BIBLIOTECA COMUNALE, CHIESTO DI TITOLARLA AD ALBERTO ASOR ROSA

L’Associazione Arci Montefortino ‘93 sta raccogliendo le adesioni per dedicare al letterato il luogo di studio di numerosi giovani locali. L’Uomo di Cultura era Cittadino Onorario di Artena fin dal 2002. Nella nostra Città aveva trascorso molto tempo della sua gioventù al Selvatico

Con un tempismo perfetto e con una sensibilità unica più che rara, il circolo Arci Montefortino 93, da sempre impegnato nella promozione della cultura del nostro Paese, ha lanciato l’iniziativa di dedicare la Biblioteca Comunale allo storico della letteratura italiana ed europea tra i più importanti che l’Italia ha avuto nel XX secolo, Alberto Asor Rosa, che – secondo me – divide questo primato con Natalino Sapegno.
Asor Rosa era originario, per parte di madre, di Artena, nello specifico del Selvatico, dove ho avuto modo di incontrarlo più volte e l’onore e il privilegio di diventarne amico. La sua morte avvenuta lo scorso 21 dicembre, ha privato la nostra Nazione di una delle più importanti e nobili voci intellettuali anche quando la sua voce era scomoda e divisiva come quando nel 2011 sul quotidiano Il Manifesto apparve un suo articolo con il quale, contro il governo Berlusconi, teorizzava “una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall’alto, instaura quello che io definirei un normale «stato d’emergenza», si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d’autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d’interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l’Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale”. (Il Manifesto del 18 ottobre 2011). La destra di quel tempo, ma anche una parte della sinistra extraparlamentare, lo accusarono di auspicare un colpo di stato ai danni di Berlusconi. Il professore era talmente al di sopra di queste polemiche che quando c’era da bacchettare anche la sinistra e il PD, non se lo faceva ripetere, come nel 2010 quando scrisse un “Vademecum per il partito che non c’è”, che nel rileggerlo, oltre alla lungimiranza dello scrittore si nota la sua attualità: un articolo che sembra scritto oggi, perché, è evidente, da allora nel PD non è cambiato nulla, anzi. Quel vademecum andrebbe scritto per tutta la sinistra attuale. In quell’articolo Asor Rosa indicava tre punti fondamentali da seguire: un partito organizzato e non liquido; l’eliminazione dell’autoreferenzialità che non è più tollerabile; il lavoro e la crisi del lavoro che sono i valori discriminanti nel destino dell’Italia. Ancora oggi nulla di tutto questo è fondamentale per il PD e la sinistra tutta, considerato che da oltre tre mesi passate le elezioni più brutali della storia del PD, la sinistra non si è ancora ripresa e si avvita su se stessa e che appare anche poco conscia che al governo ci sono le destre più per responsabilità sua che per il consenso avuto.
Asor Rosa era nato a Roma nel 1933 e dopo essersi diplomato al liceo classico Augusto, frequentò l’università La Sapienza dove si laureò sotto la guida di Natalino Sapegno.
La sua formazione politica si forma con le idee di Mario Tronti che è stato fondatore e massimo esponente del marxismo operaista. Nel 1965 scrive “Scrittori e Popolo”, dove Asor Rosa ricostruisce il quadro storico dello sviluppo del tema populista nella letteratura italiana del novecento, demistificando la valorizzazione mitica del “popolo”. La pubblicazione fu un colpo al cuore per la cultura progressista di sinistra, di cui erano stroncate le espressioni letterarie più care alla sinistra ufficiale del PCI, quella, cioè, orientata a fornire una rappresentazione positiva del mondo popolare allora parecchio mitizzato. Il libro criticava Gramsci, avvezzo alla categoria del nazional popolare e Pasolini in qualità di massimo esponente del populismo letterario, senza alcuna velleità ideologica, anche se definito “genio” dallo stesso Asor Rosa.
Quel libro è una sorta di manifesto preparatorio del ’68, un manifesto sorprendentemente geniale.
Dopo quell’esordio folgorante, e altri saggi di letteratura italiana, Asor Rosa ha curato la monumentale storia della letteratura italiana dell’Enaudi e ha scritto la storia europea della letteratura italiana.
Nel 2002 pubblicò il suo primo romanzo: “L’alba di un mondo nuovo”. In quelle pagine parlava di Artena, luogo della sua infanzia tra gli anni trenta e quaranta del secolo scorso. Il libro venne presentato ad Artena in una sala consiliare gremitissima, dove ad Alberto Asor Rosa, nella stessa giornata, fu conferita anche la cittadinanza onoraria di Artena, pur dopo qualche ridicola polemica di alcuni personaggi della destra locale che seduti in consiglio comunale, si erano fatti notare per il loro evidente livore politico, senza minimamente pensare che la cittadinanza onoraria era stata conferita al poliedrico uomo di letteratura, talmente nobile e prestigioso al punto da far dimenticare qualsiasi provenienza politica. Si sa, però, come vanno queste cose: il cieco e bieco furore politico offusca ogni tipo di altra qualità.
In quell’occasione Asor Rosa fu un gigante d’animo al nostro cospetto, si dimostrò di un’umiltà senza pari, e io che lo guardavo con malcelato timore reverenziale, fui testimone della dolcezza di un uomo, della sua disponibilità e della gratitudine per quel riconoscimento.
Un uomo dalla cultura infinita, sempre impegnato e attivo nella storia della sinistra italiana pur con posizioni spesso critiche. Prestigioso accademico, scrittore, saggista, Asor Rosa ha animato il dibattito politico diventando un punto di riferimento per tutti quelli impegnati a ridefinire un moderno riformismo.
L’intitolazione della Biblioteca Comunale appare, quindi, doverosa per un uomo che ha dimostrato con il libro “L’Alba di una mondo nuovo” quanto era legato ad Artena e quanto era affezionato alla comunità del Selvatico.
Bravi, quindi, quelli che stanno raccogliendo le adesioni in tal senso.