LE RUBRICHE. UN DISCO ALLA VOLTA: 17

“17” il disco più influente di questo decennio

“17. A collection of nightmares, thoughts, and real-life situation I’ve lived. “17” is the number tattooed on the right side of my head. My own personal number”.
Quella sera raggiunsi i miei amici in pineta e li trovai tutti con lo sguardo rivolto verso il basso. Preoccupato, chiesi cosa fosse accaduto. “È incredibile, bro”. Mi domandai cosa ci fosse di incredibile in quegli sguardi persi nel vuoto. Poi, Edoardo mi invitò a controllare il link che mi aveva inviato qualche ora prima. A sorpresa, il nuovo disco di XXXTentation era online. “Ascoltalo quando sei a casa” mi disse.
Dopo qualche ora passata in compagnia della mia cricca, rincasai. Entrato in camera, presi il tabacco nascosto nel mio zaino e, armato di cuffie e accendino, andai fuori al balcone senza sapere che la mia concezione musicale sarebbe cambiata per sempre. Apprezzavo molto lo stile di XXXTentacion, conosciuto grazie ad un mio amico francese, ma non avevo motivo di credere che avrebbe portato sulle sue spalle un’intera generazione. Dopo circa 20 minuti e due sigarette, mi tolsi le cuffie e, con un nodo in gola, andai a sdraiarmi. Avevo sognato momenti del genere, avevo immaginato mio nonno al primo ascolto di “The Dark Side Of The Moon” o “Led Zeppelin IV”. Pensavo che dischi di quel calibro non avrebbero mai più visto la luce del sole. La successione dei brani “Jocelyn Flores”, “Depression and Obsession”, “Everybody Dies In Their Nightmares”, “Revenge” e “Save Me”, piena di semplicità e allo stesso tempo follia, sofferenza, aveva perforato la mia sensibilità facendomi rivivere a piene emozioni il 27/28 Giugno 2017 e il 31 Agosto 2016. L’interludio “Dead Inside”, seguito dalla celebre “Fuck Love”, le splendide “Carry On” e “Orlando” e il gran finale colorato da “Ayala” contribuirono alla messa in scena di una delle rappresentazioni di arte sonora più strabilianti dell’ultimo decennio. Dopo aver passato una buona mezz’ora disteso, presi il telefono e scrissi un messaggio al mio amico Edoardo. “Grazie, compare” e dopo aver visualizzato quelle parole non rispose. “17” è forse uno dei dischi più semplici e più spontanei mai realizzati nella storia della musica. È privo di virtuosismi, inutili esagerazioni tecniche e insensati brani di riempimento.
Dimostra pienamente quanto la necessità di espressione sovrasti qualsiasi tentativo di esibizionismo o ricerca di fama. È il “Nevermind” della mia generazione, il disco più influente di questo decennio.

NICCOLO’ PECORARI