TAGLIO PARLAMENTARI. SI O NO?

CON L’ARTICOLO DI ANTONIO TONI BORRELLI COMINCIAMO A PARLARE DEL REFERENDUM POPOLARE CHE SI SVOLGERA’ DOMENICA E LUNEDI’ PROSSIMI

Per confermare la riforma di legge costituzionale relativa alla riduzione del numero dei Parlamentari, era già stato indetto questo referendum confermativo lo scorso 29 marzo 2020, causa COVID rinviato al prossimo 20/21 settembre, quando avremo il virus comunque presente ma non in regime di quarantena generalizzata come è stato.

Sarà il quarto referendum costituzionale nella storia della Repubblica. Il Sì o il No dei milioni di italiani chiamati al voto saranno decisivi per il futuro delle nostre istituzioni, anche nel caso dovessero votare in pochi, perché questo tipo di referendum non prevede il quorum.

Ci si dovrà esprimere sul taglio dei parlamentari: 400 deputati anziché 630, 200 senatori al posto degli attuali 315. Ma sarà vera l’equazione “meno parlamentari, più democrazia”?

La riforma ha puntato su due aspetti che fanno presa sull’opinione pubblica, il risparmio nei costi della politica e un certo snellimento delle procedure parlamentari. A questi fanno però da contraltare due elementi: il risparmio stimato nel bilancio dello Stato non sarebbe così schiacciante, si aggirerebbe intorno al 4×1000 della spesa pubblica, meno di 100 milioni di euro all’anno; ma soprattutto la riduzione del numero dei parlamentari rischia di impoverire la rappresentatività di Camera e Senato con effetti, oltre che sull’elezione del Presidente della Repubblica, anche sul funzionamento del lavoro istruttorio nelle 14 Commissioni permanenti, quelle previste proprio dalla Costituzione per l’iter delle leggi.

Qualcuno dice che con il Sì si rischia il pasticcio, l’anticostituzionalità, specie nel caso non si sappia poi giungere rapidamente, con la riforma obbligata della legge elettorale, alla ridefinizione dei collegi elettorali e ad un equilibrio complessivo, così come per i regolamenti delle Camere.

Altri affermano che il Sì sia doveroso, che se già a suo tempo Renzi si fosse limitato al taglio di tutti i parlamentari e non solo dei senatori, oltre pure del Cnel, avrebbe stravinto e non perso come fu; perché con l’introduzione del principio del pareggio di bilancio che ha imposto vincoli pesanti alla spesa pubblica, un risparmio di 80-100 milioni all’anno (quasi mezzo miliardo a legislatura) sarebbe il buon esempio dato da un’istituzione.

Fra il 1948 e il 1963 il numero dei parlamentari era mobile, mentre era fisso il rapporto con la popolazione: un deputato ogni 80 mila abitanti e un senatore ogni 200 mila. Dunque solo la legge costituzionale del 1963 fisserà il numero dei parlamentari, con buona pace dei padri costituenti oggi invocati da chi intende difendere la Costituzione con il No al referendum, pur se intorno alla rappresentatività restano ragioni oggettive per il No. Però – dicono i Sì – non è vero che la riforma faccia dell’Italia il Paese con meno eletti in rapporto agli elettori. L’unica altra democrazia a bicameralismo paritario ed elettivo sono gli Usa, che hanno il sestuplo dei nostri abitanti e un Congresso con 535 fra deputati e senatori (65 meno del nostro Parlamento post-taglio). Per le altre democrazie europee, il confronto va fatto solo con le Camere basse elette direttamente: Camera dei Comuni britannica (630 eletti contro i nostri 600, ma con 6 milioni di abitanti in più); Bundestag tedesco (709, ma con 20 milioni in più); Assemblée Nationale francese (577, ma con 7 milioni in più). Dopo il taglio l’Italia avrebbe un parlamentare ogni 85 mila elettori.

Ma attenzione – dicono i No – perché in pratica, tagliare i parlamentari serve a ridurre il pensiero “contrario” e, di conseguenza, la democrazia, ed è semplice capire perché ridurre gli spazi in parlamento, in primo luogo, taglierebbe definitivamente fuori tutti i piccoli partiti. Avere meno posti a disposizione darebbe modo ai leader di partito di candidare e far eleggere solo i propri fedelissimi.
Meno parlamentari significano meno teste pensanti che possono opporsi a una legge sbagliata o a una deriva autoritaria. Il referendum per il taglio dei parlamentari è una misura populista che inganna i cittadini, facendogli credere di “punire”, in qualche modo, l’odiata “kasta”, ma in realtà è solo l’ennesimo modo per togliere spazi democratici, è solo l’ennesimo modo per stroncare la già fragile e indebolita democrazia rappresentativa italiana.

Infine c’è pure da dire, tra il molto altro che qui per motivi di spazio non si cita, che siamo alla deriva da tempo, ché mica il Rosatellum ultimo, il Porcellum, etc., siano state prove esemplari di democrazia ! Dunque anche il non voto ha senso, perché tanto poi tutto dipenderà dalla legge elettorale che si metterà in campo con le nuove Camere. Forse l’ideale sarebbe una sola Camera, ma purtroppo non è questo in gioco. Buon voto !

Antonio Toni Borrelli