MORTAMMAZZATO

Il Palazzetto dello Sport di Artena: una promessa mai mantenuta, un sogno realizzato a metà. Giace inerme, ucciso dalla burocrazia e dalle idee diverse di ogni amministratore che si è trovato di fronte all’opera

Lontano dall’inferno delle rovine ma vicino al purgatorio architettonico vi sono in Italia un gran numero di opere non-finite, opere pubbliche gestite da enti territoriali (regioni, province e comuni) che, secondo una stima del Codacons, sarebbero costate ai cittadini italiani 4 miliardi di euro. Le opere della vergogna, che vanno tanto come fondale scenografico per storie dure di periferia come Suburra o il colossal di Netflix Six Underground, sono autostrade che non portano da nessuna parte, ferrovie senza binari e dighe inutilizzate o lasciate in stato di abbandono, come il Mose che doveva salvare Venezia dall’acqua alta della laguna. Il Consiglio di Stato evidenzia come il blocco dei lavori sia dipeso da molteplici cause, tra queste la mancanza di fondi, il fallimento delle imprese esecutrici, lo scarso interesse per il completamento delle opere e il ritardo nell’ultimazione dei lavori. La loro incompiutezza rimanda dunque allo spreco di denaro pubblico e all’idea di un sistema fallimentare che non è in grado di assolvere al compito di fornire servizi necessari ai cittadini. Eppure c’è chi ha cercato di vedere in questo deturpamento un lato artistico, come il collettivo Alterazioni Video, nato nel 2007 in Sicilia, che promuove sia lo studio dello stile architettonico dell’Incompiuto, quale paradigma interpretativo dell’architettura italiana dal secondo dopoguerra fino ad oggi, sia una serie di operazioni culturali e artistiche che, a posteriori, legittimano questi oggetti: film documentari che interrogano protagonisti e utilizzatori o installazioni artistiche che trasferiscono nell’ambito museale l’esperienza visiva e percettiva del non finito. L’eterno incompiuto o l’eterno ritorno, non come una condizione filosofica-psicanalitica, ma come fenomeno che costa caro alla collettività é tangibile anche ad Artena, osservando il Palazzetto dello Sport che ormai pare provocare lo stesso stupore delle rovine antiche. L’attenzione mediatica ha messo recentemente in luce il progetto vista l’inaugurazione, lo scorso 27 settembre, della nuova e vicina struttura per il tiro con l’arco della S.S. Lazio Archery che ha la disponibilità di ospitare la Federazione Italiana Nazionale di Tiro con l’Arco e, compatibilmente con le norme di sicurezza e gli spazi, anche altre discipline sportive. Ci si viene quindi da chiedere se domani o dopodomani potremmo mai immaginare la stessa sorte anche per il Palazzetto, sognarlo pieno di tifosi e sportivi. In principio il progetto nacque da un’idea del sindaco Erminio Latini nel 2004 e avrebbe dovuto ospitare tutte le attività sportive di Artena. Peccato che il progetto subì poi una battuta d’arresto quando il direttore dei lavori si accorse che le fondazioni del Palazzetto non erano stabili con il timore che la struttura potesse slittare. Dopo varie analisi e sondaggi del terreno l’allora amministrazione Pecorari decise di destinare gran parte dei fondi alla costruzione di contrafforti in cemento armato alla base delle arcate. Il ritardo fu poi ulteriormente penalizzato anche dalla scelta di ampliare il palazzetto per poter contenere fino a 500 posti, rendendolo agibile anche per squadre a livello regionale e nazionale. Ritardo che non permise neanche di realizzare i campetti esterni polivalenti con annessi spogliatoi come previsti nel progetto iniziale. L’amministrazione passò poi, dopo l’esperienza della giunta Petrichella, nelle mani di Felicetto Angelini, il quale dichiarò che i soldi in bilancio erano terminati ma che, allo stesso tempo, sarebbe stato diposto a trovare 1 milione e 200 mila euro per completarla con uno sforzo immane. Si individuò come scorciatoia per porre fine a questa odissea il Project Financing. Questa tecnica di finanziamento prevede il coinvolgimento di soggetti privati nella gestione, nell’accollo dei costi di opere pubbliche. I soggetti privati si propongono all’amministrazione pubblica che deve completare o realizzare una struttura di utilità pubblica e in cambio quest’ultima lascerà al privato, selezionato secondo norme descritte dalla legge riguardante i contratti pubblici “decreto legislativo 163 del 2006” (articolo 153), i “flussi di cassa” (cash flow) che deriveranno dalla gestione dell’opera. Oggi però, in attesa di un contributo privato, il Comune sta cercando di ottenere un finanziamento statale con mutuo fatto mediante credito sportivo. Attualmente mancherebbero all’appello, secondo quanto riportato dalla Tribuna dei Castelli, la pavimentazione ignifuga del campo da gioco, la tinteggiatura delle pareti interne, l’acquisto di arredi, sanitari, spalti e ringhiere di separazione dal campo di gioco, la realizzazione dell’impianto di riscaldamento, degli impianti elettrici, di quello antincendio e di video sorveglianza. Per quanto concerne le strutture esterne, le opere necessarie all’area di parcheggio, l’allargamento della strada di accesso (saranno necessari altri espropri), l’allaccio in fogna. Completano il progetto aree dedicate al tempo libero, un percorso podistico, due campi esterni per tennis e calcetto, una piscina, una palestra e un centro SPA. Un sogno grande, come é stato definito dall’allora assessore ai lavori pubblici Ileana Serangeli, addirittura faraonico in confronto a ciò che rimane oggi: una struttura che decade, a tratti orrenda e a tratti malinconica, emblema dei sogni realizzati a metà e di quelle promesse fatte ma mai mantenute.

Allegra PERUGINI