PAESE ASSUEFATTO ALL’APATIA E ALLA RASSEGNAZIONE

“Fu vera gloria ai posteri l’ardua sentenza”. Cosi il Manzoni scrisse alla fine della poesia del cinque maggio.
Questa frase può essere riportata alla nostra realtà comunitaria di Artena, dove da molto tempo viviamo in un limbo di assoluta apatia e rassegnazione.
Se diamo uno sguardo al secolo passato e confrontiamo quello in cui viviamo, non possiamo che mettere sulla bilancia quello che eravamo e quello che siamo, quello che avevamo e quello che non abbiamo: ci accorgiamo che la bilancia purtroppo pende a nostro sfavore.
Spesso ho scritto e lo ripeto, ci portiamo addosso, noi Artenesi, una maledizione secolare che ci perseguita in tutti i settori del nostro quotidiano vivere sociale-culturale-religioso.
I paragoni non mi sono mai piaciuti perché ogni realtà cittadina ha la sua peculiarità, il suo dinamismo, la sua storia e le persone che si merita. Non posso esimermi dal valutare e riflettere con voi su alcune tematiche che insistono da mesi nella nostra cittadina.
Qui dobbiamo distinguere tre fasi; prima della pandemia covid, durante l’emergenza e il dopo coronavrus. Siamo facili a dimenticare eventi brutti e quelli belli: ci ricordiamo cosa abbiamo fatto e vissuto prima della pandemia? Ci ricordiamo quello che abbiamo vissuto e fatto durante l’emergenza? E dopo (adesso) cosa dovremmo fare o cosa realizzeremo?
Se andiamo indietro nei ricordi di due anni fa, ci rendiamo conto che abbiamo fatto tutto quello che produciamo da decenni e decenni, abbiamo lavorato evidentemente (per chi ce l’ha il lavoro), abbiamo partecipato agli eventi del nostro paese: alle processioni, al palio, a vari eventi culturali e no. Si tratta della solita routine di un paese: abbiamo vissuto passivi quello che ci accade intorno e abbiamo pensato di andare avanti fino ai giorni che la provvidenza ci darà.
Durante la pandemia cosa abbiamo fatto? Quasi quello che abbiamo fatto prima: abbiamo lavorato, per chi se lo poteva permettere, non abbiamo fatto le processioni, né il palio, né altri eventi culturali, siamo comunque sopravvissuti, anche se nel nostro paese ci sono state persone che purtroppo non ce l’hanno fatta.
Ci sono state famiglie che il lavoro l’hanno perso e che per mangiare vanno alla Caritas o in Comune a prendere i buoni per la spesa. La pandemia ci ha lasciato i segni delle cicatrici che ci porteremo dietro e che ci vorrà del tempo per rimarginare.
E ora che cominciamo a vedere un po’ di luce che faremo noi sopravvissuti? Ritorneremo nella nostra routine quotidiana? Credo che qualcosa sia cambiato nel nostro vivere quotidiano, lo noto nelle relazioni sociali, noto un certo disagio, non c’è più, nelle persone, quello slancio e quella voglia di ritornare com’eravamo, mi sbaglio? No! E’ la conseguenza della paura. I baci, gli abbracci ci mettono a disagio, non osiamo più noi sopravvissuti, ma dobbiamo per forza di cose riprendere questi gesti così primordiali e naturali.
Dopo questa riflessione desidero calarmi nella nostra realtà artenese. Indubbiamente la pandemia ha riacutizzato molte problematiche che attanagliano la nostra città. Non prendiamoci in giro, siamo un paese assuefatto alla rassegnazione e all’apatia, da settimane siamo sotto i riflettori della stampa e della televisione. Eventi dell’appena passato (che non vi ripeto perché noti a tutti) ed eventi presenti del tipo “nota società artenese evade 23 milioni di euro” o ancora: “una signora ferisce a forbiciate una coinquilina” o gli altri servizi che quasi quotidianamente vanno in onda sulle reti nazionali RAI e Mediaset e che parlano di Artena in modo poco edificante. Per non parlare poi dell’attuale situazione del nostro comune, vicende note a tutti e che solo attraverso la Giustizia potranno avere una risoluzione.
Desidero ora porre alcune domande di carattere culturale e religioso, e qui pur odiandoli faccio paragoni, ma non ho alternative.
Sotto l’aspetto prettamente religioso il nostro paese ha avuto un tempo di vacche grasse e un tempo di vacche magre. Fino a cinquanta anni fa, cioè, potevano vantare una schiera innumerevole di sacerdoti Artenesi e suore sparse per il mondo, molti missionari e un gran numero di sacerdoti e suore anche nella nostra città, vedi i missionari del sacro cuore, i padri francescani, i sacerdoti secolari, le suore figlie della carità, le suore francescane alcantarine, le suore del verbo incarnato.
Poi da circa dieci anni sono rimasti solamente due sacerdoti e tutto il resto è scomparso.
Durante la pandemia non si è svolta alcuna manifestazione religiosa, quest’anno grazie alla caparbietà di Don Antonio e della confraternita della Madonna delle Grazie si è svolta almeno la Peregrinatio Mariae, la statua è rimasta esposta per due settimane a Santa Croce e bisogna riconoscere che il popolo fedele ha corrisposto in modo massiccio alle varie celebrazioni, questo sta a indicare che la gente ha sete di riferimenti sicuri siano essi religiosi che laici.
Voglio però dire anche: Perché non si è fatta la processione del Corpus Domini e nemmeno quella di Sant’Antonio?
Perché nei paesi limitrofi vedi Segni Valmontone Lariano Genzano Genazzano ecc. pur nei limiti e nei protocolli, si sono svolte processioni e infiorate?
Perché nei paesi limitrofi si stanno organizzando estati e varie manifestazioni culturali?
Perché in molti paesi si stanno organizzando le manifestazioni dei vari palio?
Domande che meritano risposte e che non possono rimanere senza risposta. Attenzione, il deserto religioso e culturale avanza se non riusciamo a dare le risposte.
Il comune sentire e il comune vedere è: se non si organizza o, al contrario si fa quella manifestazione o quell’evento, la cosa non desta preoccupazione, e questo è sintomo di apatia e rassegnazione. E’ pericoloso questo modo di pensare, significa che tutto quello che ci circonda ci è indifferente, questo mette paura, perché il futuro e la speranza di una nuova rigenerazione sono i giovani.
I “vecchi” sono la memoria storica che deve essere tramandata e i giovani la devono raccogliere. Ciò che fa paura è proprio la mancanza di saper raccogliere da parte dei giovani tutto il patrimonio che Artena ha.
Spero di aver raccontato tutte bugie, di aver sbagliato tutto quello che ho scritto, spero che questa pandemia ci abbia insegnato qualcosa altrimenti faremo peggio di prima, spero che alcuni valori siano riscoperti, rivalutati, differentemente, non abbiamo capito niente!
Artena deve sussultare di orgoglio e di rinascita in tutti i campi: politico, sociale, culturale e religioso. Abbiamo tutti i cardini e tutte le potenzialità per riuscirci.
Quest’articolo vuole essere uno spunto di stimolo e di riflessione, anche di critica. Confrontiamoci, discutiamo perché tutti vogliamo bene al nostro paese, tutti desideriamo che Artena ritorni città di gloria e di persone che fiere del loro passato possano costruire un futuro, altrimenti, come ho detto all’inizio: ai posteri l’ardua sentenza.

ALBERTO TALONE