LE SECOLARI OCCASIONI PERSE DI UNA FESTA CENTENARIA

Riflessioni sulla tutela di immagine dell’intera festa dedicata alla Madonna delle Grazie di Artena

Maggio è il mese della festa dedicata alla Madonna delle Grazie di Artena che si celebra ogni anno, ininterrottamente dal 1731. Come non pensare a Proust e alla sua visione della processione e a quelle immagini fervide nella nostra mente: dalle balaustre incantevoli di un balcone o dalla soglia misteriosa di un portone socchiuso che fonde all’oscurità illuminata della chiesa il sole dormiente all’ombra dei grandi alberi che la circondano. Noi dobbiamo continuare a vedere la processione che esce dall’ombra multicolore spiovente dagli alberi di pietra della navata e imbocca nella campagna. Quei sentieri dei quali si può dire, come il profeta diceva del Signore: “Tutti i suoi sentieri sono pace”.
Tutti i popoli hanno le loro processioni, a cominciare dai primitivi. In Australia gli Arunta si radunano e procedono senz’armi, in fila indiana e in silenzio, a digiuno e con atteggiamento raccolto verso un luogo sacro.
Anche in Egitto la processione era il momento più entusiasmante della festa religiosa, perché al popolo era dato vedere la faccia del suo signore, il quale, tolto dal suo tabernacolo e posto su di una macchina a foggia di barca, veniva portato per la città.
Ed anche Artena non può non averla insieme ad una delle sue peculiarità: l’addobbo e l’infiorata dei Cristi, che risale al 1857.
Come riporta il sito del nostro Comune: “gli infioratori erano dei veri artisti che durante la processione dovevano preparare la cappella nella piazza principale del paese, che doveva
contenere l’Immagine pronta per l’adorazione del popolo. Dovevano preparare anche un pannello di fiori al centro della stessa piazza, con migliaia di petali multicolori che riproduceva un mistero della Vergine; per arrivare al 1861 dove si volle portare una novità eccezionale: venne fatto eseguire un pannello non più stabile ma trasportabile”.
È una festa lunga tre secoli, dove, come nell’antica Grecia, tutte le classi della città partecipano attivamente, dai braccianti ai prìncipi.
Una festa che ha al suo interno non solo una matrice religiosa ma alcune tipicità culturali e antropologiche che ancora oggi dopo tre secoli non riusciamo a valorizzare in senso moderno e soprattutto a favore del turismo della nostra città; i Cristi infiorati ne sono un esempio: vengono riconosciuti come eccellenza fuori città (portati addirittura in San Pietro e a New York) ma non tutelati a livello di immagine e/o come patrimonio immateriale della comunità.
In un paese normale esisterebbe un museo dato che le nostre infiorate mobili sono uniche, oppure un consorzio di tutela della tradizione e anche (azzardando) un disciplinare sulle fioriture da utilizzare.
Non esiste una tutela di “situazioni tipiche collaterali” tipo i cibi che tradizionalmente venivano consumati in tale festa e che oggi con una buona pubblicità potrebbero essere un veicolo di lancio dei nostri prodotti e dei nostri ristoranti.
E quindi come sempre, concludiamo con il dire: abbiamo il paese più bello, l’unico più grande non carrabile d’Europa.
E proprio perché non carrabile, rimane come sempre fermo.

GABRIELE NOTARFONSO