PROCEDIAMO SPEDITI VERSO IL MEDIOEVO

Nella mia prima lezione di Macroeconomia, il professore esordì con due frasi. La prima: “se pensate di adottare il metodo tedesco per studiare i bilanci, dove se siete in negativo, si vendono beni e si mettono tasse, questo non è il corso che fa per voi. Probabilmente neanche la facoltà”.
La seconda: “Procediamo spediti verso il Medioevo”, una frase di Frank Zappa per spiegare il concetto dell’economia del benessere.
Il concetto di economia del benessere, poggia su tre approcci:
1) Il primo, quello delle scelte della persone sulla base delle preferenze personali; 2) Il secondo, l’individuazione dei fini della collettività sull’esito delle votazioni; 3) La scuola delle public choice. Ci soffermeremo su quest’ ultima.
Un insieme di economisti vedevano, nei primi anni ’60, il governo come il risultato di “gruppi di pressione” a cui poi questi deve rispondere. I gruppi di pressione influenzano la scelta di chi è eletto, non solo attraverso le elezioni, ma anche attraverso relazioni personali, campagne di opinione, etc….
La conclusione di questo tipo di argomentazione portava, alla fine, a un non-intervento: il governo non riuscirebbe a risolvere le inefficienze, dato che risulta il frutto di considerazioni non soltanto economiche, ma anche di altra natura.
Secondo la scuola delle public choice, i politici – che dovrebbero rappresentare gli interessi dei cittadini e attuare il proprio programma – sono individui che hanno obiettivi personali da realizzare. E lo strumento utilizzato per studiare questo comportamento, non è altro che la Teoria dei Giochi, che spiegheremo oggi.
Illustriamo un caso di mossa strategica, consistente proprio nel legarsi le mani e a non intervenire e che ha una certa importanza per la teoria della politica economica. Si tratta del “gioco degli eserciti” (come si può vedere in figura).
L’ esercito A può scegliere se sferrare o no un attacco contro l’esercito B; se A decide di non attaccare, il gioco finisce in parità (il risultato sarà 0 per A e 0 per B); se invece A decide di attaccare, allora B deve decidere se combattere (il risultato sarà -1 per A e -6 per B), oppure ritirarsi (il risultato sarà +5 per A, mentre -5 per B). I risultati ovviamente sono decisi sulla base di un’analisi costi-benefici che ogni esercito decide.
Poniamoci nei panni di A: se non attacca, otterrà 0. Se attacca, la scelta passa a B. Se B è intelligente, sceglierà di non combattere, cioè di ritirarsi (perché cosí otterrà -5, che è comunque meglio di -6); questo garantirà ad A un risultato di +5. Essendo +5 maggiore di 0, ad A conviene attaccare. L’ equilibrio, dunque, si ottiene in corrispondenza della combinazione (“attacca” – “si ritira”).
Questo ragionamento è noto anche a B, che potrebbe decidere, strategicamente, di bruciarsi tutti i ponti alle spalle, in modo da non ritirarsi e dover combattere, determinando l’esito (A uguale a -1, B uguale a -6).
In questo modo, però, l’esercito A deve confrontare il suo risultato derivante dal non-attaccare, pari a 0, con il risultato derivante dalla scelta di attaccare, cioè -1; è evidente che la razionalità economica impone al giocatore di scegliere il primo. In particolare, l’esito per B sarà migliore dopo che questi avrà ridotto l’esito delle opzioni da scegliere, dopo che si sarà legato le mani, bruciando i ponti. Ovviamente questo immobilismo, questo non fare niente, porta a dei fallimenti microeconomici, acuiti da quelle che in economia sono asimmetrie informative, selezione avversa e comportamento sleale, che potremmo trattare in altri casi.

GABRIELE NOTARFONSO