UN ARTIGIANO ALLA VOLTA LA FUCINA DI ALESSANDRO GERMANI

NELLA CONSUETA RUBRICA DI BARBARA FONTECCHIA CONOSCIAMO L’ARTISTA ARTENESE CHE FA DEL FERRO E DEL FUOCO I MEZZI PER COMPLETARE OPERE D’ARTE

Efesto nella mitologia greca. Vulcano in quella romana. Alessandro Germani, non nella pancia dell’Etna ma all’ombra di Artena. Lo abbiamo incontrato nella sua fucìna, cioè nel suo laboratorio. Abbiamo cercato di capire qualcosa in più su questa arte che si confonde tra il mito e la storia dei nosti nonni. Con l’entusiasmo di un innamorato Alessandro ci ha raccontato chi è, cosa fa e come ha imparato a forgiare il ferro regalandogli un’anima. Come? con martello, incudine e tenaglie. E con il fuoco… ovviamente!
Ciao Alessandro! Non avrei mai pensato che ad Artena ci fosse un forgiatore giovane come te! Sono molto curiosa di sapere come hai appreso quest’arte e soprattutto curiosa di conoscerla! Ci racconti?
“Ho sempre amato la manualità e da sempre le mani sono state strumento per il mio lavoro. Prima con il legno perché dopo le scuole ho iniziato a lavorare come falegname. Poi un giorno, casualmente ho incontrato mio zio, Domenico Pompa. Non dimenticherò come mi apostrofò con la sua domanda: “ma che stai a fa?”. Non ci volle molto per convincermi a lavorare con lui, nella sua ditta. Mollai il legno ed iniziai con la metalmeccanica. Ci occupavamo di montaggio e saldature di tubazioni. In quell’ambiente ho avuto l’opportunità di apprendere e diventare grande con il suo esempio. Sicuramente mi sentivo protetto. Ho iniziato il primo anno occupandomi un po’ di tutto e imparando su ogni fronte. Poi fui messo nella condizione di scegliere un’attività su cui specializzarmi e la mia scelta ricadde sulla saldatura”.
Per quanti anni hai svolto questa attività?
“Per diciotto anni circa. Spesso andavo in trasferta. Ho girato un po’ l’Italia intervenendo anche in grandi cantieri come quello della Maddalena che si preparava ad ospitare il G8 nel 2009. Poi nel 2010 ho cambiato lavoro ed ho iniziato ad occuparmi di manutenzioni soprattutto nelle scuole”.
Quindi un genere di lavoro che ti allontanava dal mondo del ferro e del fuoco?
“Si! Ma è stato in questo periodo che ho iniziato a forgiare. Mio suocero quasi per gioco mi chiese se potevo realizzargli un appendiabiti in ferro ed io un po’ per orgoglio, un po’ per sfida con me stesso, non mi sono tirato indietro. Il problema era che la capacità di saldare non voleva dire saper realizzare un manufatto di arredo. In passato mi era capitato di realizzare piccoli oggetti in officina perché lì c’erano i fabbri che predisponevano i tubi e gli altri elementi metallici che poi venivano trasportati e saldati in opera. Rubavo con gli occhi e mi divertivo a realizzare delle libellule saldando pezzi di lamiera. Mi lasciavo ispirare da questo insettino che sfiora l’acqua con la sua leggerezza colorata”.
Ma sei riuscito a realizzare l’appendiabiti?
“Certo! Ancora una volta è stato zio Domenico ad aiutarmi. Andai a trovarlo cercando consigli. Con fare sapiente mi fece avvicinare un piatto di ferro, prese il cannello che utilizzavamo per tagliare i tubi. Con stupore vidi che quell’arnese che avevo utilizzato mille volte, a temperature più basse era capace di scaldare il ferro e predisporlo alla forgiatura, senza tagliarlo. Un pezzo di ferro 4 cm per o,5 cm su un’incudine di 70 kg (mai notato fino a quel momento) cambiava forma sotto i colpi del martello diventando un baffo con 2 arricciature”.
Immagino che tu abbia iniziato per non smettere più…
“Si. Il ferro e la forgiatura sono la mia grande passione. Per pochi soldi mi procurai una forgia che ad occhi estranei sembra quasi un barbecue, ed ho iniziato a giocarci. Per 3-4 anni ho sperimentato. Ogni giorno, tornavo da lavoro e dalle sei alle nove di sera mi cimentavo nella ricerca di forme, studiando l’effetto che i miei colpi provocavano sul ferro. Molto ho imparato come autodidatta anche se è stato essenziale ad un certo punto confrontarmi con i maestri”.
Ne hai conosciuti?
“Certamente! E’ stata mia moglie a mettermi in contatto con il maestro Martino Stenico della scuola di Stia, vicino ad Arezzo e con lui ho fatto il mio primo corso. Tra i vari quello che mi ha appassionato di più è stato sulla forgiatura degli attrezzi: i martelli e le tenaglie perché noi forgiatori gli attrezzi ce li facciamo da soli!
Ora sono in contatto con il maestro Roberto Magni con il quale avvierò delle collaborazioni. Ci unisce la passione nel realizzare elementi di arredo! Lui mi ha dato ottimi consigli su come temprare, come riconoscere il momento giusto in cui agire per ottenere il risultato migliore in base alla funzione dell’oggetto. Ho imparato a comprendere ciò che il ferro mi comunica con i suoi colori. Quando è il momento di battere e quando il momento di temprarlo bruscamente nell’olio o nell’acqua”.
E che lingua parla il ferro?
“La lingua dei colori. Il rosso ciliegia è diverso dall’arancio, dal giallo sole e dal bianco neve. Ad ogni colore corrisponde una durezza che va individuata per rendere l’utensile capace di forare, afferrare o percuotere”.
Continui quindi a fare scintille?
“Quando escono vuol dire che il ferro sta iniziando a fondere e che sta diventando come il burro. E’ il momento per fare determinate lavorazioni. Sicuramente non tutte perché alcune richiedono una plasticità inferiore”.
Mi sembra di capire che è un’arte molto precisa che non lascia nulla al caso!
“Assolutamente! Anche la porosità finale dell’oggetto viene calibrata attraverso alcune mosse che aiutano a pulire dalle impurità il ferro ancora rovente”.
Mentre batti cosa provi un viaggio o pura concentrazione?
“Quando entro in fucìna ed indosso il mio grembiule divento un’altra persona. Lascio la voglia di giocare e sono completamente preso. Ci hanno insegnato che con il fuoco non si scherza. Il fuoco se portato dalla nostra parte è un ottimo alleato. Io ci gioco ma in una modalità professionale”.
Possiamo dire che il fuoco è un tuo collega?
“Io lo rispetto molto. Lui vuole la sua parte e capita che mi scotta riprendendosi parecchie rivincite. Se io lo stuzzico comunque è solo perché sono costretto. Non posso fare altrimenti per inserire al suo interno il ferro da lavorare”.
Un pensiero in merito alla tua vita professionale fin qui…
“Credo che nella vita sia essenziale ascoltare ed osservare con l’umiltà di chi deve sempre apprendere. Questo vale per la forgiatura così come per ogni aspetto della vita”.
Un tuo desiderio?
“Poter tramandare a qualcuno l’arte che ho appreso!”