OGGI SI VOTA PER IL REFERENDUM POPOLARE CONFERMATIVO

Il referendum sul taglio dei parlamentari è oggi; dopo mesi di rinvii causa lockdown la data del voto è fissata a domenica 20 e lunedì 21 settembre 2020.

Il quesito referendario posto agli elettori chiede di confermare o respingere la legge che ha predisposto il taglio di 345 poltrone in Parlamento così distribuito: 115 in meno al Senato e 230 in meno alla Camera

Il quesito referendario è stato approvato dalla Corte di cassazione alcuni mesi fa ed è il seguente:

Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?

Il referendum per cui voteremo è, quindi, un referendum confermativo, disciplinato dall’articolo 138 della Costituzione, per il quale non è previsto il raggiungimento di nessun quorum particolare.

La legge, ormai approvata, ha eliminato 345 poltrone totali in Parlamento, che alle prossime elezioni sarà composto da 200 senatori e 400 deputati, con un risparmio stimato di 100 milioni di euro all’anno, e votando il SI questa sarà la situazione futura. Ma se i cittadini italiani dovessero esprimere un voto contrario alla riforma (NO) si tornerà allo stato attuale, ovvero 945 parlamentari totali di cui 630 deputati e 315 senatori.

Nel nostro piccolo abbiamo fatto un piccolo sondaggio nella redazione del nostro periodico e qualcuno di noi ha spiegato il suo voto. Prima, però, ripubblichiamo un articolo che Antonio Toni Borrelli, giornalista e Opinionista di Radio Radicale, ha scritto per noi

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Taglio dei Parlamentari, SI’ o NO ?
di Antonio Toni Borrelli

Per confermare la riforma di legge costituzionale relativa alla riduzione del numero dei Parlamentari, era già stato indetto questo referendum confermativo lo scorso 29 marzo 2020, causa COVID rinviato al prossimo 20/21 settembre, quando avremo il virus comunque presente ma non in regime di quarantena generalizzata come è stato.

Sarà il quarto referendum costituzionale nella storia della Repubblica. Il Sì o il No dei milioni di italiani chiamati al voto saranno decisivi per il futuro delle nostre istituzioni, anche nel caso dovessero votare in pochi, perché questo tipo di referendum non prevede il quorum.

Ci si dovrà esprimere sul taglio dei parlamentari: 400 deputati anziché 630, 200 senatori al posto degli attuali 315. Ma sarà vera l’equazione “meno parlamentari, più democrazia”?

La riforma ha puntato su due aspetti che fanno presa sull’opinione pubblica, il risparmio nei costi della politica e un certo snellimento delle procedure parlamentari. A questi fanno però da contraltare due elementi: il risparmio stimato nel bilancio dello Stato non sarebbe così schiacciante, si aggirerebbe intorno al 4×1000 della spesa pubblica, meno di 100 milioni di euro all’anno; ma soprattutto la riduzione del numero dei parlamentari rischia di impoverire la rappresentatività di Camera e Senato con effetti, oltre che sull’elezione del Presidente della Repubblica, anche sul funzionamento del lavoro istruttorio nelle 14 Commissioni permanenti, quelle previste proprio dalla Costituzione per l’iter delle leggi.

Qualcuno dice che con il Sì si rischia il pasticcio, l’anticostituzionalità, specie nel caso non si sappia poi giungere rapidamente, con la riforma obbligata della legge elettorale, alla ridefinizione dei collegi elettorali e ad un equilibrio complessivo, così come per i regolamenti delle Camere.

Altri affermano che il Sì sia doveroso, che se già a suo tempo Renzi si fosse limitato al taglio di tutti i parlamentari e non solo dei senatori, oltre pure del Cnel, avrebbe stravinto e non perso come fu; perché con l’introduzione del principio del pareggio di bilancio che ha imposto vincoli pesanti alla spesa pubblica, un risparmio di 80-100 milioni all’anno (quasi mezzo miliardo a legislatura) sarebbe il buon esempio dato da un’istituzione.

Fra il 1948 e il 1963 il numero dei parlamentari era mobile, mentre era fisso il rapporto con la popolazione: un deputato ogni 80 mila abitanti e un senatore ogni 200 mila. Dunque solo la legge costituzionale del 1963 fisserà il numero dei parlamentari, con buona pace dei padri costituenti oggi invocati da chi intende difendere la Costituzione con il No al referendum, pur se intorno alla rappresentatività restano ragioni oggettive per il No. Però – dicono i Sì – non è vero che la riforma faccia dell’Italia il Paese con meno eletti in rapporto agli elettori. L’unica altra democrazia a bicameralismo paritario ed elettivo sono gli Usa, che hanno il sestuplo dei nostri abitanti e un Congresso con 535 fra deputati e senatori (65 meno del nostro Parlamento post-taglio). Per le altre democrazie europee, il confronto va fatto solo con le Camere basse elette direttamente: Camera dei Comuni britannica (630 eletti contro i nostri 600, ma con 6 milioni di abitanti in più); Bundestag tedesco (709, ma con 20 milioni in più); Assemblée Nationale francese (577, ma con 7 milioni in più). Dopo il taglio l’Italia avrebbe un parlamentare ogni 85 mila elettori.

