NATALE. NON FACCIAMOCI TROVARE IMPREPARATI

Abbiamo affidato il nostro saluto natalizio a Don Antonio Galati, Parroco di Santo Stefano e Santa Croce

Per quello che possiamo, solleviamoci e risolleviamoci, prendendo in mano la nostra vita e lavorando in prima persona per dare quella svolta che tanto stiamo aspettando.

«C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”» (Lc 2,8-14).
L’annuncio della nascita del Salvatore da parte degli angeli ai pastori è una delle scene “classiche” che troviamo in tutti i nostri presepi. C’è sempre, in un angolo del presepe, un gruppetto di pastorelli con alcune pecore e da qualche parte un angelo che tiene in mano un cartiglio con su scritto «Gloria in excelsis Deo».
La quotidianità della vita dei pastori, che a volte rischia addirittura di sembrare stantia e rassegnata, viene agitata e sconvolta da quell’apparizione angelica e, ancora di più, da quell’annuncio che sentiamo risuonare ogni anno a Natale: «oggi è nato per voi il Salvatore».
Non si può non associare quella quotidianità dei pastori alla nostra situazione attuale. Da due anni a questa parte viviamo in uno stato che rischia di trasformare l’attesa in rassegnazione. Nel 2020 abbiamo vissuto uno degli anni più atipici della nostra vita: quello che doveva essere un momento di passaggio a causa della pandemia si è trascinato per tutto l’anno con situazioni di restrizioni che si allentavano per poi tornare ad essere più severe. E allora abbiamo rimandato tutte le attese e le speranze all’anno successivo, sicuri che sarebbe stato migliore di quello passato. Nel 2021 il covid ha continuato a segnare le nostre abitudini e la crisi delle materie prime ha avuto ripercussioni facendo scarseggiare alcuni prodotti. E, quindi, ci siamo messi ad aspettare il 2022, che però vede ancora in corso una guerra in Europa e, per conseguenza, una crisi di tipo energetico che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese. Che fare allora? Molti diranno «aspettiamo e vediamo il 2023», ma sempre di più, però, iniziano anche a dire «chissà che altro ci aspetta nel 2023»!
Non so come sarà il 2023, ma sono convinto che più attenderemo che le cose vadano migliorandosi da sole, più resteremo seduti come quei pastorelli del presepe, ad attendere e a fissare quasi nel nulla che qualcosa accada, prima o poi.
Prima o poi qualcosa accadrà, come insegna la venuta del Messia, che finalmente ha scosso quei pastori e li ha fatti andare fino a Betlemme a vedere quel bambino tanto atteso. Ma quanto tempo hanno perso quei pastori nell’attesa? Quante cose potevano fare per farsi trovare pronti per quell’annuncio!
Lasciamo che la storia scorra fino a meravigliarci positivamente, ma nel frattempo non facciamoci trovare impreparati. Per quello che possiamo, solleviamoci e risolleviamoci, prendendo in mano la nostra vita e lavorando in prima persona per dare quella svolta che tanto stiamo aspettando. Se il 2023 sarà migliore degli anni passati sarà solo perché noi, tutti e insieme, saremo pronti a renderlo tale.

DON ANTONIO