UN ANNO SOTTRATTO ALLA NOSTRA VITA

Folla al Palio di Artena

DOPO DODICI MESI DI PANDEMIA E DISTANZIAMENTO SOCIALE ORMAI NON RICONOSCIAMO NEPPURE GLI AMICI. L’INTERA UMANITA’ E’ SOTTOPOSTA A UNA PROVA DI COSI’ ENORME ENTITA’. LA PANDEMIA CI PONE TUTTI NELLA STESSA CONDIZIONE, NON C’È UN LUOGO DEL MONDO CHE NON NE SIA COINVOLTO E CHE SIA SFUGGITO AL VIRUS. “SIAMO TUTTI SULLA STESSA BARCA”

Leggevo su Facebook quanto annotava un mio collega: “Se dura così, quando finirà non riconosceremo neppure gli amici, invecchiati come noi…”. È una sensazione che provo anche io, che mi prende dopo ormai oltre un anno di pandemia e di distanziamento sociale. Chi l’avrebbe mai detto, solo all’inizio del 2020, che ci sarebbe capitato tutto questo e che tutta quanta l’umanità sarebbe stata sottoposta a una prova di tale entità? Solo per la nostra povera Italia siamo a 100mila vittime, cifre da guerra mondiale, una catastrofe demografica che avrà conseguenze pesanti sulla tenuta nazionale e sullo stesso immaginario degli italiani. Ripeto: chi l’avrebbe mai detto e neanche pensato?
Come tutti, anch’io penso continuamente allo stato della mia stessa esistenza personale. Da oltre un anno vivo quasi relegato tra le mura domestiche e davanti allo schermo di un pc o di uno smartphone. Il mio rapporto con gli amici e con il mio paese d’origine si è rarefatto, quasi annullato. Fino a un anno fa settimanalmente prendevo il treno a Termini, scendevo a Valmontone e arrivavo nella mia Artena, dove coltivavo le mie amicizie storiche, apprendevo cosa accadeva dalle mie parti, mi sentivo a casa. Dal marzo dello scorso anno, invece, sono potuto arrivare in paese solo poche volte, sempre in macchina, senza poter incontrare davvero nessuno. Una vera tragedia relazionale che, in realtà, vale per tutti…
Era la fine di gennaio 2020 e, ignaro di tutto ciò, arrivai ad Artena per tenere una conferenza nell’anniversario del Giorno della Memoria e del Ricordo e per commemorare il bombardamento del 1944. Poi, il 29 febbraio, e già circolavano i primi contagi nel Nord, sono tornato per il funerale del mio amico d’infanzia Alberto Fanfoni, scomparso prematuramente a soli 57 anni d’età. E fu, per me, l’ultimo funerale pre Covid, un’occasione triste senz’altro ma che comunque mi aveva fatto rincontrare e salutare tanti amici e conoscenti. Poi, l’improvviso lockdown, e siamo entrati tutti dentro un tunnel che al momento appare ancora senza uscita ravvicinata.
Che dire di quelle giornate, di quella paura del contagio, del seguire ossessivamente i parenti e gli amici solo telefonicamente e sui social, dell’impossibilità di poterli soccorrere e aiutare a quattr’occhi? E che dire di quando, a fine marzo, apprendo che si è contagiato l’amico fraterno Massimo Pomponi? Grande preoccupazione, telefonate e messaggi continui agli amici comuni, tentativi di parlare col fratello Umberto e poi, finalmente, la possibilità di scrivergli su WhatsApp e apprendere che stava migliorando e che sarebbe uscito dall’ospedale… Così come, sui gruppi Facebook e su altri social seguivo ossessivamente quanto stava accadendo ad Artena, come si stava vivendo il lockdown, i numeri del contagio, le prime vittime… Ma tutto ciò era pesantemente mediato, non autentico, mancava il contatto diretto e, direi, umano. Ho dovuto aspettare solo il 24 maggio, quando era finalmente possibile, per tornare velocemente ad Artena, con mascherina, gel igienizzante, l’impossibilità di abbracciare gli amici e i parenti o anche soltanto di poter stringergli la mano. Poi, d’estate, e anche a dicembre ho trascorso altri due periodi artenesi, ma relegato in casa, senza frequentare nessuno, in completo distanziamento sociale. Ho anche saputo della scomparsa di qualche conoscente ma, con grande e infinito rammarico, non ho potuto neanche partecipare ai funerali, che sostanzialmente non sono neanche stati normali come fino a un anno prima… Ad Artena inoltre, prima volta nella storia, non è stata celebrata la processione della Madonna delle Grazie come anche altre festività. È come se ci fosse stato sottratto un anno e stiamo rischiando di ripetere la stessa sensazione anche per questo 2021. Una bella sensazione per me è stato comunque il poter seguire alcune domeniche la messa attraverso la diretta Facebook dalla Chiesa di Santa Maria del Gesù che ha officiato e trasmesso don Franco Diamante, mio vecchio e caro amico. E anche questo chi l’avrebbe mai potuto immaginare prima della pandemia?
Ora siamo di fronte alla campagna di vaccinazione, e spero che si svolga e prosegua al meglio anche per i miei concittadini. Come ha sostenuto Papa Francesco, questa lunga fase di sofferenza e di anomalia sociale deve essere da tutti vissuta come una prova per capire che “siamo tutti sulla stessa barca”. La pandemia ci pone tutti nella stessa condizione, non c’è un luogo del mondo che non ne sia coinvolto e che sia sfuggito al virus. Ed è appunto la dimostrazione che nella globalizzazione “nessuno si salva da solo”. Augurando a tutti gli artenesi una buona Pasqua di resurrezione vorrei invitare tutti a vivere questo periodo come una lunga quaresima in cui esercitare, anche quando appare difficile, la nostra pazienza, la nostra fiducia, la nostra speranza. Cerchiamo di comprendere tutti che il terribile anno appena trascorso non deve essere vissuto come “tempo perso” ma come una occasione per apprezzare il valore incommensurabile di ciò che davamo troppo per scontato e che era a nostra portata quotidiana: la salute, gli incontri umani, l’amicizia, il saper stare dove la vita ci ha messo. Capendo che ogni soluzione individuale all’emergenza mostra subito la sua natura illusoria. La solidarietà è infatti necessaria. Anche solo telefonando più frequentemente o incontrando on line i nostri cari, i nostri amici e i nostri compaesani. Cominciamo a farlo più spesso. Fino a quando potremo riabbracciarci e ricominciare senza più distanziamento sociale.

Luciano LANNA