I VALORI DELLA VITA? ONESTA’, SENSO CIVICO, AMORE, RISPETTO

A tre anni dalla morte di Willy Monteiro Duarte, il nostro giornale lo vuole ricordare per l’insegnamento che ci ha dato nonostante la sua giovane età. Sta a noi scegliere se applicarli o meno. Cosa aspettiamo per il cambiamento? E’ importante seguire l’esempio di Willy e spargere i semi dell’armonia, partendo da un gesto piccolo arrivando a uno più grande.

Cosa si può dire rispetto a ciò di cui si parla già da tre anni ormai?
E’ stato detto tutto, più e più volte; il luogo, cosa e come è successo, le conseguenze che si stanno affrontando, chi è stato e chi ha subìto.
Tutti sanno tutto e tutti hanno già espresso il loro parere.
Eppure sono qui, a scrivere l’ennesimo punto di vista su un omicidio che ha colpito tutti; parenti, amici, conoscenti e totali sconosciuti.
“Perchè sei qui allora?” Vi potreste chiedere? Cos’altro c’è da dire? Vediamolo insieme passo per passo.

Willy Monteiro Duarte muore in una rissa tra ragazzi.
Succede a Colleferro (RM) la notte tra il 5 e il 6 settembre 2020. Willy aveva solo 21 anni.
Sembrava una notte come tutte le altre, dove i giovani si riuniscono nei pub per due chiacchiare, un po’ di risate e una birra.
Ma le risate si sono trasformate in lacrime e sofferenza, che per molti non finiranno mai.
Le risse sono comuni il sabato sera: l’alcool annebbia la mente e il caos attorno può renderti eccessivamente euforico, il che spesso fa sfuggire la situazione di mano.
Tutto è successo nella stessa maniera di tante altre situazioni che sono finite con un paio di lividi, nessuno si aspettava di tornare a casa come una persona diversa quella sera, nessuno immaginava il peggio.

Nonostante le aspettative però, i fatti sono realmente accaduti: in meno di un minuto tutti hanno perso qualcosa. Lucia e Armando hanno perso un figlio, Milena ha perso un fratello, chi gli era a fianco ha perso un amico, i quattro imputati hanno perso la loro libertà. Willy ha perso la vita.
Anche chi non conosceva Willy ha perso qualcosa in quella notte: la fiducia.
Si è spenta la sicurezza nei confronti di chi abbiamo intorno, nell’umanità, nella società attuale.
Questa perdita ha lasciato un enorme vuoto che da spazio alla paura; quell’insidiosa consapevolezza che in nessun luogo e con nessuno puoi essere realmente al sicuro.
Per molti, si è affermato il terrore di uscire di casa, di ritrovarsi in mezzo alla gente, di essere circondato dal pericolo, di avvicinarsi al prossimo.

D’altro canto invece, c’è anche chi ha acquisito qualcosa; l’esempio di Willy ha suscitato speranza in chi ha saputo vedere nel suo gesto un’azione nobile e fortemente umana.
Un ragazzo con il coraggio di intervenire di fronte a un amico in pericolo non è quello che s’incontra tutti i giorni, per questo Willy ha saputo trasmettere un messaggio di pace e speranza a chi sa cercare il meglio.
Tutti sono cambiati grazie e a causa di questa tragedia. La differenza sta tra chi si è lasciato travolgere dalla violenza e chi, invece, si è lasciato coinvolgere dalla bontà.

Noi giovani dovremmo essere la generazione che ha imparato dagli errori della guerra che ci hanno raccontato i nostri genitori, i nostri nonni e i libri su cui abbiamo studiato. Abbiamo conosciuto le difficoltà che hanno affrontato e quindi, grazie a questa memoria, dovremmo cercare di fare il possibile per evitare gli stessi orrendi supplizi.

Eppure, nonostante gli insegnamenti della storia, continuamo a ripercorrere gli stessi sbagli: cediamo alla violenza, adagiandoci sull’arroganza, sulla voglia di prevalere l’uno sull’altro, sulla necessità di dimostrarci più forti di quello che abbiamo di fronte.
Questo atteggiamento viene percepito e messo in evidenza solo quando diventa estremo, come in questo caso, dove di mezzo c’è la morte di un ragazzo innocente.
Il problema è che non rappresenta un caso isolato, questo tipo di comportamento viene applicato ogni giorno attraverso azioni più o meno esplicite. Ragazzi, adulti, bambini, anziani: chiunque può essere in grado di prendere parte a questa perenne lotta. Attraverso una parola di scoraggiamento da parte di un insegnante o di un genitore, mediante uno sguardo molesto di un passante o tramite un gesto crudele di un compagno di scuola, incoraggiamo chi abbiamo intorno a seguire l’esempio dell’arroganza, insegnando a utilizzare la violenza come unica risposta possibile.

Per capire il messaggio che voglio comunicare attraverso questo articolo però, è necessario concentrarsi anche sull’altro lato della medaglia: l’esempio “giusto” che ognuno di noi può dare.
Se piantare il seme della guerra è in grado di produrre nuova guerra, seminare la pace può essere perfettamente in grado di fruttare nuova pace.
Per questo è importante che ognuno di noi segua l’esempio di Willy spargendo i semi dell’armonia, partendo dal gesto più piccolo (come un sorriso al passante sconosciuto) arrivando a quello più grande (come aiutare chi è in difficoltà).

Ecco perchè sono qui “a scrivere l’ennesimo punto di vista” su una storia che ormai conosciamo tutti: poichè credo che il problema e la soluzione siamo noi stessi, ognuno di noi è responsabile tanto quanto lo sono i quattro imputati.

