LO DICONO LE STATISTICHE. ARTENA NON E’ UN PAESE PER GIOVANI

Ci sono pochi eventi culturali e pochissimi punti di ritrovo per i giovani, moltissime iniziative e pochissimi spazi per metterle in pratica. Tra i nostri giovani visitatori ce n’è almeno uno che può giurare di essersi innamorato di questo paese durante il Live Artena, per poi trasferircisi e riscoprirsi invece deluso nella realtà quotidiana.

Nei primi giorni di dicembre eravamo sempre felici, bambini. Desiderosi di incontrare quello che per noi era “l’uomo della provvidenza” solo per renderlo consapevole che eravamo stati buoni. Sognare anche per una sola notte e sperare di ricevere ciò che desideravamo, che ovviamente non arrivava mai sotto i nostri alberi. D’altronde la crisi aveva colpito anche Babbo Natale ma, nonostante ciò, le luci colorate, appese da un palazzo all’altro, il calore dei visitatori nei mercatini, la musica dagli altoparlanti, dipingevano quel meraviglioso quadro natalizio. Ed eravamo felici, bambini.
Abbiamo avuto paura che, quest’anno, non ci sarebbe stato niente di tutto questo, che le nostre luci sarebbero entrate in lockdown e, con loro, anche l’atmosfera natalizia, come se fuori le mura di casa fosse di nuovo il 31 ottobre. Il suono dei clacson avrebbe riecheggiato nell’aria invece della solita Last Christmas, e il sabato sera avrebbe potuto proiettarci nella New York di Io sono leggenda. Non sarebbero mancate reazioni di disapprovazione tra i giovani cittadini che, pur di trovare un po’ di pace almeno nel periodo natalizio, avrebbero scelto di recarsi nei paesi limitrofi che – spesso e volentieri a differenza nostra – cercano di sfruttare il più possibile le loro potenzialità culturali, turistiche e tradizionali, nonostante la pandemia. Questa ha colpito tutti, ogni comune ed ogni provincia.
Quest’anno non avremo Babbo Natale, non sappiamo se sia scampato dalla crisi ma sappiamo che non può permettersi un raffreddore, dovrebbe entrare in quarantena, così da non poter appagare i sogni a lui confidati con così tanto entusiasmo e speranza.
Non avremo i mercatini, nemmeno una bancarella con lo zucchero filato. “Artena città presepe” non accenderà le sue diecimila lampadine sul costone roccioso accanto al centro storico, da cui nasceva uno degli alberi di Natale più grandi d’Italia e, forse, quel calore che portavano i nostri visitatori da tutta la regione e anche da altre località italiane, verrà meno.
Avremo comunque le nostre luminarie, cosa non da poco perché in ogni caso, quelle sole luci sono fondamentali per creare quell’atmosfera particolare e unica del Natale, che ci permette di sognare e, nel nostro piccolo, fare grandi cose ogni giorno per raggiungere quei sogni verso cui ci direzioniamo.
Noi nel frattempo aspettiamo che Babbo Natale guarisca, e forse saremo anche noi i primi a scegliere di spostarci altrove, che si rimanga nella provincia o ci si avvii verso la Capitale, perché tutti abbiamo bisogno di una scintilla che ravvivi il nostro fuoco e lo rigeneri, che ci stimoli nel coltivare nuove speranze e ci ispiri nel progettare nuovi obiettivi e nuovi traguardi per l’anno che verrà.
Questo, ovviamente, non riguarda solo il periodo natalizio, ci sono molte potenzialità non sfruttate ed una grave mancanza di costanza nel mantenere bello ciò che, purtroppo, si rappresenta solo occasionalmente. Tra i nostri giovani visitatori ce n’è almeno uno che può giurare di essersi innamorato di questo paese durante il Live Artena, per poi trasferircisi e riscoprirsi invece deluso nella realtà quotidiana. Ci sono pochi eventi culturali e pochissimi punti di ritrovo per i giovani, moltissime iniziative e pochissimi spazi per metterle in pratica. I ragazzi sono costretti ad andare via da Artena dai 14 anni in poi, non solo per raggiungere le rispettive sedi d’istruzione e/o lavorative, ma anche semplicemente per trovare un po’ di svago, che sia andare in qualche locale, al cinema, al teatro, ad un particolare evento o, soprattutto, per fare sport.
Artena si svuota tra le 7 e le 9 del mattino per poi veder rincasare i suoi abitanti spesso non prima del tardo pomeriggio, tra questi c’è chi dà il suo contributo per un miglioramento del paese e chi, invece, ha moltissimi propositi ma rimane sopraffatto e sconsolato dal generale disinteresse.
Che Artena non fosse un paese per “giovani” lo dicono le statistiche, ma di certo un po’ di fiducia ed interesse nei confronti delle nuove generazioni non dispiacerebbe. Siamo sempre in tempo per fare qualcosa di diverso e cambiare in meglio la nostra comunità. Esistono certamente situazioni che non del tutto dipendono da noi, ma ognuno di noi ha il potere e le possibilità per fare qualcosa, realizzare e visualizzare ciò che da noi può dipendere. E se tutti ci concentrassimo per capire quale possa essere il nostro ruolo e le nostre possibilità, partiremmo forse da tutt’altro tipo di discorso e impronta argomentativa. Bisognerebbe, forse, acquistare prima una nuovissima forma di speranza e propositività per se stessi e, poi, estenderla in grande, renderla accessibile e stimolante per l’intera popolazione artenese composta da grandi, piccini e giovani adulti; ognuno di questi in grado di sostenere, alimentare e portare avanti tradizioni, eventi culturali o d’intrattenimento, d’interesse specifico o generale. Così facendo, la nostra comunità avrebbe l’occasione di rinascere dalle ceneri dell’emigrazione giovanile e i giovani avrebbero l’opportunità di essere ascoltati e sentirsi valorizzati. Se partiamo da grandissimi progetti non saremo in grado neppure di muovere un passo che, in proporzione, ci permetta anche solo lontanamente di realizzarli. Ma possiamo sempre ripartire da qui, da tutto ciò che avevamo – e che tuttora abbiamo – ma che ci siamo fatti sfuggire a causa della saltuaria e poco convinta realizzazione e valorizzazione del patrimonio culturale, senza contare la pressante e continua emergenza sanitaria. Consolidando ciò che siamo ed avendo consapevolezza di ciò che abbiamo, riusciremo finalmente a ripartire, stare al passo con nuove iniziative e nuove speranze, riportando Artena e tutta la comunità a vita nuova. Nonostante il lungo periodo attraverso cui potrà realizzarsi il cambiamento, o le forze necessarie affinché esso possa manifestarsi a cielo aperto, lavorarci ne varrà sempre la pena; non solo per interesse turistico ma soprattutto per l’amore dei cittadini che, con il tempo e di questi tempi, viene sempre meno. Mettersi in gioco, confrontarsi, capire quale possano essere le strategie, ripartire da qui non sembra affatto male perché, d’altronde, ne vale sempre la pena.

SARA FABIANI e NICCOLO’ PECORARI