LE RUBRICHE. UN FILM ALLA VOLTA. NOMADLAND, UN BLUES CHE HA VINTO L’OSCAR

Un lungometraggio vicino al neorealismo per l’amalgama fra la McDormand e gli altri non attori

Vi consiglio questo film, non perché ha vinto l’Oscar come migliore pellicola dell’anno, né perché la sua interprete, Frances McDormand, ha vinto la sua terza statuetta come migliore attrice, o, ancora, nemmeno perché ha vinto il Leone d’Oro a Venezia o il Golden Globes. Vi consiglio questo film, visto sulla piattaforma Disney e non al cinema, perché Nomadland è una pellicola che colpisce e convince, soprattutto per la presenza di Fern (la Mc Dormand), una donna sessantenne che, marito morto e perso il lavoro, elabora il lutto in una maniera anticonvenzionale. Decide di vendere tutto, carica i pochi bagagli che possiede su un furgone e inizia una vita da nomade alternata a qualche lavoro saltuario.
Nel film Fern incontra personaggi indimenticabili (nomadi veri) che vivono all’interno di “comunità mobili”. Insieme a loro cerca di vivere in pace e in sintonia con gli spettacolari paesaggi che la circondano.
Francesc Mc Dormand è straordinaria nella figura di houseless (senza casa), come si qualifica a una ragazzina che l’aveva apostrofata come homeless (senza tetto). Si, perché lei un tetto ce l’ha, ed è quello del suo furgoncino in cui si rifugia per trovare riparo e proteggersi dal freddo.
Il film è un blues, dove si trovano John Ford e le sue immense distese pianeggiati, Jack Kerouac e le sue infinite strade, Robert Jhonson e la sua poesia musicale.
La regista Chloé Zhao è la seconda regista a meritarsi la statuetta americana dopo Kathryn Bigelow (The hurt locker).
Un lungometraggio che fa l’occhiolino al neorealismo per l’amalgama che si crea fra l’attrice e gli altri attori non professionisti. Parrebbe un documentario, ma non lo è: è un grande film!