Ora però arriva la parte più difficile: mettere in pratica la lezione che ci ha insegnato Willy.
Cosa possiamo fare per contribuire a questo cambiamento? Quali sono i gesti quotidiani che possiamo applicare per dare un buon esempio a chi ci guarda? Come possiamo comportarci per garantire la sicurezza di coloro che ci circondano? Come possiamo rinnovare le nostre tendenze?
Grazie all’aiuto di ragazzi e ragazze di Artena e delle zone vicine, sono stata in grado di stilare una breve lista di buone e semplici azioni, da cui poter prendere spunto per iniziare a capire dove si può dare il buon esempio.

  • Mantenere la calma in mezzo al traffico; evitare di insultare.
  • Accettare le critiche costruttive; cercare di capire dove stiamo sbagliando.
  • Fare un respiro prima di rispondere nei momenti di tensione; pensare prima di agire.
  • Individuare il bene in ogni persona e situazione (ciò però non deve impedire di allontanarsi da dove non si sta bene!).
  • Non voltare le spalle a chi chiede aiuto; dove si può, tendere una mano.
  • Prestare attenzione alle parole e ai gesti che si insegnano ai più piccoli.
  • Condividere i propri punti di vista; possono essere importanti per aiutare chi ha bisogno di guardare le cose da una prospettiva differente.
  • Essere pazienti con chi mostra arroganza; può capitare al lavoro, in strada, a scuola, ovunque può essere un buon momento per provare a non lasciarsi travolgere dalle emozioni.
  • Aiutare la pulizia dell’ambiente, contribuendo all’agenda 2030; nel piccolo o nel grande sarà un’ottima azione!
  • Guardare a ogni proprio gesto e parola come qualcosa che per certo si rifletterà nel mondo; questa consapevolezza può aiutare a scegliere con cautela i propri modi di fare.

La lista potrebbe andare avanti per pagine e pagine, ma le risposte sono già dentro ognuno di noi.
Il primo passo, per poter agire nel nome del benessere comune, è quello di porsi queste domande.

LE INTERVISTE
Per avere un’idea più solida di quanto gli esempi del prossimo abbiano il potere di influenzarci, ho chiesto ancora una volta aiuto ai giovani. Gli ho domandato: “Qual è un esempio che ti hanno sempre dimostrato i tuoi genitori, in onore del bene comune?”.
Carla, 26 anni: “Ho avuto una buona educazione dalla mia famiglia. Soprattutto ho avuto un papà e una mamma che mi hanno insegnato il valore degli altri”.
Carla ora condivide valori come “l’onestà, la rettitudine, il senso civico, il senso del dovere”, continua affermando: “Apprezzo il prossimo e sono certa che c’è del bene anche in chi non è proprio buono”.
Matteo, 23 anni: “Mi hanno insegnato alcuni valori fondamentali che per me sono imprescindibili. Quello più grande è che siamo tutti uguali di fronte al mondo, grazie a loro io non mi sono mai sentito inferiore o superiore a qualcuno, consapevole però della bravura e della qualità di altri. Un’altra consapevolezza che mi viene dalla famiglia è quella di essere cosciente di se stessi, di quello che si può dare e di quello che possono dare gli altri”.
Matteo ora tiene a cuore il benessere di chi gli sta vicino, cercando di aiutare dove può: “Tratto tutti con la dignità che meritano. Non lascio indietro alcuno; nè volto le spalle a quelli che mi chiedono aiuto”.
Francesca, 24 anni: “La mia fortuna è quella di essere stata adottata da una famiglia molto vicina alla chiesa. Questa vicinanza mi ha portato a seguire con attenzione la parola di Dio. Non sono convintamente certa che esista, però non posso disconoscere che le Sue parole pur dette da un sacerdote, sono indirizzate all’amore, alla generosità. Le ho fatte mie fin da bambina. Io credo che così vivo meglio”.
Francesca ora fa attenzione ai piccoli (grandi) modi di fare di ogni giorno: “Il mio cambiamento credo possa essere più che un cambiamento, un aumento di pratiche che già metto in opera”. Dice: “La condivisione, ad esempio, ma anche l’educazione della parola, dei gesti e del corpo”.

C’è da ricordarsi che una persona sola non può cambiare il mondo, ma cambiando le nostre abitudini quotidiane, trasformandole in fonti di gentilezza, siamo in grado di influenzare chi ci guarda. Il successo di questa missione, arriverà solo quando saremo pronti a guardare i nostri errori più di quanto guardiamo quelli del prossimo.
Se davvero si vuole contribuire al cambiamento, ognuno di noi deve individuare tutte queste piccolezze costanti che passano inosservate, interrogandosi se noi stessi stiamo applicando l’esempio di Willy o dei quattro imputati.

CONCLUSIONE
Ora, mi permetto di parlare direttamente a te che leggi. Ti propongo un piccolo esercizio, mirato a facilitare la ricerca dei piccoli gesti quotidiani, che possiamo trasformare in azioni migliori.
Siediti in un luogo silenzioso, dove hai la tranquillità necessaria per sentirti a tuo agio, portando con te carta e penna. Dopo di che chiediti “qual è una cosa che ho subito e che mi ha portato sofferenza?” La prima cosa che ti viene in mente andrà bene. Cerca la risposta dentro te e, quando la trovi, fermati a scriverla. Arrivato fin qui, hai due alternative: la prima è continuare ad agire come hai sempre fatto, con la consapevolezza che come hai sofferto tu, anche gli altri provano dolore davanti ai tuoi comportamenti poco curanti. La seconda, è cercare il comportamento opposto di quell’azione che ti ha ferito e iniziare a metterla in pratica quotidianamente.
Cosa sceglierai?

CHIARA SABA