COME SI VIVEVA IL NATALE QUANDO ARTENA ABBALLE NON ESISTEVA

JO PRESSEPIO ERA JO PRINCIPALE ELEMENTO DELLA FEDE DRENTO A OGNI CASA DI ARTENESE. SE COMENZEVA A FAGLIO GIA’ LE PRIME DI’ DE DICEMBRE, QUANDO SE EVA A FA JO MUSCHIO. CHI GNO POTEVA FA, FACEVA SOLO LA CAPANNA A’NDO NASCEVA GESU BAMBINO

E’ difficile oggi immaginare come si viveva il Natale quando Artena era solo il centro storico e qualche contrada, cerco di raccontarlo attraverso i miei ricordi e quelli che mi hanno tramandato i miei nonni e i miei genitori.
I ricordi affondano nel lontano passato distante almeno cinquant’anni orsono.
Il Natale è sempre stato carico di empatia e di sorprese, e si aspettava con trepidazione perché questo giorno speciale riservava sempre qualcosa che durante l’anno non accadeva mai.
Già nei primi giorni di dicembre ci si organizzava per andare a fare “jo muschio” perché il Presepe era il principale elemento figurativo e spirituale della festa, l’albero non era ancora sentito così come oggi.
In quasi tutte le case, piccole o grandi, veniva allestito il Presepio (jo Pressepio) e se qualcuno proprio non poteva realizzarlo, si costruiva almeno la capanna della Natività.
Nella chiesa di Santa Croce intanto si cominciava a fare il Presepe grande, epici sono stati i presepi di Giuseppe Mattozzi, poi quelli di Roberto Botteri ed Emilio Riccitelli.
Due settimane prima del Natale le nostre donne cominciavano a preparare i tipici dolci: “i pancialli”, “i pizzotti”, “la nocchiata”, i biscotti ecc. Il forno di mia nonna Metirda era un brulicare di donne che portavano “i soj “ “i canistri”, e ricordo che “Jò furno” rimaneva appicciato fino a tarda sera, e la povera nonna e le zie tornavano a casa con il viso rosso e stracche.
I nostri vecchi raccontavano che proprio il giorno di Natale cucinavano la pasta e la carne, perchè durante gli altri giorni dell’anno, mangiavano la pizza polenta le verdure, i legumi, il lardo condito, il baccalà e bevevano l’acquato cioè il vino allungato con l’acqua.
La Viglia si mangiava di magro poiché in tutte le feste recordative si rispettava l’astinenza dalla carne. Nel frattempo si friggevano le frittelle con i fiori di zucca, con le burragini, con i broccoi, con il baccalà, che si cuoceva anche in guazzetto con le patate.
La sera del ventiquattro ci si preparava alla Messa di mezzanotte.
Bisogna sapere che nella festa di Natale si celebrano tre Messe, quella di Mezzanotte, quella dell’Aurora e quella del Giorno.
La chiesa di Santa Croce veniva addobbata a festa e le campane cominciavano a martellare per tre volte, i fedeli andavano un’ora prima per trovare il posto. Il parroco esponeva sull’Altare maggiore la culla con il Bambino Gesù.
Il Bambinello che anche oggi esponiamo, è un dono fatto alla Collegiata di Santa Croce dal Papa Leone XIII di Carpineto Romano nel 1888 in occasione del suo cinquantesimo di sacerdozio.
Proprio quest’anno è stato restaurato il vestitino che lo ricopre, poiché l’usura del tempo lo aveva rovinato.
Al canto del Gloria il parroco scopre il Bambinello e tutti sono pervasi da una gioia indicibile, al termine della Messa si scopre il presepe.
Le donne andavano alla Messa dell’Aurora che si celebrava allo spuntare del sole, perché poi erano impegnate alla preparazione del pranzo.
Gli uomini invece andavano alla Messa del Giorno, e mi raccontavano che quel giorno i contadini si lustravano gli scarponi con il grasso , mettevano il vestito della festa, il cappello nuovo e chi se lo poteva permettere anche il mantello di lana.
I bambini al ritorno a casa trovavano sempre i dolci e qualche cioccolato. Il pranzo era rigorosamente tra i familiari stretti, da qui il detto “Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”: un detto che è di tutta Italia.
Questo era il Natale quando Artena abballe non esisteva. Era, cioè, una festa sentita e attesa perché spezzava quello che era la routine di tutto l’anno, sia sotto il profilo spirituale che sotto il profilo materiale.
Se ci guardiamo indietro e ci proiettiamo sull’oggi credo che sia rimasto ben poco delle cose che ho raccontato.
Buon Natale a tutti, a quelli che sono soli, a quelli che non hanno speranza, a quelli che sono nel dolore, a quelli che hanno perso un lavoro, a quelli che non hanno affetti, a quelli che ci chiedono una carezza.
Che questo natale dopo la pandemia ci porti la PACE ci porti la speranza di un mondo più equo e più giusto, ci porti serenità dentro di noi e nelle nostre famiglie nella nostra città e nei nostri cuori.

Alberto TALONE