I SUPERMERCATI SONO MENO AFFOLLATI E I NEGOZI CHIUDONO

Ad Artena il carrello della spesa diventa sempre più caro soprattutto per i
generi indispensabili alla vita quotidiana

Chi è amante delle passeggiate e, obtorto collo, chi è costretto a fare la spesa quotidianamente si sarà certamente accorto che i negozi si stanno estinguendo e i supermercati e discount sono sempre meno affollati per gli acquisti di tutti i giorni.
Il fenomeno è tangibile anche, e soprattutto, ad Artena. Sono “avvezzo” a fare la “spesa” andando alla ricerca – ormai da 2-3 anni – dei negozi e supermercati che mi possano offrire prodotti, soprattutto alimentari, a prezzi inferiori, sempre peraltro rispettando il rapporto “qualità/prezzo”. Confcommercio bolla la chiusura di negozi e la minore affluenza di clienti nelle attività della grande distribuzione come “desertificazione commerciale con rischi sempre più crescenti per la sicurezza”. La mia continua frequenza di negozi e supermercati mi sta portando a fare delle considerazioni che, negli ultimi tempi, si dimostrano molto più vicine alla realtà di quanto possano essere veritieri i dati dell’ISTAT, inquinati forse da troppi parametri che non rispecchiano le necessità della vita reale del cittadino/acquirente.
E’ la vita quotidiana, è la “spesa” che la massaia fa ogni giorno, o uno come me, che ha la percezione esatta del costo della vita e, soprattutto, dei prodotti alimentari che poi dovrà mettere a tavola e dei beni di prima necessità. Certo, i due anni di pandemia e, al quasi termine di essa, la crisi energetica dovuta – così affermano – alla guerra in Ucraina (costi esageratamente andati alle stelle di gas, elettricità, benzina, grano, sementi e cereali) hanno dato un colpo tremendo all’economia e quindi ai consumi con conseguente chiusura di negozi e quasi “desertificazione” di clienti nei supermercati e discount.
Mi sono chiesto più volte, però, l’inflazione e la diminuzione dei consumi rientrano pienamente nelle conseguenze delle varie crisi, siano esse energetiche, climatiche e non, che si sono succedute in questi ultimi tempi?
Entra in tutto questo una forte speculazione generalizzata? Con il raffreddamento, anche se lieve, dell’inflazione – dovuto soprattutto alla frenata del costo dell’energia – avremmo dovuto tirare un sospiro di sollievo, anche se piccolo. Invece la realtà non è così rosea. L’ho notato andando a fare la spesa qui ad Artena.
Il mio “carrello” sta diventando sempre più caro e per i generi alimentari, indispensabili per vivere, l’aumento è più consistente di prima.
Girando per i nostri 4-5 Centri ho potuto notare che alcuni prodotti sono diventati “out” dalla possibilità di acquisto.
Frutta e verdura di stagione – almeno per alcune di esse ma non tutte – hanno raggiunto costi nell’ordine di 4-5 euro al Kg.
Mi sono sentito rispondere che la filiera ha subito aumenti sconsiderati a partire dal packaging, dalle materie prime, dall’energia, dai trasporti e, ora come ora, non è possibile un rientro immediato e un ritorno a prezzi contenuti ante-crisi.
Una motivazione che regge fino a un certo punto, visto che i costi energetici e dei trasporti si sono calmierati, che grano, cereali, sementi, concimi e mangimi sono tornati nella quasi normalità degli approvvigionamenti. Ma, ahimè, alcune aziende e industrie, per reggere sul mercato e non aumentare i prezzi dei loro prodotti e confezioni ne hanno diminuito il peso, altre invece mantenendo il peso ne hanno aumentato – a volte a dismisura – il loro prezzo. Furbizia? Speculazione? Oppure necessità di mercato? Una cosa è certa: la frequentazione di clienti nei negozi e supermercati di Artena è diminuita molto in questi ultimi tempi e il fatto che uno dei discount italiani abbia incrementato il proprio giro di affari – in Italia come ad Artena – è la cartina di tornasole della crisi incancrenita che ha colpito gli italiani. Prezzi in salita continua e minore capacità economica hanno prodotto la temuta “desertificazione commerciale”. E’ il classico cane che si morde la coda e l’aumento continuo dei tassi d’interesse imposto incautamente dalla Bce non favorisce certo l’economia nazionale e locale. E’ forse la legge di mercato 2.0?