LE MACINE MANUALI O A TRAZIONE ANIMALE DI CREPADDOSSO

Il territorio di Artena anticamente, ricordano le fonti, era cruciale per la coltivazione di varietà locale di cavoli e pere; grano e cereali

Il territorio di Artena è ricordato nelle fonti antiche come cruciale per la produzione di frutta e ortaggi, sappiamo inoltre che erano coltivate varietà locali di cavoli e pere. Molto importante però era anche la coltivazione di grano e cereali, come testimoniano i numerosi frammenti di macine manuali o a trazione animale. I luoghi di rinvenimento di tali resti sono Muracci di Crepaddosso, Colle Grotte e Piano della Civita, qui un tempo erano dislocate ville e fattorie a partire dalla fine del primo sec. a.C. Per conservare le derrate alimentari si utilizzavano grossi dolia contenuti in appositi magazzini e sovente interrati fino al collo per preservare al meglio il contenuto. Tornando alle macine esse servivano a trasformare le granaglie in farina, sostanza che poi è la base per produrre il pane ed altri impasti commestibili. Tale attività era vitale sia per il sostentamento privato che per la commercializzazione dei prodotti. Le macine più piccole ad azione manuale erano usate in ambito domestico. La struttura era articolata sovrapponendo due bassi dischi cilindrici: quello inferiore aveva un profilo conico nella sua parte superiore, il disco superiore era forato al centro e concavo nella parte inferiore per aderire all’altro disco in modo tale da frantumare le granaglie, inoltre disponeva di un incasso laterale per alloggiare un perno o maniglia per avviare la rotazione manuale. La mola asinaria, denominata così in quanto necessitava della forza di bestie da soma per essere azionata, serviva per coprire il fabbisogno di farina di una fattoria. Solitamente montata sopra un basamento rialzato era formata da un elemento inferiore pieno a forma di cono detto meta e uno a forma di clessidra, il catillus, munito di un foro centrale e due cavità concave contrapposte, per poter versare le granaglie nella parte superiore e permettere la fuoriuscita della farina nella zona inferiore. Contesti come Ostia e Pompei hanno restituito diversi esemplari di questo tipo di macina collocati in uno stesso ambiente a testimoniare il bisogno di disporre di un surplus di risorse destinate al commercio. Proprio da Pompei arrivano alcune delle macine migliori. La pietra utilizzata per macinare era quella lavica vesuviana, la migliore in commercio, anche se spesso si richiedeva quella delle isole greche. Le fonti antiche ci parlano molto bene della pietra vesuviana e lo stesso Ovidio nei Fasti VI, 318 così come Varrone nel De re rustica I, 55 che ci raccontano proprio che la qualità superiore della pietra adoperata evitava che questa si sgretolasse a causa dell’utilizzo finendo per essere miscelata con la farina prodotta e provocando incidenti come la rottura di ingranaggi. I molti relitti di epoca repubblicana e imperiale hanno permesso di rinvenire delle macine e questo attesterebbe una richiesta su larga scala. Nello specifico appartenenti al Panificio di Popidio a Pompei sono stati rinvenuti ben cinque macine proprio all’interno del luogo di lavoro perché la produzione e la lavorazione erano parte dello stesso processo di lavorazione. Nel grande forno posto al centro dell’edificio era cotto il pane la cui vendita avveniva abitualmente sul posto in un piccolo ambiente con bancone ma in questo panificio il bancone è assente perché probabilmente il pane era prodotto o su commissione o all’ingrosso.Dunque i panifici erano dei veri e propri motori economici, in grado di sostentare diverse realtà, da quelle urbane, come Pompei alle ville rustiche che punteggiavano il territorio di Artena e dintorni. Le macine rinvenute ad Artena dunque ci testimoniano ancora una volta come questa zona fosse ben connessa a livello logistico e commerciale all’interno del vasto impero romano, questo strumento garantiva dunque benessere e ricchezza a chi lo utilizzava in modo strategico, che fosse un privato o lo stato imperiale. L’impero stesso, infine dimostrerà, ad esempio tramite la politica annonaria, di utilizzare il surplus di grano e pane per poi distribuirlo a chi ne aveva bisogno in tempo di crisi, in questo modo l’impero poteva scongiurare gravi rivolte e mantenere consolidato il proprio potere.

LEONARDO CERRONIS