IL MURO DEL PIANTO UN QUASI NON LUOGO CHE HA RIVESTITO UN RUOLO SOCIALE ED EDUCATIVO

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NATO INTORNO AI PRIMISSIMI ANNI SETTANTA, DOPO UN PERIODO DI PROFONDO ABBANDONO, QUELL’ANONIMO MARCIAPIEDE ABBELLITO DA ALCUNE PANCHINE DIVENTÒ IL TEATRO DELLA VITA GIOVANILE DI ARTENA

Ad Artena vi sono luoghi di indubbia bellezza artistica, storica e culturale ma accanto vi sono anche i cosiddetti luoghi della memoria, spazi funzionali al benessere della comunità che soddisfano anzitutto la sete di relazioni sociali, di conoscenze e che permettono poi di coltivare il proprio senso di appartenenza ad una comunità, partecipando alle sue stesse tradizioni. A tal proposito un non-luogo, inizialmente concepito come una semplice struttura di transito, è il Muro del Pianto: nato intorno ai primissimi anni settanta, dopo un periodo di profondo abbandono, quell’anonimo marciapiede abbellito da delle panchine verdi diventò il teatro di incontro fugaci e clandestini. Di fatti i ragazzini di 15/16 anni attribuirono al Muro contenuti che prima erano prerogativa di altri spazi poiché esso rispondeva alle esigenze di socialità e di aggregazione dei giovani cittadini artenesi, spaccati così com’erano tra coloro che abitavano a Valle e i Capocotti, ovvero i residenti del centro storico. Furono proprio loro che attribuirono al luogo tale appellativo così evocativo: così come il Muro di Gerusalemme, quel marciapiede si trasformò nel nido di molte coppie che al chiaro di luna, approfittando dell’assenza iniziale di illuminazione artificiale, solevano scambiarsi sentimenti di viva affezione. Una mattina poi comparve una scritta: “Via delle Zoccolette”, così rifletteva la vernice bianca. L’amministrazione decise allora di porre una decina di lampioni che permisero brevemente di considerare quel marciapiede come un’estensione della pubblica piazza. Perciò l’assidua frequentazione di questo luogo, ad opera degli stessi giovani artenesi dagli anni settanta in poi, ha consentito di affibbiargli tale carattere cosi identitario per la comunità artenese. Invero, quello che prima aveva l’etichetta di spazio anonimo e addirittura di luogo di dissolutezza, finì per essere il ritrovo di densi scambi emotivi, il crocevia di gruppi di ragazzi e ragazze che, proveniente da due zone distinte del paese, trovarono in quel territorio neutro il loro spazio di aggregazione. A volte, infatti, occorre ricordare che il tempo con il trascorrere di gente e con le migliaia di passi che fa stratificare, generi l’identità di un luogo e che sia anche il contesto ad appropriarsi di uno spazio, tendendo a conferire significato a qualsiasi tipo di luogo, indipendentemente dalla loro qualità estetica, dalla funzionalità e dalla sua primordiale vocazione.
Oggi si sta assistendo ad una tendenza graduale ma diffusa di disaffezione e di disattenzione verso questi luoghi, prima considerati come spazi di tutti, oggi come luoghi di nessuno. Questo atteggiamento di indifferenza da parte dei cittadini, soprattutto dei più giovani, verso il mantenimento e la preservazione dei luoghi di vita e di aggregazione ha finito per minare gravemente la vivibilità urbana e la coesione sociale. La perdita di apprezzabilità nei confronti di questi luoghi, imputabile probabilmente alla perdita del carattere cittadino a vantaggio di quello metropolitano che connota Artena da diversi anni, ha condotto i cittadini a una svalutazione di questi luoghi della memoria, fra tutti il Muro del Pianto, che invece hanno avuto l’onere e l’onore di rivestire un ruolo sociale ed educativo per generazioni di artenesi.

Allegra PERUGINI