Ma attenzione – dicono i No – perché in pratica, tagliare i parlamentari serve a ridurre il pensiero “contrario” e, di conseguenza, la democrazia, ed è semplice capire perché ridurre gli spazi in parlamento, in primo luogo, taglierebbe definitivamente fuori tutti i piccoli partiti. Avere meno posti a disposizione darebbe modo ai leader di partito di candidare e far eleggere solo i propri fedelissimi.
Meno parlamentari significano meno teste pensanti che possono opporsi a una legge sbagliata o a una deriva autoritaria. Il referendum per il taglio dei parlamentari è una misura populista che inganna i cittadini, facendogli credere di “punire”, in qualche modo, l’odiata “kasta”, ma in realtà è solo l’ennesimo modo per togliere spazi democratici, è solo l’ennesimo modo per stroncare la già fragile e indebolita democrazia rappresentativa italiana.

Infine c’è pure da dire, tra il molto altro che qui per motivi di spazio non si cita, che siamo alla deriva da tempo, ché mica il Rosatellum ultimo, il Porcellum, etc., siano state prove esemplari di democrazia! Dunque anche il non voto ha senso, perché tanto poi tutto dipenderà dalla legge elettorale che si metterà in campo con le nuove Camere. Forse l’ideale sarebbe una sola Camera, ma purtroppo non è questo in gioco. Buon voto !

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RENATO CENTOFANTI
Tra pochi giorni si andrà a votare sulla proposta di modifica costituzionale sul numero dei parlamenti, e precisamente la sua riduzione di 345, tra deputati e senatori.

Premetto che le ragioni del No sono fondate e forse anche maggiormente convincenti.

Dal 2006 siamo andati due volte a votare al referendum per una riforma più ampia della Costituzione, una volta proposta dal centrodestra di Berlusconi e un’altra volta dal centrosinistra guidato da Renzi.

Entrambe le volte ha vinto il No, sempre una forte difesa della costituzione e dei suoi meccanismi, ha avuto la prevalenza. Dimostrando una certa conservazione e affezione da parte della maggioranza dei cittadini, a quella parte della Carta di cui veniva proposta la modifica. Il risultato è un continuo restare nel guado di una Costituzione solo formalmente rispettata ma nei fatti delle procedure e delle scelte, forzata, sottoposta a torsioni e altre grandi invenzioni, come il non conosciuto fino a pochi mesi fa, il DPCM.

Voterò Si, per cercare di smuovere un letargo e una inazione politica, nella speranza politica che, in seguito vengano affrontati dei cambiamenti costituzionali più adeguati ai tempi e alle esigenze democratiche. Primo con una legge elettorale che ridia ai cittadini la possibilità della preferenza, poi con aggiustamenti costituzionali che tengano insieme democrazia e rappresentanza, e un  superamento del Bicameralismo con compiti uguali,  verso una diversa funzione del Senato rispetto alla Camera.

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AUGUSTO IANNARELLI

Sono anni che si parla di tagliare il numero dei parlamentari ed è giusto che si faccia, a cosa serve tutta questa gente che tra l’altro non è mai presente, considerato che spesso nelle sedute si vedono i banchi vuoti. Come è giusto, a parer mio, ridurre i loro stipendi. Non è nemmeno giusto che ai parlamentari bastano 5 anni di legislatura per percepire poi il vitalizio. Quindi perfettamente d’accordo con chi vuol tagliare il numero dei nostri governanti in Camera e Senato. Voterò SI.

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VITTORIO BEGLIUTI

Si avvicina il fatidico 20 settembre, giorno delle elezioni regionali e del referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, circa 1/3 in tutto. La campagna referendaria si sta svolgendo in ordine sparso e spesso l’invito per il SI e il NO è trasversale. Nonostante le stime ottimistiche di risparmio, esso si sostanzierebbe in 57 milioni di € circa all’anno, pari allo 0,007% della spesa pubblica, cioè circa “un caffè al giorno” afferma l’ex ministro Calenda. Una bazzecola! Ma ciò che preoccuperebbe di più è che il taglio – senza una effettiva, radicale riforma del sistema elettorale, modificando gli artt. della Carta Costituzionale – si abbatterebbe soprattutto sulla rappresentanza dei partiti minori, con effetti dirompenti per il modello di democrazia che si vuole. Occorrerebbe prima una riforma della Costituzione (gli artt. 56 e 57 sanciscono l’attuale numero di parlamentari), con una modifica conseguenziale dell’intero sistema elettorale. Il solo taglio di 345 parlamentari non farà funzionare meglio il nostro Parlamento, né tanto meno risolverebbe i problemi economici del nostro Paese, che sono tanti e di ben altra natura. Non migliorerà peraltro “la qualità del potere legislativo”, soprattutto se, come successo in questi ultimi mesi, proprio il Parlamento dovesse essere ancora ancora esautorato della sua propria e alta prerogativa, prevista dalla nostra Carta. Perciò, 345 parlamentari in più o in meno non cambierebbe minimamente …il risultato. Quello che invece è da porre in evidenza è la scarsa “qualità” (capacità, cultura, conoscenze) dei nostri rappresentanti alle due Camere. Spero nelle future elezioni. Non è il numero che fa la qualità del Parlamento ma la qualità dei parlamentari.