LA SCUOLA DI BARBIANA

PER L’ANGOLO DEL MAESTRO SCRIVE BRUNELLO GIZZI. Lettera a una professoressa è un libro dal 1967. L’esempio di un gruppo di ragazzi di Barbiana guidati da don Milani

È stato pubblicato nel 1967 e ha avuto una grandissima importanza nella storia della scuola italiana in quanto ne ha messo sotto accusa, con molta severità, le contraddizioni. Il libro, in effetti, ha avuto una grande influenza sugli studenti e sugli insegnanti che a partire dal 1968 hanno criticato la scuola. Quelle proteste riguardavano sia il funzionamento della scuola dal punto di vista sociale, sia il modo con cui si faceva scuola, sia il senso del fare scuola. Gli autori sono un gruppo di ragazzi di Barbiana, un paesino toscano, che sperimentarono, sotto la guida di don Lorenzo Milani, un modo diverso di educare. Lorenzo Milani, morto poche settimane dopo la stampa di Lettera a una professoressa, veniva da una ricca famiglia borghese. Diventato sacerdote, dedica la sua vita al mondo del lavoro nelle fabbriche e nelle campagne. Milani comincia la sua attività di maestro a Barbiana, a metà degli anni Cinquanta, per dare ai ragazzi di quel paese, così isolato, la possibilità di accedere alla cultura e trovare un lavoro migliore. Il progetto di scrivere Lettera a una professoressa nasce quando due ragazzi che avevano studiato alla scuola di Barbiana vengono bocciati agli esami di diploma per diventare maestri. I ragazzi della scuola di Barbiana e don Milani prendono spunto da questa delusione per rimettere in discussione tutta la scuola e soprattutto la scuola dell’obbligo. Pochi anni prima e dopo molte resistenze, la scuola dell’obbligo era stata riformata per realizzare l’art. 34 della Costituzione italiana che prevede l’obbligo scolastico fino ad almeno 8 anni. • 1962 – Nasce la scuola media unificata. • Obbligo scolastico fino a 13 anni. • Abolizione della scelta a 10 anni: continuare a studiare per andare alle superiori o andare all’avviamento professionale. • Ma la dispersione rimane altissima. Dalla riforma nasce la scuola media unificata, che estende a tutti la possibilità di fare 8 anni di istruzione obbligatoria e che permette l’accesso a tutte le scuole superiori. Tuttavia, anche la nuova scuola dell’obbligo perdeva per strada molti studenti. Ed è questa situazione che i ragazzi di Barbiana denunciano nel loro libro. Poco più di 50 anni fa i ragazzi di Barbiana in Lettera a una professoressa facevano un bilancio molto pesante sul funzionamento della scuola. Quelle critiche sono ancora valide? • La scuola è di classe: espelle i poveri. • I programmi sono sterili, vecchi e nozionistici. • La scuola è slegata dalla vita reale. • Ciò che si insegna a scuola non è utile ad essere cittadini consapevoli. • L’uso del voto. Queste sono, in modo molto sintetico, le accuse alla scuola italiana, in modo particolare alla scuola dell’obbligo, contenute in Lettera a una professoressa. Molti degli argomenti dei ragazzi di Barbiana sono comprensibili solo tenendo conto di come era l’Italia in quel periodo. Era un paese ancora con grandi sacche di povertà e arretrato sia culturalmente sia socialmente. La scuola è di classe quando: 1. riproduce e consolida le diseguaglianze socioeconomiche e culturali presenti nella Società; 2. impedisce la mobilità sociale, ovvero la possibilità di migliorare la propria condizione sociale; 3. non fornisce i mezzi affinché studenti diversi abbiano comunque successo a scuola. La scuola di classe contraddice l’art. 3 della costituzione: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del Paese. Che la scuola fosse di classe i ragazzi di Barbiana lo avevano provato sulla propria pelle. Però volevano provarlo anche in modo scientifico e così hanno raccolto e studiato, anche con l’aiuto di specialisti. Tutti i dati raccolti in Lettera a una professoressa mostrano, con molta evidenza, quanto il livello di istruzione, e quindi quello socio‐economico, della famiglia influenzi il successo scolastico dei figli. Per i ragazzi di Barbiana, le ragioni che spiegano questa selezione sociale sono tante: 1. inadeguatezza delle strutture 2. atteggiamento rinunciatario dei docenti 3. sezioni divise per status sociale 4. accettazione della selezione come se fosse un fatto naturale e non un prodotto sociale. In sostanza la scuola premia coloro che hanno alle spalle una famiglia già istruita e dotata di mezzi economici ed espelle coloro che non hanno tutto ciò. Come scrivono i ragazzi, la scuola è come un ospedale che cura i sani e respinge i malati. Ecco le riforme proposte dai ragazzi di Barbiana: perché l’eguaglianza non resti un sogno proponiamo tre riforme: I. Non bocciare II. A quelli che sembrano svantaggiati dargli la scuola a tempo pieno III. Agli svogliati dargli uno scopo. Il tempo pieno è l’aspetto centrale della proposta dei ragazzi di Barbiana. Il tempo pieno significa, se è fatto bene, avere più tempo e più mezzi per dare a tutti gli studenti, anche quelli che partono sfavoriti, la possibilità di avere successo scolastico. Per i ragazzi di Barbiana, bocciare nella scuola dell’obbligo non è una soluzione ai problemi degli studenti in difficoltà. Le difficoltà vanno recuperate, non punite. Bisogna fare in modo che gli insegnanti siano in grado di trasmettere i saperi di base veramente a tutti e non solo a una parte degli studenti. Non è solo questione di merito, ma soprattutto di condizioni di partenza.