TORRE DELL’ACQUA, CHE FARE?

CON QUESTO ARTICOLO DEL NOSTRO REDATTORE RENATO CENTOFANTI, INIZIAMO A PUBBLICARE UNA SERIE COMPOSTA DA TRE ARTICOLI SUL SERBATOIO IDRICO DI LARGO COLOMBO. TRE VISIONI DIVERSE SUL DESTINO DELL’EDIFICIO PIU’ ALTO DI ARTENA

La Torre dell’Acqua è una costruzione che risale agli anni cinquanta del secolo scorso, la sua funzione era quella di rifornire d’acqua la cittadina che andava formandosi a valle del paese, in quegli anni della ricostruzione postbellica.
Nel tempo quella funzione è divenuta superflua per via di altre forme di approvvigionamento dell’acqua per la cittadina, divenendo inutile dal punto di vista della sua funzione originaria; ora, si pone l’esigenza del ‘che farne‘?
Il Sindaco in una dichiarazione di qualche mese fa, si è espresso per la sua demolizione, l’Assessore Domenico Pecorari in un’intervista, ha supportato l’idea del sindaco di procedere con la demolizione della ‘Torre’.
Da questi pochi essenziali elementi, si può cominciare un ragionamento per vedere se, e perché è bene demolirla, come hanno accennato gli amministratori; oppure se, è bene vedere perché potrebbe essere mantenuta in vita, riconsolidata e restaurata. Entrambe le decisioni possibili non sono scandalose, in quanto stiamo parlando di un manufatto di circa 65 anni fa, non possiamo dire che sia una costruzione di pregio architettonico, ma parliamo di una costruzione semplice, ideata e costruita solo per la sua funzione di utilità pubblica; quindi nessun fregio architettonico o decorazione simbolica sono parte di questa ‘Torre dell’acqua’.
Quello che invece trovo sia interessante è: quali ‘ragioni e progetti’ sottostanno alla decisione da prendere? Per ‘ragioni’, si possono intendere le eventuali riflessioni sulla natura della Memoria di ogni ‘cosa’ che abbia avuto una funzione o utilità nella vita della collettività; per progetto, si può intendere una Visione Urbana per quel determinato spazio, da riconnetterlo e rammendarlo con gli edifici storici e le piazze che ci sono intorno, e con quali finalità urbane.
Un contributo interessante per approfondire il tema, lo ha dato l’Ing Riccelli con un articolo su ‘La nuova Tribuna’, dove pone questioni di architettura e storia dei fabbricati, la loro interazione con la vita delle persone e come le persone percepiscono quei manufatti. Si pone un rapporto tra la memoria e la concretezza degli edifici, e si sviluppa un ragionamento più complesso e degno di possibili sviluppi.
In sostanza l’Ing Riccelli, con il suo contributo, anche impegnativo da un punto di vista del sapere specifico, ci invita ad approfondire e capire le ‘ragioni’ del perché si sceglie o si sceglierà, la strada della ‘demolizione’ pura e semplice, o la strada del ‘restauro’ con una nuova idea della Torre dell’Acqua.
Facendo tesoro di varie sollecitazioni, a partire da Vittorio Aimati che già alcuni anni fa poneva la questione del ‘che fare’ della Torre, ad alcune discussioni in rete di cittadini che si esprimono su questo argomento, si nota che non è una semplice questione di demolizione o no, perché, volenti o nolenti, intere generazioni sono cresciute con quella ‘Torre’ in vista, e come parte e presenza della loro vita cittadina.
Quello che mi preme esprimere è che la questione va affrontata cercando di capire che cittadina vogliamo, che relazione sappiamo creare tra ciò che hanno fatto le generazioni precedenti e quello che possiamo fare noi; la domanda che faccio a me, e agli altri artenesi tutti è: se riusciamo a pensare la Torre in un altro modo di stare lì, se riusciamo a pensare la Torre con un’altra ‘funzione’ rispetto a quella originaria, non è forse un modo di ‘ricostruirla’? Nel mio piccolo e senza nessuna conoscenza specifica, spero si possa sviluppare un approfondimento delle ragioni: urbanistiche, antropologiche e della memoria estetica, per arrivare alle decisioni da prendere; e qui mi sento di invitare, visto il rapporto di amicizia e di stima, il sindaco Angelini e l’assessore Pecorari, a creare un percorso di partecipazione democratica dei cittadini e ad approfondire la questione con le forme e gli strumenti che l’Istituzione ha a disposizione e può mettere in campo.