UN LIBRO PER VOI. CONTRADDIZIONI E TRADIMENTI DELL’IDENTITÀ

La delusione non sta nella cosa sognata ma nella natura dei sogni

Il libro racconta le vicende di un protagonista, che forse è l’autore, un ragazzo ebreo polacco che a 16 anni, assieme alla famiglia, emigra in Israele nel 1968, circa un anno dopo la guerra dei sei giorni. Per i genitori, ebrei comunisti, essere stati espulsi dalla Polonia e privati della cittadinanza perché in Polonia il regime ha deciso di scatenare una campagna antisemita, è ovviamente il fallimento della vita, è la catastrofe. Per il ragazzo ebreo, andare nello Stato degli ebrei, era invece fonte di grande speranza: era la possibilità di conoscere il paese che aveva sempre sognato e di cui voleva far parte. Amos Oz, scrittore che ha avuto molta influenza sul protagonista che ha imparato l’ebraico leggendo i suoi libri e del quale è stato amico negli ultimi anni della vita dello scrittore, gli ha detto più volte: “Ogni cosa che nasce dai sogni, nel momento in cui il sogno si avvera, si rivela una delusione”. Per il ragazzo Israele è il sogno del deserto: il deserto nella tradizione ebraica (e quindi anche in quella cristiana) è la promessa, la libertà, gli ebrei escono dalla cattività egizia e diventano quello che sono attraversando il deserto, perché il deserto è lo spazio della libertà, delle utopie, dei sogni e anche di una rivoluzione possibile. Il deserto è la luce, il futuro; il bosco è il buio, il passato. Il bosco, durante la seconda guerra mondiale in Polonia, per gli ebrei significava la morte, perché si nascondevano nel bosco, e quando venivano catturati dai tedeschi o dai contadini polacchi, venivano uccisi. Il ragazzo confronta il sogno con la realtà, vede Gerusalemme, la promessa del sionismo di chiudere i conti con il bosco e con la tenebra, ma la realtà è molto diversa: Israele è un paese in conflitto con i palestinesi. E qual è la differenza fra lui, profugo polacco, e i profughi palestinesi? Si aprono due questioni: è un adolescente immigrato (un’esperienza che ha valore universale), ha perso il paese in cui è nato ma ha perso anche i genitori, che vivono il fallimento, mentre lui vive la speranza, deve quindi assumersi il carico esistenziale dei genitori che non sono più le sue guide, e restituire loro la speranza; è difficile diventare adulti in una situazione simile. Un’altra questione è quella dell’identità: lui si definisce un fanatico della memoria degli sconfitti e della gloria della disfatta, degli sconfitti che hanno sognato un mondo redento. Un fondamentale concetto dell’ebraismo è la “Teshuvah” che vuol dire pentimento ma anche ritorno: la Teshuvah è in grado di cambiare non solo il cuore di una persona con un pentimento sincero, ma anche il passato; è possibile recuperare sogni sconfitti del passato per pensare e costruire un futuro migliore. E il Messia, dice l’autore, è la Parola, la narrazione, il fatto che siamo capaci di raccontare, e che cosa raccontiamo? I nostri desideri, i nostri sogni, la terra promessa, dove la cosa importante è la promessa, il desiderio di essere altro rispetto a quello che si è. Un libro che è un viaggio sentimentale e una dichiarazione d’amore per Israele, un amore infranto e ricomposto, pieno di ferite ma molto più forte; la voce di uno scrittore “fazioso dell’utopia della convivenza fra gli israeliani e i palestinesi”.

L’ASINO DEL MESSIA
di Wlodek Goldkorn
Feltrinelli 2019