigestori. Una corsa che a volte ha protagonisti lontani dalla cultura della sostenibilità ma attratti da incentivi, sgravi fiscali e fondi europei. Nel Lazio, dopo gli arresti della funzionaria Flaminia Tosini, non c’è stato alcun ragionamento politico e nessuna regolamentazione sul biogas, sul compostaggio industriale e sulla produzione di energie dai rifiuti organici. In questa trascuratezza, progettisti, consulenti e società girano facilmente, tra le contrade e campagne della provincia. Ad Anagni, per esempio, sono state lasciate le autorizzazioni per costruire un impianto biometano da 84 mila tonnellate, ma nel comune ciociaro c’è un fronte ampio di opposizione che potrebbe far rallentare la costruzione. Poi ci sono impianti previsti o già realizzati ad Anzio, Civitavecchia, Latina, ma anche Roma, dove sono previsti due impianti del genere. A volte il proponente è criticabile e riconoscibile, come nel caso di Anagni (si tratta di una società controllata da A2A e partecipata da Saxa Gress) a volte, come ad Artena, il proprietario è conosciuto in paese ma la sua impresa non lancia segnali di vita. La Green Park ambiente risulta inattiva da più di due anni, non ha dipendenti e dichiara un capitale sociale di 10mila euro (che è praticamente quello di partenza). Come può una realtà imprenditoriale così evanescente far fronte alle sfide delle rinnovabili? Chi lavorerà ogni giorno i rifiuti in entrata e la qualità del digestato, del compost in uscita? Sono domande che restano inevase. Intanto Borghini e Perciballi chiudono un bilancio con -2.248 euro per una realtà imprenditoriale che sembra così trasparente, quasi da non esistere.

ALESSANDRO COLTRE’