ARTENA CITTA’ APERTA, CHE NON CE NE FREGHI NIENTE E’ COSA CERTA!

Ognuno tende a risolvere i problemi personali e non quelli degli altri

Ci sono film che partono dal neorealismo italiano, per arrivare a quelli degli anni settanta, intrisi di drammaticità e realismo perfetti e che rappresentano ogni strato del popolo artenese.
Prendiamo a riferimento Roma città aperta.
Anche Artena lo è. Ogni artenese è una piccola Marina: non è cattiva, cerca solo di avere la vita salva e campare come può. Per questo tradisce in base alle proprie esigenze. Ognuno tende a risolvere i problemi personali e non quelli degli altri. Il livello dell’indolenza è sicuramente più elevato di quello della cooperazione, che al contrario è molto basso. Esempi sono sotto gli occhi di tutti: interventi sui trasporti, zero. Interventi sulle scuole, zero. Interventi sullo sviluppo, zero. Anche l’associazionismo se non guidato, rischia di cadere nelle trappole di soggetti di dubbia dabbenaggine. Però quello che ci interessa è aspettare il prossimo Palio perché l’importante è festeggiare.
Homo homini lupus, ogni uomo è lupo per l’uomo. Nello stato di natura, cioè uno stato in cui non esista alcuna legge, ciascun individuo, mosso dal suo più intimo istinto, cercherebbe quindi di danneggiare gli altri.
Quindi c’è chi va contro chi protesta perché protesta e chi va contro chi non protesta perché non protesta. Artena città aperta.
Sentiamo sempre qualcuno che dice che non siamo come i francesi come quella Francia che è paralizzata dalle proteste contro Macron e la sua riforma delle pensioni. Al di là di ogni singola considerazione, credo che noi siamo formalmente migliori perché non protestiamo ma, temo, che il motivo per cui non protestiamo non sia che siamo d’accordo con le riforme o le azioni forti in sé.
Credo che sia semplicemente il fatto che le azioni intraprese siano, per la maggior parte, poco impattanti e che, in generale, siamo indubbiamente più chini allo status quo.
Ma il viaggio di Artena e degli artenesi, come per il cinema italiano, non si ferma al neorealismo, ma prosegue.
Basti pensare alla “Banda del Gobbo” di Umberto Lenzi, con Tomas Milian, alias Vincenzo Marazzi, detto “Il Gobbo”, bandito proletario, storto nel corpo ma drittissimo nello spirito, armato di una consapevolezza esistenziale racchiusa nelle parole del grande Venditti nella sua Sora Rosa.
Speriamo solo che Artena non abbia lo stesso finale inatteso e amaro.

GABRIELE NOTARFONSO