L’ESCHOOL RISCHIA DI AMPLIFICARE FENOMENI DI DISUGUAGLIANZA SOCIALE

Esplosioni di iniziative individuali di docenti per trovare le app e le piattaforme didattiche più all’avanguardia.

La chiusura delle scuole è stata una delle prime limitazioni a carattere nazionale introdotta dalle direttive governative. Un atto senza dubbio necessario.

Organizzare la didattica a distanza, assicurare la continuità della formazione, conseguenze rilevanti sulla trasmissione del sapere, sulla trasformazione dell’apprendimento e sul lavoro dell’insegnante, si è assistito a un’esplosione di iniziative individuali di docenti per trovare le app e le piattaforme didattiche più all’avanguardia, altri hanno reagito assegnando compiti sul Registro Elettronico, il tutto accompagnato da interminabili discussioni che hanno sovraccaricato le chat di ogni insegnante.  L’emergenza ha comportato un notevole sforzo di autoformazione da parte dei docenti.

Ore intere passate a capire il funzionamento di piattaforme mai usate, nuove funzioni del Registro Elettronico mai abilitate, ore a scambiarsi consigli informali via chat tra docenti. In altri termini ore aggiuntive di lavoro che hanno prodotto l’estensione dell’orario lavorativo e una dilatazione dei tempi di attenzione e disponibilità. Un sovraccarico ancor più gravoso se si pensa ai docenti con più classi, soprattutto nelle scuole medie e non tutte le tecnologie disponibili sono in grado di risolvere i problemi complessi del processo di insegnamento/apprendimento. Pensiamo ad esempio ai bambini della scuola primaria, oppure a quelli con particolari bisogni educativi speciali (i cosiddetti BES).

Un uso non attento di alcune tecniche rischia di negare di fatto l’accesso alla scuola ad alcune fasce. Pensiamo, invece, ai ragazzi che vivono in situazioni di svantaggio socio–economico, che magari non possiedono dispositivi informatici adeguati o hanno uno scarso accesso alla rete. Come si fa con loro? Come si fa davvero ad assicurargli la scuola? La didattica in rete presuppone anche un diverso coinvolgimento delle famiglie nei tempi di formazione, soprattutto nella scuola primaria e alle medie. Ma non tutte le famiglie sono in grado di seguire i figli allo stesso modo, sia perché molti non hanno l’alfabetizzazione necessaria per usare le tecnologie, sia perché questo sovraccarico di lavoro di cura sulle famiglie mal si coniuga con le misure che il governo sta prendendo per le lavoratrici/lavoratori (es. dallo smart working, alla continuità della produzione in molti settori).

Ancora una volta, quindi, non si può trascurare che l’introduzione confusa dell’e–school rischia di avere notevoli effetti di classe, amplificando i fenomeni di diseguaglianza sociale nell’accesso al diritto allo studio. La situazione di emergenza deve diventare occasione di riflessione, di crescita, opportunità per pensare, immaginare, costruire e condividere percorsi formativi strutturati e non improvvisati, in grado di integrare, arricchire e supportare la didattica curriculare, con la didattica a distanza. La didattica a distanza intesa e realizzata come una didattica di tipo tradizionale, con spiegazioni e interrogazioni, con l’ansia di dover esprimere voti, non può funzionare; essere a contatto con gli alunni, anche in presenza, significa ascoltarli, parlare con loro, incuriosirli. Non bisogna eccedere con i compiti. Ci sarà il tempo per recuperare. Occorre lavorare sull’”educazione emotiva”, non farli sentire soli, deve diventare un’opportunità per ristabilire squilibri relazionali e comunicativi. Approcci che conducano alla rielaborazione e condivisione delle esperienze quotidiane. Una “didattica del vissuto”, offrire occasioni, stimoli, spazio alla creatività, alla manualità, all’immaginazione, alle potenzialità che si posseggono. Aspetti che una volta scoperti e valorizzati, potrebbero essere spesi anche nella scuola che verrà. “Nascere non basta, è per rinascere che siamo nati” P. Neruda. Se si è arrivati a discutere di tecnologie e di dotazioni delle scuole solo ora, è perchè le politiche dei governi hanno sempre confermato la logica dei tagli alla spesa pubblica, impoverendo la qualità dei servizi. E se la scuola ai tempi del coronavirus ci desse l’opportunità di riaprire una discussione sul funzionamento delle scuole e sulla qualità dell’insegnamento?

Brunello Gizzi