VIOLENZA ALLE DONNE, DEBOLEZZA DELL’UOMO

NONOSTANTE L’APPREZZABILE NORMATIVA ITALIANA, C’È DA CHIEDERSI COME MAI TANTE DONNE SIANO ANCORA VITTIME DI MALTRATTAMENTI E SE QUESTI POI COLPISCONO GIOVANI RAGAZZE, QUESTO IMPRESSIONA ANCORA DI PIU’

DI ALLEGRA PERUGINI

Con l’inarrestabile ascesa e affermazione del ruolo della donna nella nostra società (a ricoprire ruoli e incarichi storicamente appannaggio maschile) vi è la speranza che le nuove generazioni nascano in un contesto socio culturale che parta dal presupposto che donne e uomini abbiano lo stesso valore e possibilità. Eppure, soprattutto in provincia, c’è un pericoloso grumo di sentimenti e di pensieri comuni ad alcuni uomini che li spinge a rivolgere contro le mogli e le compagne quel carico di violenza che nel resto delle loro relazioni sociali non si sognerebbero mai di usare e, anche se è più rassicurante pensare al maltrattante come ad un alcolista, un disadattato o una mina vagante, la cronaca insegna che questo fenomeno è più ampio e tocca tutti i ceti sociali, percependolo dunque come un vero e proprio problema di natura sociale ed educativa. La donna finisce alla fine per essere la sola reale colpevole, probabilmente perché ha voluto diventare più e altro rispetto alla sua funzione di mero completamento della coppia, ha cercato di essere una persona, non solo due, tradendo così, almeno potenzialmente, anche il suo ruolo materno, di generatrice e nutrice dei figli: va al lavoro, esce di casa, guadagna, ha relazioni, incontra persone, esibisce ed espone il suo corpo in tutte queste attività.
La violenza di genere è inoltre un fenomeno assai complesso e difficile da contrastare, perché si annida negli interstizi della società, spesso sfuggenti e insospettabili, manifestandosi per lo più silenziosamente nella vita quotidiana e riuscendo a rappresentarsi come un evento accidentale persino nella percezione delle stesse vittime. In Italia fino a pochi anni fa, quando il codice penale prevedeva il delitto d’onore e il matrimonio riparatore, vi è stata una sorta di negazione del problema: per lungo tempo infatti è stato considerato come osservato, un fenomeno privato, da relegare nel segreto del focolare domestico.
Certamente sono stati mossi dei grandi passi avanti, oggi infatti la legislazione italiana disciplina diverse forme di violenza, dai cosiddetti reati spia come i maltrattamenti familiari, le percosse, lo stalking, gli atti persecutori, ai tipi di violenza psicologica ed economica fino alle violenze più gravi come la violenza sessuale o il femminicidio.
Dal 1 Agosto 2014 è entrata in vigore la così detta Convenzione di Istanbul ratificata anche dall’Italia che prescrive ai Paesi che ad essa hanno aderito tutta una serie di strategie di prevenzione, di protezione e di intervento volte alla eradicazione della violenza di genere. Inoltre a livello nazionale è attivo dal 1988 la linea telefonica gratuita del Telefono Rosa (1522) che offre alla vittima, oltre che ascolto ed accoglienza, una consulenza legale gratuita, per la conoscenza dei propri diritti umani e civili e i mezzi per ristabilirli, qualora vengano violati, una consulenza psicologica ed infine una di tipo economico. Il Telefono Rosa gestisce in aggiunta delle Case Rifugio, fondamentali per costruire un rapporto sinergico e collaborativo con i Comuni, con i Municipi, con gli assistenti sociali di riferimento, con i rappresentanti dei Tribunali, nonché con i Pronto Soccorso e gli Ospedali. Allora, nonostante l’apprezzabile normativa italiana, c’è da chiedersi come mai tante donne siano ancora vittime di violenza e se questa poi colpisce giovani ragazze, dell’età anche di molte studentesse delle superiori o dell’università, questo impressiona ancora di più. Intorno a loro si costruisce un muro fatto di silenzio e isolamento e per una donna che subisce violenza è terreno fertile per chi la perpetra.
Se poi una giovane ragazza scambia il controllo, la gelosia, la sopraffazione come indice di qualcuno che ti ha a cuore, comprendiamo come sia ancora più complesso uscire dalla violenza perché sono le stesse donne che subiscono violenza, anche le giovanissime, a trovarsi in un circolo vizioso dal quale il loro aguzzino, da abile regista, muove le scene. Ma, come sostiene Patrizia Palombo, presidente del Telefono Rosa di Frosinone, una donna in queste condizioni si indebolisce, è confusa, teme, ma ha anche paura del giudizio di parenti e conoscenti.
Alcune ragazze, ma anche donne adulte, hanno un tale bisogno di attenzione e amore e protezione, e spesso hanno anche bassa autostima, che credono alle promesse, all’affetto simulato a volte travolgente e struggente che alcuni di questioni maltrattanti abilmente mettono in scena. E la trappola è scattata, e la donna, la giovane ragazza non si rende conto del perfido meccanismo in cui è stata intrappolata. Per combattere questo complesso fenomeno è di fondamentale importanza la prevenzione di queste forme di reato educando alla cultura di genere ed eliminando gli stereotipi e le radici culturali che le alimentano, con un particolare riguardo per la formazione delle nuove generazioni, attraverso progetti che educhino e non minimizzino la portata di tale fenomeno. Progetti pilota che potrebbero essere somministrati sin dai primi anni delle elementari, proseguendo poi con un percorso educativo che segua i ragazzi negli anni più difficili della loro crescita, sia all’interno delle aule di scuola sia fuori, nel paese per instillare nella mente delle nuove generazioni che la violenza non è forza ma debolezza e può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla.